- Correnti all’attacco, Marcucci contro il segretario, ma viene smentito dai suoi. Letta minimizza: «Non c’è nessun assedio» anzi c’è «molto rumore per nulla».
- Sondaggi divergenti: Youtrend dà il Pd fermo a un non esaltante 18,9 per cento. Secondo Ipsos l’asticella dei consensi invece si è alzata fino al 20,8.
- In Calabria il candidato dem Irto si ritira, tutto sospeso in attesa del confronto Letta-Conte. A Torino sabato e domenica si aprono i gazebo. Favorito Lorusso, contrario all’alleanza con i Cinque stelle.
Ha le movenze dell’inizio di un assedio, il movimento che a piccoli passi è iniziato intorno al segretario del Pd. Lo schema è noto, anzi nel partito è una tradizione, o meglio una coazione a ripetere. Non si aspetta dunque neanche l’esito delle amministrative per rompere la «pax lettiana», quella che aveva portato il 14 marzo l’assemblea nazionale a eleggerlo all’unanimità. Qualche giorno fa uno dei due frontman della corrente Base riformista, il ministro Lorenzo Guerini, ha spiegato al Foglio che «l’agenda del Pd deve coincidere con l’agenda Draghi», una correzione della linea più «sociale» che Letta ha impresso al Pd, dalla dote ai diciottenni allo ius soli. Poi hanno cominciato a fiorire i sondaggi. Base riformista ha a lungo ragionato su quello di Youtrend che dà il Pd fermo a un non esaltante 18,9 per cento. Nel gruppo dirigente dem circolano altri numeri. Secondo Ipsos l’asticella dei consensi invece si è alzata fino al 20,8.
Ma è chiaro che l’uso dei sondaggi è il segno di un clima che si sta rovinando, e prima del previsto. All’ex segretario Nicola Zingaretti, molto vicino a Letta, che prevede una vittoria dem alle amministrative, un più caustico Andrea Marcucci su La7 replica di essere realista, «di solito festeggio per la salvezza». Letta ostenta tranquillità. Il Pd senese gli offre il seggio delle suppletive (Toscana 12). Lui risponde di sentirsi «onorato e lusingato», ma si prenderà qualche giorno per riflettere. Quanto al resto «non c’è nessun assedio», assicura, anzi c’è «molto rumore per nulla». Peraltro da Base riformista arrivano accenti diversi sulla sua segreteria. Il coordinatore Alessandro Alfieri per esempio gli assicura «un sostegno leale».
Arrivano però segnali poco amichevoli anche dalla Calabria. Ieri il candidato dem Nicola Irto ha confermato il suo ritiro dalla corsa per la presidenza della regione. Giovedì ha parlatocon il segretario. «Mi è stato spiegato che per fare un accordo politico con il M5S è opportuno individuare un’altra candidatura», riferisce. Il segretario viene descritto «colpito» da queste parole. Che vengono smentite: «Nessuno ha chiesto a Irto di ritirarsi», fanno sapere dalla sede del Pd. Per la segreteria nazionale il candidato calabrese è lui, anche se «questo non esclude l’opportunità politica e l’utilità della costruzione di una coalizione di centrosinistra forte e di un dialogo positivo e costruttivo con M5s che è andato avanti nelle scorse settimane e che certamente proseguirà». All’accordo lavora da mesi Stefano Graziano, il commissario del Pd calabrese. In regione il Pd è il primo partito, ha dunque buone probabilità di vincere. Ma non da solo: l’alleanza con M5S sarebbe utile a intercettare il voto civico che si coagula intorno a Luigi De Magistris, sindaco uscente di Napoli e qui in corsa per la presidenza regionale. Per questo nelle scorse settimane è circolato il nome di Enzo Ciconte, studioso della criminalità organizzata. Ciconte era stato «sondato» da Boccia, ma Letta aveva ribadito l’appoggio del Pd a Irto.
Ora Irto esce di scena. E ieri pomeriggio il Pd calabrese si è di nuovo riunito con Boccia. Si procede con prudenza. Graziano ha rimesso il suo mandato, Boccia a nome di Letta ha respinto le dimissioni, riconoscendo al commissario un delicato lavoro svolto per tenere unito Pd e il centrosinistra. Tutto sospeso in attesa di un tavolo Letta-Conte che però non riceve conferme. Serve un candidato, o una candidata, che abbia il placet delle correnti Pd – quasi tutte sostenevano Irto, che però senza alleanze si avviava a una probabile sconfitta – ma che salvi anche la possibilità dell’accordo con un M5S con pochi consensi e molte pretese. Dal M5s arriva il nome dell’avvocata Anna Falcone, il Pd resta freddo. Strada dell’accordo sbarrata invece a Torino dove oggi e domani si svolgeranno le primarie. Quattro i candidati: due del Pd, Stefano Lorusso e Enzo Lavolta, il civico Francesco Tresso e il radicale Igor Boni. A tutti arrivano gli auguri di Letta. Ma il favorito Lorusso è il più distante dai grillini, il che pesa come un macigno nell’eventuale ballottaggio.
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