I prezzi dei carburanti sono scesi, ma il greggio ricomincia a salire. Il ministro Urso lancia l’allarme su eventuali «conseguenze negative a causa delle turbolenze sui mercati derivanti dall'attacco di Hamas a Israele». Continua quindi «a essere alta l'allerta del Mimit». Occhi puntati su Iran e Arabia Saudita
La paura fa quasi 90. Il conflitto ha conseguenze sul prezzo del petrolio: dopo l’attacco di Israele da parte di Hamas è salito a un passo dai 90 dollari, più precisamente 89, per poi attestarsi nuovamente a 87,97. In aumento rispetto ai giorni scorsi, venerdì aveva chiuso a 85 dollari.
Il ministro delle Imprese Adolfo Urso, dopo settimane di passione per i prezzi della benzina e mentre i carburanti finalmente scendono, ha avvertito che le tensioni in medio oriente potrebbero cambiare lo scenario: «Tale tendenza dei prezzi al ribasso potrà purtroppo subire delle conseguenze negative a causa delle turbolenze sui mercati derivanti dall'attacco di Hamas a Israele e da quanto potrà conseguirne».
Continua quindi «ad essere alta l'allerta del ministero su questo fronte, attraverso le strutture di monitoraggio preposte».
L’allerta
Sul fronte petrolifero non ci sono state immediate impennate, il rialzo è legato al timore che possa aumentare la tensione in tutto il medio oriente fino a influenzare la produzione dei principali paesi produttori.
Israele infatti non è un paese esportatore, ma, ha spiegato il Financial Times, sono due i paesi da tenere d’occhio, strettamente connessi geopoliticamente a questa crisi: Iran e Arabia Saudita. Per Teheran il nodo è capire quale ruolo abbia realmente avuto nell’azione di Hamas e come si muoverà nelle prossime settimane, e in seconda battuta se questo comporterà un inasprimento delle sanzioni statunitensi.
Pierre Andurand, un gestore di hedge fund specializzato nel trading energetico, ha affermato che, sebbene ci siano poche minacce immediate per le forniture, il mercato potrebbe restringersi: «Negli ultimi sei mesi abbiamo assistito a un notevole aumento dell'offerta iraniana a causa della debole applicazione delle sanzioni», ha scritto sul sito di social media X, ex Twitter. Ma adesso l’orientamento degli Stati Uniti potrebbe dover cambiare.
Alla comunità economica non sembra un caso che il segretario di Stato, Antony Blinken, il giorno successivo all’attacco si sia affrettato a dichiarare alla CNN: «Non abbiamo ancora visto prove che l’Iran abbia diretto o fosse dietro questo particolare attacco». Un segnale di attesa e di distensione.
Per quanto riguarda l’Arabia Saudita invece il pericolo riguarda i tagli. Il conflitto potrebbe complicare gli sforzi dell’amministrazione Biden per mediare un accordo con i sauditi per normalizzare i legami con Israele e inasprire la strategia araba sui mercati.
Che l’atteggiamento di Riad non sia particolarmente amichevole lo dimostra il fatto che l'Arabia Saudita, e subito dopo la Russia, abbiano predisposto il 5 settembre una proroga dei tagli alla produzione, spingendo il Brent sopra i 97 dollari al barile alla fine del mese. Il rallentamento della crescita e il pericolo che calassero i consumi tuttavia hanno portato comunque a un successivo crollo dell’11 per cento del prezzo. Calo di cui oggi beneficiano i carburanti.
Il conflitto, spiega ancora il Financial Times, ha ravvivato i timori di un altro periodo prolungato di prezzi elevati e a cascata un aumento dell’inflazione in molte parti del mondo, Europa inclusa. Per gli analisti comunque non si vedranno aumenti elevati nei prossimi giorni.
Gli altri prezzi
Con queste premesse, risultano in ribasso le azioni europee, con l'indice Stoxx Europe 600 in calo dello 0,1 per cento. Il Dax tedesco ha perso lo 0,7 per cento. Infine come accade spesso in clima di guerra, quando i periodi si fanno incerti, è ripartita la corsa all’oro, e i prezzi sono già risaliti.
Sul fronte italiano, di recente, lo spread tra le obbligazioni pubbliche italiane e quelle tedesche ha superato i 200 punti per la prima volta in sei anni, e oggi si muove in rialzo a 206 punti rispetto ai 203,9 dell’avvio. Secondo fonti nella Banca centrale europea citate dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt, una discussione sull'attivazione del Tpi, il piano anti spread per l’Italia, sarebbe più giustificata se tale divario si attestasse oltre i 250 punti.
Nel complesso, non si osserva «alcuna urgenza». Sulla base di questi dati, la reazione dei mercati dovrebbe essere classificata come proporzionata. La Bce ha rifiutato di commentare le indiscrezioni diffuse.
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