- L’Italia si colloca nella top ten globale dei paesi in cui è maggiore la pulsione al populismo, terza tra i paesi europei dopo Ungheria e Polonia. L’80 percento dell’opinione pubblica è nettamente convinta che i politici pensino solo a proteggere i propri privilegi.
- Il 73 per cento afferma che la principale frattura nel paese è quella tra i cittadini e l'élite politica ed economica.
- Il 63 per cento delle persone ritiene indispensabile un pronunciamento diretto del popolo, attraverso dei referendum, sulle questioni politiche più importanti.
Non se parla quasi più. Eppure nel corso degli ultimi anni un vero effluvio di libri (circa 150) e articoli hanno affrontato il tema del populismo, mentre su Google possiamo contare oltre 6 milioni di citazioni. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo, complice la pandemia, il tema sembra essersi inabissato, quasi scomparso dall’agenda mediale e il governo di unità nazionale potrebbe far credere che alcune delle spinte siano in via di sfioritura all’interno della società. In realtà le pulsioni che sono alla base del rinverdimento del fenomeno populista non sono affatto scomparse.
Alcune preoccupazioni sono state soppiantate dall’urgenza pandemica, altre sono state assopite dai provvedimenti di calmierazione economica, ma sottotraccia la sindrome ha continuato a ribollire. Per avere un quadro chiaro della situazione e del suo evolversi possiamo ancorarci all’indagine internazionale svolta da Ipsos nel luglio 2021, realizzata in 25 paesi con oltre 19mila interviste. Una ricerca che ha costruito un indice globale di propensione al populismo presente nell’opinione pubblica di Italia, Francia, Usa, Gran Bretagna, Spagna, Russia, Polonia, Ungheria, Brasile, Belgio, Canada, Svezia, Olanda, Australia, Sud Africa, Giappone, Turchia ecc.
L’indice di pulsione
L’indice è stato realizzato mettendo insieme cinque differenti domande, tra cui quella sul disinteresse delle élite rispetto alle persone che lavorano duramente; quella sulla frattura tra i cittadini comuni e l'élite politica ed economica; quella sul bisogno di politici che si esprimano in modo chiaro; nonché i quesiti sulla propensione alla casta da parte dei politici e sulla necessità di decisioni popolari sulle questioni politiche più importanti del Paese.
La classifica globale della sindrome populista colloca l’Italia nella top ten globale (al decimo posto) e la piazza sul podio (al terzo posto) tra le nazioni della Unione europea, sorpassata solo da Ungheria e Polonia.
Al vertice di questa classifica globale incontriamo ben tre paesi latino-americani e due dell’Europa dell’est. Per la precisione, al primo posto si colloca il Cile, seguito da Ungheria, Colombia, Perù e Russia. Alla cinquina di testa fa seguito un’altra pattuglia di paesi, in cui brillano Brasile, Sud Africa, Argentina, Polonia e, decima, l’Italia. Subito dopo, in undicesima posizione troviamo la Spagna, mentre al quattordicesimo e quindicesimo posto si piazzano, rispettivamente, gli Stati Uniti e la Francia. La Germania è ventesima, mentre chiudono la classifica Gran Bretagna, Canada, Svezia e Olanda.
I driver della sindrome
Se analizziamo le singole domande, scopriamo che in Italia l’80 per cento dell’opinione pubblica è nettamente convinta che i politici pensino solo a proteggere i propri privilegi (peggio di noi solo Francia e Ungheria, rispettivamente al 75 e 77 per cento). Il 76 per cento degli italiani ritiene che le élite non si preoccupino delle persone che lavorano duramente, mentre il 73 per cento afferma che la principale frattura nel Paese è quella tra i cittadini e l'élite politica ed economica.
Importante è anche la possibilità del popolo di essere protagonista delle decisioni. Il 63 per cento dell’opinione pubblica nazionale ritiene indispensabile un pronunciamento diretto del popolo sulle questioni politiche nazionali più importanti. Una spinta decisamente consistente maggiore di quella presente negli altri principali paesi europei: in Spagna è al 61 per cento, in Francia al 59, in Germania al 53 e in Gran Bretagna al 45 per cento. Infine, il 58 per cento degli italiani avverte la necessità di politici che parlano in modo chiaro e non pensano solo al consenso.
Il permanere, nelle viscere di una parte del nostro Paese delle spinte populiste lo si può riscontrare anche da ulteriori elementi. Il 54 per cento degli italiani, ad esempio, afferma che i datori di lavoro dovrebbero assumere prima di tutto gli italiani, mentre il 69 per cento auspica l’arrivo di un leader forte. Se la pandemia ha sopito alcune pulsioni, le dinamiche profonde della nostra società sono ancora oggi marcate dalle venature dello spirito populista. Rivoli di lava che cercano solo il punto di rottura per emergere nuovamente nella società.
© Riproduzione riservata