La sentenza della corte di Cassazione ammette il referendum interamente abrogativo sull’autonomia regionale differenziata (legge Calderoli 86/24), invece ha accantonato quello parziale. È un passo importante verso il referendum. Manca il giudizio della Corte costituzionale che arriverà verso metà gennaio.

La Corte costituzionale ha già reso impraticabile, con sentenza, la legge 86/24 imponendo modifiche, riscritture e cancellazioni, ma non l’ha abrogata interamente. Il governo farebbe bene a farlo, consentendo di ripartire da capo, ma è paralizzato dal patto di potere con la Lega.

Roberto Calderoli, Luca Zaia, Attilio Fontana ecc. non hanno intenzione di attuare la sentenza e insistono nel portate avanti quanto previsto da una legge azzoppata. Il decreto Milleproroghe, varato dal governo, ha aperto un ombrello legislativo per salvare il comitato Cassese, nominato da Calderoli per definire i Livelli essenziali di prestazione (Lep). Livelli essenziali, non minimi come qualcuno vuole fraintendere.

Trattativa stato-regioni

Calderoli continua le trattative con quattro regioni sulle funzioni per cui non sono previsti Lep, malgrado la sentenza della Consulta abbia inibito la devoluzione di materie come istruzione, reti, ambiente ecc. stabilendo che si può ragionare solo di funzioni legate al singolo territorio. Calderoli prosegue nel diabolico errore di forzare per applicare ciò che resta della legge senza tornare in parlamento. Che invece dovrebbe riscriverla, recependo le prescrizioni della Corte, che ha posto particolare rilievo sul ruolo del parlamento che non può diventare un’appendice del governo.

Il tavolo di trattativa governo/regioni è concentrato sulla Protezione civile. Come se alluvioni, terremoti, catastrofi rispettassero i confini regionali. La Protezione civile italiana è una struttura tecnica copiata e invidiata, perché dovrebbe essere spezzettata per soddisfare l’ego di qualche presidente di regione?

Calderoli, Zaia, Fontana discutono di come affidare alle regioni il rilascio dei passaporti, oggi compito del ministero dell’Interno, con il supporto delle anagrafi dei comuni mentre è in sperimentazione il rilascio con le Poste. Ritagliare uno spazio a ogni costo per accontentare le regioni è ridicolo. Bisogna fermare questa deriva.

Fermare lo scempio

Michele de Pascale, neo presidente dell’Emilia-Romagna, ha annunciato che ritirerà la richiesta di nuovi poteri avanzata dal predecessore, mentre insisterà per il ruolo di commissario per le alluvioni nella regione, mentre il governo finora ha preferito il generale Francesco Paolo Figliuolo.

La legge 86/24, dopo la sentenza della Corte costituzionale, andrebbe riscritta interamente in parlamento prima di ulteriori decisioni, ma Calderoli non vuole né chiarire, né cambiare, per questo ricorre a trucchi e mezzucci per nascondere la gravità delle censure della Consulta.

La volontà di cambiare tenendo conto dei rilievi della Consulta non c’è. Questo dovrebbe allarmare le altre componenti della destra al governo, che avevano chiesto garanzie. A cosa serve ora l’osservatorio voluto da Antonio Tajani? Anche FdI ha visto sfumare l’anticipo di premierato rappresentato dal ricorso ai dpcm per i Lep, mentre ora occorre la legge, o il ruolo del presidente del Consiglio nel decidere se togliere o mettere funzioni negli accordi con le regioni. Ora queste possibilità sono cancellate, che si fa?

Riscrivere la legge 86/24 metterebbe a nudo le divisioni nelle destre e il governo, correrebbe seri rischi. Calderoli punta a tamponare, aggirare, ignorare la sentenza. Come ha fatto con il comitato Cassese che andava sciolto.

Giorgia Meloni finora ha lasciato fare, ma ora deve decidere. Potrebbe abrogare la legge evitando il referendum, ma la legge 86/24 è una scoria radioattiva fuori controllo e forse per questo porta solo il nome di Calderoli.

Il referendum abrogativo (1.291.000 firme) può e deve essere ammesso dalla Corte costituzionale. È l’unica possibilità per fermare lo scempio dell’autonomia regionale differenziata. La sentenza ha azzoppato la legge ma non l’ha cancellata.

L’unica soluzione è il referendum abrogativo tra il 15 aprile e il 15 giugno 2025. Raggiungere il quorum non sarà facile ma è possibile e sarebbe un antidoto formidabile contro l’astensionismo.

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