- La leader di Fratelli d’Italia, galvanizzata nellla sua kermesse, è la vincitrice morale di questi mesi di governo Draghi, in cui i partiti dell’eterogenea maggioranza si sono consumati mentre Fratelli d’Italia da sola è cresciuto, occupando il vasto spazio vuoto dell’opposizione.
- Sulle felpe bianche che i volontari indossano senza cappotto incuranti del freddo che ha colpito la capitale per il ponte dell’Immacolata c’è stampata una frase del filosofo conservatore britannico Roger Scruton: “Il bello e il sacro procedono insieme mano nella mano”.
- Soppiantato il sovranismo con il conservatorismo, l’istituzionalizzazione anche internazionale della destra meloniana è ormai compiuto anche nel lessico.
All’ingresso un militante tenta di aggirare la guardia giurata che controlla il green pass: «Sono amico di Giorgia, la devo andare a salutare». Ma il tendone di piazza Risorgimento a Roma dove è in corso Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, è pieno e non si può più entrare.
La guardia giurata scuote la testa e indica il maxi schermo che trasmette il dibattito in corso, sotto al quale sono riuniti un gruppo di giovani volontari con il cellulare in mano. Fuori e dentro il tendone dei dibattiti, si danno il cambio per seguire i social e gestire lo stand degli accrediti, indistinguibile dalle casette del mercatino natalizio «solidale e tricolore» che circonda lo spazio dei dibattiti.
Si vendono presepi, addobbi natalizi e stelle di Natale, ma anche il mensile Cultura e identità di Edoardo Sylos Labini che questo numero ha Mario Draghi in copertina con il titolo “Santo subito? Allora ci ridia la libertà”. Ci sono anche le associazioni Famiglia onlus e Pro vita, insieme a una capanna con un figurante vestito da Babbo Natale e una piccola pista da pattinaggio.
La kermesse dei giovani della destra normalmente si svolge in settembre ma quest’anno era saltata a causa del Covid. Così Giorgia Meloni ha colto l’occasione per farla diventare l’ultimo evento pubblico di partito prima dell’elezione del nuovo capo dello stato. Ma anche un manifesto della transizione in atto dentro Fratelli d’Italia.
Sulle felpe bianche che i volontari indossano senza cappotto incuranti del freddo che ha colpito la capitale per il ponte dell’Immacolata c’è stampata una frase del filosofo conservatore britannico Roger Scruton: «Il bello e il sacro procedono insieme mano nella mano».
Una piccola rivoluzione rispetto al motto “Sfida alle stelle”, con le frecce tricolori come logo, scelto per l’edizione 2019. È il segno del cambiamento in corso, riassunto nel tema di quest’anno: “il Natale dei conservatori”.
Sostituito il sovranismo con il conservatorismo, l’istituzionalizzazione, anche internazionale, della destra meloniana è ormai compiuta anche nel lessico. Inimmaginabile solo fino a qualche anno fa per gli eredi della fiamma tricolore. Ma necessaria oggi per poter aspirare a palazzo Chigi.
Fino al 12 dicembre sul palco saliranno tutti i principali protagonisti della politica italiana. Dai ministri Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti intervenuti il 6 dicembre, giorno di inaugurazione, fino a Marta Cartabia e Roberto Cingolani, passando per i leader di partito Enrico Letta, Matteo Salvini, Matteo Renzi e Giuseppe Conte.
Silvio Berlusconi ha invece preferito intervenire in videoconferenza. Tra gli eventi più “attesi” quello sul presidenzialismo dell’11 dicembre, al quale hanno accettato di partecipare ben tre candidati possibili per il Quirinale: Marcello Pera, Luciano Violante e Sabino Cassese (oltre a Matteo Renzi e Ignazio La Russa).
Il centro del dibattito
Il pubblico è composto da sostenitori ed eletti sui territori. Volti noti come quello di Guido Crosetto si alternano a quelli dei curiosi, delle signore impellicciate e degli imprenditori. Tutti ad applaudire Meloni, che ha aperto la kermesse e poi si è seduta in prima fila ad ascoltare Di Maio che, accompagnato da educati applausi, ha detto di fidarsi più di lei per il Colle che del suo attuale alleato di governo, Matteo Salvini.
Il primo giorno, il pubblico ha nettamente superato le aspettative. Trattandosi di un lunedì pomeriggio nessuno si aspettava di dover lasciare fuori alcuni visitatori. Invece le sedie non sono bastate e molti hanno dovuto consolarsi all’esterno, passeggiando al mercatino. «E sabato, per la chiusura di Giorgia, non basterà nemmeno tutta la piazza», prevede orgoglioso un volontario seduto allo stand, per nulla infastidito dal rumore del traffico romano congestionato nell’ora del rientro.
La folla attesa sabato è quella della consacrazione di Meloni, a suo agio in questo strano potpourri che mischia Atreju, l’eroe della Storia infinita, Babbo Natale e Scruton. Consacrazione non certo come leader di un partito di cui è già rappresentante indiscussa, ma come vincitrice morale di questi mesi di governo Draghi, in cui i partiti dell’eterogenea maggioranza si sono consumati mentre Fratelli d’Italia è cresciuto, occupando il vasto spazio vuoto dell’opposizione.
Tanto che Meloni è arrivata fino a insidiare la leadership del centrodestra di Salvini, diventando l’interlocutore politico più interessante per i poteri vecchi e nuovi, in prospettiva elettorale futura.
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