- Martedì 22 settembre, il giorno dopo la fine dello spoglio elettorale, è scoppiata la polemica sui sondaggi perché non hanno previsto i risultati con stime clamorosamente sbagliate
- Andrea Martella, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'editoria, lunedì ha sollevato in modo netto la questione: dal punto di vista dei committenti, nel caso specifico la Rai, non saranno soldi buttati?
- Nonostante anche altri politici si siano posti il problema, quando la situazione si placherà tutti politici torneranno ad avvalersi dello strumento.
A che cosa servono i sondaggi se non ci prendono? La polemica martedì è scoppiata attorno alla Rai, ma il problema è generale. Dopo anni di battute in privato, i sondaggi si trasformano da strumento a oggetto della discussione pubblica. Alla luce dei risultati.
Michele Emiliano viene rieletto presidente della Puglia con il 46,8 per cento dei voti e batte Raffaele Fitto, candidato del centrodestra, che si ferma al 38,9. Sul sito della presidenza del Consiglio sono documentati dieci sondaggi pubblicati dal 7 agosto al 4 settembre a cura delle più rinomate ditte del settore. Emiliano è stato unanimemente tenuto tra il 35 e il 40 per cento dei voti, con una coralità tale da far sospettare che gli specialisti parlino più tra loro che con gli elettori. Invece Fitto, nella media dei dieci sondaggi, è stato accreditato del 40,8 per cento, un punto sopra il risultato effettivo, anche se la Tecnè è arrivata ad attribuirgli il 44 per cento. Chi però ha battuto ogni record di ottimismo predittivo è stato Ivan Scalfarotto. Il renziano di Foggia, candidato da Italia Viva contro Emiliano, è stato sostenuto per tutta la campagna elettorale dai sondaggisti che, in media, gli hanno attribuito il 3,6 per cento, oltre il doppio dell'omeopatico 1,6 conseguito. Prendendo sul serio i sondaggi, dobbiamo credere che, dei 65 mila elettori pugliesi determinati a votare per Scalfarotto, almeno 35 mila abbiano cambiato idea tutti insieme e all'ultimo momento e si siano precipitati a votare per Emiliano.
Analogo il pasticcio in Toscana. I sondaggi azzeccano la performance della leghista Susanna Ceccardi, che ha raccolto il 40,46 per cento dei voti, ma sbagliano sul vincitore Eugenio Giani, che si porta a casa una netta vittoria al 48,62 mentre i sondaggi, otto a partire dal 28 luglio, lo davano in crescente difficoltà, come se la candidata di Matteo Salvini lo stesse rimontando trovandolo inchiodato al 42 per cento. La realtà parallela dei sondaggi prevede anche, come in Puglia, la candidata dei Cinque Stelle sopravvalutata (8,3 per cento contro l'effettivo 6,4) mentre il candidato governatore della sinistra-sinistra, Tommaso Fattori, con il 2,2 per cento ha portato a casa la metà dei voti che le indagini demoscopiche gli avevano vaticinato.
Il fenomeno è complesso. Da molto tempo e non solo in Italia le società specializzate sbagliano sempre di più nella lettura degli orientamenti elettorali. Le spiegazioni possibili sono molte, ma ieri Andrea Martella, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'editoria, ha sollevato in modo netto la questione: dal punto di vista dei committenti, nel caso specifico la Rai, non saranno soldi buttati? Denuncia Martella che «alcuni sondaggi, diffusi surrettiziamente sul web negli ultimi 15 giorni di campagna elettorale, non solo erano in violazione della legge, ma profondamente errati, addirittura di 10 punti. Non so se la normativa vada rivista, però posso dire che è ancora più grave che tali sondaggi siano pagati con risorse pubbliche e provengano, spesso, dalla Rai». Sulla stessa linea i consiglieri della Rai Rita Borioni (Pd) e Riccardo Laganà (eletto in cda dai dipendenti): «I sondaggi commissionati dalla Rai si sono dimostrati sostanzialmente incapaci di fotografare le intenzioni di voto del paese. Data la ricorrenza di questa fallibilità, o vanno messi in discussione i metodi di rilevazione oppure ci si deve rassegnare al fatto che la fluidità dell'elettorato renda impossibili previsioni attendibili. In ogni caso crediamo si debba riflettere sulla opportunità di continuare a spendere denaro pubblico per sondaggi che, invece di leggerla realtà,rischiano di deformarla».
Il fatto è che il denaro speso da gruppi editoriali come Rai, Mediaset e gruppo Cairo (Corriere della Sera più La7) non dev'essere poi molto. Il sondaggio del 3 settembre che dava Giani fermo al 42,6 per cento in Toscana, per esempio lo ha fatto la Ipsos per il Corriere della Sera intervistando 750 dei 3 milioni di elettori toscani dopo aver incassato 3.252 rifiuti a raccontare i propri sentimenti politici. Un gioco tutto sommato economico, utile a vivacizzare giornali e programmi televisivi e le stesse campagne elettorali. Tanto poi arrivano i risultati veri, Emiliano dà otto punti di distacco a Fitto, tutti si emozionano di fronte alla sorpresa, come se nelle urne si svolgesse un sorteggio, si parla della fallacia dei sondaggi per due giorni e poi si ricomincerà a chiedere ai sacerdoti della demoscopia come se la stia passando Matteo Salvini dopo la botta elettorale.
© Riproduzione riservata