- In un discorso a un evento della rivista Tempi Alfredo Mantovano ha attaccato un trasversale «partito anti-italiano» che «si riconosce nel Manifesto di Ventotene».
- Si è accodato così alle posizioni ostili ai fondamenti dell’unione già espressi da altri autorevoli esponenti del governo.
- Apriamo gli occhi, la destra nostalgica pretende di associarci a chi vuole disfare la Ue; nulla possiamo sperare da un governo che ne rinnega le basi e spera.
La destra al governo sogna l’Europa delle patrie; non vorrà tornare al fascismo, ma al nazionalismo sì. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che reclama l’eredità culturale di Antonio Gramsci, morto nelle carceri fasciste, è solo goffo.
Più grave è che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, osteggi il superamento dell’unanimità Ue in politica estera. Ora anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, scudiero della premier Meloni, ci avverte: il progetto è la restaurazione.
Alla premier s'accodano la Lega slegata dalla cultura popolare che animò la Resistenza, e Forza Italia orba di padrone.
In un discorso a un evento della rivista Tempi a Caorle, in provincia di Venezia, il magistrato poi “sceso in politica” incita a guardare alla tradizione e trarne spunto. Attacca «un partito anti-italiano, che non si presenta alle elezioni, un raggruppamento trasversale con una precisa visione della storia, che pensa che l’Italia sia un paese sbagliato, un partito che si riconosce nel Manifesto di Ventotene, un documento troppo citato e troppo poco letto, in cui gli autori, Spinelli e Rossi, dicono chiaramente che il popolo non sa con precisione cosa volere e cosa fare (...) Il popolo non è in grado di operare le sue scelte, se lo fa è pericoloso e va riorientato, persino il colore dei fiori da piantare nel giardino qui fuori deve essere deciso a Bruxelles – è questa la logica del Pnrr: se non fai come dico io ti tolgo i fondi».
Il Pnrr diventa un fastidio quando la cattiva Ue pretende di controllare la realizzazione di spese e riforme da lei finanziate!
Mantovano, che passa per dialogante, piccona i pilastri della Repubblica nata, loro malgrado, dalla Resistenza. Nell’agosto del 2021 il presidente Sergio Mattarella – che Meloni vorrebbe pensionare – ha celebrato a Ventotene l'80° anniversario della stesura di quel manifesto che Mantovano, certo con Meloni, ha “in gran dispitto”.
Lo scrissero Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, nomi ignoti a troppi, estranei al Pantheon destrorso. Il socialista Colorni, ebreo antifascista perciò arrestato nel 1938, subì cinque anni di confino poi scappò a Roma; lì fu ucciso, pochi giorni prima della cacciata dei nazisti, dalla tristemente famosa Banda fascista Koch.
Andò meglio a Rossi, economista, indomito avversario del Duce, arrestato nel 1930, liberato dopo la caduta del fascismo, poi nel partito d’Azione. Sempre a Luglio 1943 tornò libero Spinelli, federalista dopo una lunga militanza comunista costatagli 17 anni; era entrato in prigione a vent’anni nel 1927. A questa storia politica Mantovano oppone i suoi balbettii.
Mussolini rubò a quei tre vita e gioventù, inseguendo sogni di violenza e dominio fino al disastro. Il fascismo non tornerà, ma Mantovano e Meloni vogliono tutto; in casa la repubblica presidenziale e rompere la solidarietà fra sud e nord, fuori disfare quanto l’Europa ha costruito con sapienza istituzionale, per esportare la restaurazione e sgretolare la Ue assieme ai regimi autoritari dell'Est.
Questa destra è così certa d’averci in pugno da gettare apertamente la maschera. Di ciò si preoccupi la rissosa, vaga opposizione. A Ventotene è sbocciato il primo fiore dell’Europa politica; Roma contribuì a fondarla mentre i “padri nobili” di Meloni vaneggiavano sul passato.
Apriamo gli occhi, la destra nostalgica pretende di associarci a chi vuole disfare la Ue; nulla possiamo sperare da un governo che ne rinnega le basi e spera, in silenzio e contro l’interesse italiano, nel ritorno di Trump alla Casa Bianca.
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