«La vera rivoluzione che abbiamo compiuto è interna, ci siamo imborghesiti, e i vertici stanno azzerando il progetto di cambiamento», dice Vincenzo Viglione, ex consigliere regionale del Movimento 5 stelle in Campania, oggi militante. È ancora nel movimento, ma vive l’appoggio al governo Draghi con lo stesso smarrimento di tanti, di una base sedotta e abbandonata, necessaria per prendere il potere e superflua ora che è giunto il tempo di mantenerlo. Per capire questa lacerazione bisogna tornare agli inizi. E bisogna andare in Campania, dove tutto ha avuto origine.

I V-Day hanno, su scala nazionale, rivendicato l’antiberlusconismo, le liste pulite, la distanza dai partiti tutti uguali, la messa in discussione del modello di sviluppo. Queste parole d’ordine, questo piano programmatico hanno trovato in quella terra, però, il luogo d’elezione. Lì tra una ridda di impresentabili, i partiti si erano spartiti il bottino di clientele, consulenze, voti, affari attorno all’emergenza rifiuti. Una gestione che ha rappresentato un modello di sviluppo votato al saccheggio di risorse pubbliche e allo sfruttamento ambientale. Ogni territorio ha una ferita aperta, uno strappo del rapporto fiduciario tra cittadini e rappresentanza, lì nasce la stella, quella dell’ambiente, cara ai grillini. La Campania è il laboratorio dove il M5s è cresciuto: da lì, infatti, provengono due leader nazionali come Luigi Di Maio e Roberto Fico.

La battaglia di Giugliano

C’è una data che segna inizio dell’ascesa dei Cinque stelle in Campania, il 25 febbraio 2008. «Mio marito che aveva seguito ogni udienza del processo Impregilo-Bassolino (sono finiti tutti assolti, ndr) festeggiava il compleanno. Quel giorno rappresentava una nascita di qualcosa che ormai è finito», dice Paola Nugnes, senatrice da tempo fuori dal Movimento, ma che ha contribuito a farlo nascere. Nugnes ci riporta a quel giorno. «Beppe non voleva neanche venire, quando scopre che hanno aderito Dario Fo, Franca Rame, Alex Zanotelli, decide di venire e ci mette il cappello. Mentre lui si intratteneva con i giornalisti, noi eravamo in prefettura in attesa dell’autorizzazione. Non contavamo niente, ma sognavamo di cambiare il mondo. Lo so, sono stata ingenua, ma ci ho creduto», dice Nugnes, che oggi è in Liberi e uguali. «Quando si dice che il Movimento è oltre la sinistra e la destra, in Campania si intende una cosa ben precisa, perché lì la destra e la sinistra erano contenitori diversi che dentro avevano lo stesso prodotto nauseabondo e molesto», conclude la senatrice.

Dal palco Beppe Grillo si bea di una piazza Dante piena, brulicante di appassionati, militanti e curiosi. Si aggrega attorno al Movimento la rete civica, quella dei centri sociali, dei comitati antidiscarica, dei neoborboni, dei delusi di sinistra che avevano visto i partiti di riferimento banchettare con gli innominabili, i padroni delle tessere di Forza Italia e gli ex fascisti di Alleanza nazionale. E Grillo ha una parola per tutti, lo spartito non scontenta nessuno. «Questa emergenza è stata progettata a tavolino dalle grandi imprese. Io sono venuto qui a chiedervi scusa, scusa per Silvio Berlusconi, lo psiconano, per topo gigio Veltroni. Scusa. Vi chiedo scusa per i bassolini», dice il fondatore. Attacca le grandi imprese, racconta la truffa dei soldi alle assimilate, agli inceneritori, invoca l’indipendenza.

In ogni territorio crescono nuclei di attivisti, i meetup, si ritrovano attorno a una battaglia e le persone si fidano dopo anni che non credevano più in niente. Da Pianura a Giugliano. «Io c’ero, in quel mese assurdo, ottobre 2011, quando ci manganellavano mentre noi protestavamo con le braccia alzate. Ci opponevamo all’apertura di un sito provvisorio di rifiuti a Giugliano», dice Viglione. A Giugliano, cittadina in provincia di Napoli, ci sono almeno 628 siti contaminati. «L’ordinanza per aprire quel sito la firmò Luigi Cesaro, allora presidente della provincia. E oggi il Movimento si è alleato proprio con Cesaro e Forza Italia», dice Viglione. Luigi Cesaro, senatore forzista, è originario di Sant’Antimo, dove ha costruito il suo feudo. Informative dei carabinieri ne segnalano dagli anni Ottanta contatti ora con questo, ora con l’altro boss, condannato prima e poi definitamente assolto per i suoi rapporti con i cutoliani, autista di Raffaele Cutolo secondo quanto disse il boss, intercettato in carcere, circostanza sempre negata dall’interessato, ma ribadita dai pentiti.

Nel feudo dei Cesaro

A Giugliano il M5s ha animato battaglie e provato anche la scalata al comune senza successo. Il candidato sindaco era Nicola Chiantese, oggi è un iscritto semplice, nella categoria smarriti. «Non ho votato perché il quesito era ambiguo. Questa è presunta democrazia diretta, mentono sapendo di mentire», dice Chiantese che a Sant’Antimo, nel 2012, ha fondato il meetup. Ripensa ai banchetti, ai comizi, alle promesse e alla maggioranza con Forza Italia, quella che qui ha il volto di Luigi Cesaro. «Con questo accordo il movimento ha sancito l’umiliazione dei nostri sacrifici. Abbiamo raccontato di alternative a un sistema che ci ha inghiottiti. Qualcuno, a Roma, si dedica al carrierismo sfruttando i nostri enormi sacrifici», dice Chiantese.

L’attivista per il leader Di Maio che li ha condotti, con il gruppo dirigente, verso il burrone delle alleanze trasversali, usa questa massima: «Quando non credi in niente ti sta bene tutto, questo è Di Maio». Militanti e iscritti ricordano l’attuale ministro degli Esteri come una spugna, scelto da Grillo e dallo staff comunicazione perché in grado di interpretare il credo, ogni volta diverso, e risultare convincente. Un camaleonte. «Lui non crede in niente, noi, invece, saremmo morti per i nostri principi», dice Chiantese. In questi territori la differenza la segni con le parole, ma poi la confermi con le azioni. «Oggi quando mi fermano in strada mi dicono “siete tutti uguali”, “avete fatto tornare pure Berlusconi”, quando prendi in giro le persone, non sei più affidabile. L’unico progetto che gli è rimasto è il carrierismo e l’unico orizzonte è l’estinzione», conclude l’attivista.

A quindici chilometri da Sant’Antimo c’è Acerra, simbolo di un’altra battaglia: quella contro i veleni e contro l’incenerimento dei rifiuti. Alessandro Cannavacciuolo ha visto la sua tradizione familiare di pastori finire con l’abbattimento delle pecore. «Eliminarono gli animali, ma non il problema, l’inquinamento ambientale», dice. È un militante del M5s, ma per tutti è un simbolo per le sue battaglie contro gli avvelenatori, come i fratelli Pellini, condannati in via definitiva per disastro ambientale.

In questa terra è rimasto, per tanti, indimenticabile l’insegnamento di Michele Liguori, il vigile, morto di tumore, che combatteva contro i trafficanti di morte. Il pentito di camorra lo disse chiaramente: «Ad Acerra c’è ampia copertura, l’eccezione è solo il vigile con la barba», quello con la barba era Michele Liguori.

Mai con Berlusconi

Al funerale Alessandro c’era, così come in ogni fronte aperto per la difesa dell’ambiente. Ha votato no al governo Draghi. «E cosa dovevo votare, qui venne Beppe Grillo, gli inceneritori li chiamava i cancrovalorizzatori, oggi siamo al governo con quelli che hanno fatto inceneritori e discariche. Fino al secondo governo Conte io c’ero, ora sono nel girone dei delusi», dice Alessandro. Non ha digerito, così come il gruppo dei militanti del posto, l’accordo con Forza Italia. «Andavamo a leggere la sentenza di condanna a Dell’Utri sotto casa di Berlusconi e ora ci accordiamo con loro? Qui ad Acerra, alle ultime elezioni, abbiamo preso il 67 per cento, se si votasse oggi prenderemmo un decimo di quei voti». Alessandro rivendica la sua storia. «Io ho visto nascere agnellini deformi, mostri, gli ovini erano pieni zeppi di diossina, erano, come noi, vittime della criminalità ambientale, amici e parenti sono stati uccisi dai tumori provocati dai veleni. Non dimentico nulla della mia storia e non la svendo per un accordo di governo con la Forza Italia di Cosentino (ex sottosegretario condannato in primo grado per collusione con la camorra, ndr), dei Cesaro e di Chianese». Cipriano Chianese, un passato con Forza Italia, è stato, di recente, condannato in via definitiva perché ritenuto l’inventore dell’ecomafia in Campania. La Campania ha battezzato il Movimento, ora ne sancisce il tramonto.

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