Nonostante la visibilità delle elezioni, nel 2022 Azione ha dimezzato gli introiti, mentre Italia viva ha perso oltre il 38 per cento. Per il partito di Renzi è il dato peggiore dalla fondazione, per Calenda un passo indietro al 2020. Ora i gruppi vanno verso lo scioglimento
Un tracollo degli introiti garantiti dagli iscritti per i due partiti che accarezzavano il sogno di costruire un terzo polo. Nonostante la ribalta mediatica del voto e un risultato elettorato comunque lusinghiero, il bilancio dei tesseramenti di Azione e di Italia viva nel 2022 è negativo. Per entrambi c’è stato solo un premio di consolazione: il sostegno economico, ricevuto in buona parte dalle élite imprenditoriali.
Poca Azione
Sia per il partito di Carlo Calenda sia per la creatura di Matteo Renzi, il rendiconto del 2022 ha certificato i minori ricavi alla voce che riporta le risorse reperite dalle tessere sottoscritte dai cittadini. Tra i due (quasi ex) alleati, il dato peggiore è quello di Azione, che ha ricavato dagli iscritti 130mila euro a fronte dei 244mila del 2021: quasi un dimezzamento. Il calo è del 46,7 per cento e in termini assoluti ammonta a 114mila euro.
Azione conta quindi su circa di 13mila militanti attivi, a spanne si tratta di circa 11mila iscritti in meno in tutta Italia. Numeri che hanno riportato indietro le lancette del progetto politico: sono in pratica sugli stessi livelli del 2020, quando Azione aveva incassato 129mila euro per i tesseramenti. In quel periodo, però, stava muovendo i primi passi nel panorama nazionale ed era in rampa di lancio, sfruttando la capacità mediatica del suo fondatore Calenda.
Italia vivacchia
Se Azione piange, Italia viva non ride. I ricavi per le quote associative del partito renziano sono stati di poco superiori a 183mila euro, più alti in confronto dell’alleato-rivale. Ed è l’unico motivo di rallegramento: nell’anno precedente ammontavano a 298mila euro. La contrazione è del 38,4 per cento con oltre 114mila euro in meno nel consuntivo sulla specifica voce dei soldi portati dai tesserati.
Si tratta del dato peggiore fin dalla fondazione del partito dell’ex presidente del Consiglio. Il bacino di militanza di Iv è inferiore rispetto ad Azione: la tessera ha infatti un costo maggiore (nonché variabile) rispetto all'alleato-avversario. La stima è di circa 11mila tesserati totali per il 2022 con una riduzione intorno alle 6mila unità rispetto ai dodici mesi precedenti. La distanza da Azione non è siderale, almeno per quanto riguarda la consistenza di militanza dei partiti. Questa riflessione ha consolidato la convinzione nell’inner circle renziano di non ricoprire il ruolo di "junior partner” nel terzo polo.
Un problema che, stando alle recenti cronache, non si porrà. Si attendono, infatti, sviluppi sul fronte dello scioglimento dei gruppi. Da Azione fanno sapere di non aver ricevuto richieste formali: «Abbiamo letto le varie dichiarazioni, a cominciare da quella di Roberto Giachetti. Ma non c’è stato un conseguente atto ufficiale».
Eppure nelle prossime ore dovrebbe maturare lo strappo definitivo con lo scioglimento del gruppo al Senato. «Non so se i gruppi tra Italia Viva e Azione verranno rotti», ha detto il deputato di Iv, Luigi Marattin, che resta un grande sostenitore della prospettiva liberal-democratica unitaria.
La richiesta avanzata, al momento, è quantomeno quella di un confronto sulla questione: «Se c'è qualcuno che intende farlo, ci convochi, ci indichi qual è la prospettiva politica e ne discuteremo. Mi aspetto se ne parli», ha sottolineato Marattin.
Polo per ricchi
La strada della rottura sembra segnata, nonostante i tentativi dei pontieri, frustrando le ambizioni di quelle élite economiche che avevano creduto nella prospettiva del terzo polo. Hanno messo sul tavolo importanti risorse. I contributi delle persone giuridiche sono stati di 661mila euro per Azione e di 675mila euro per Italia viva.
Tanto per comprendere la portata della spinta, si tratta di introiti maggiori a quelli di Fratelli d’Italia, che pur essendo il partito favorito alle elezioni ha ottenuto 510mila euro dai versamenti volontari di imprese e associazioni.
Il trend delle élite pro-terzo polo è confermato anche dal 2 per mille, l’ultima forma di finanziamento pubblico ai partiti attraverso il codice indicato nella dichiarazione dei redditi. Azione è addirittura in terza posizione per la somma ricevuta (un milione e 256mila euro) e Italia viva è quinta (973mila euro).
Ma in termini di contribuenti che hanno scelto i due partiti, Iv è settimo, con 52.693 cittadini che l’hanno selezionata, e Azione è ottava, con 49.167 scelte valide, alle spalle tra gli altri di Sinistra italiana ed Europa verde. Solo che nel calcolo del 2 per mille vale il “peso reddituale” di ogni contribuente: più alta è la dichiarazione, più sostanziosa è la somma destinata al partito beneficiario.
Una manna per gli ex terzopolisti. Quei soldi sono stati prontamente investiti per la corsa al voto: solo per la campagna elettorale il partito di Calenda ha speso 1,7 milioni di euro, mentre quello di Renzi ha messo 969mila euro alla voce pubblicità e propaganda. Al netto di tutti gli esborsi che vanno in direzione di una maggiore visibilità. Ma che comunque non hanno frenato la fuga degli iscritti.
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