- Silvio Berlusconi e il cardinale Camilo Ruini furono i protagonisti di un’inedita alleanza, un patto di reciproco interesse fondato sullo scambio fra sostegno ai governi di centrodestra da parte dei vescovi e promozione dei principi non negoziabili a livello legislativo.
- Il disegno neoconservatore e neocostantiniano, scandito a suon di family day, del cardinal Ruini si scontrò però con due ostacoli insormontabili.
- In primo luogo il fatto che lo stesso Berlusconi era stato, attraverso le sue tv e il modello imprenditoriale e politico che promuoveva, la scala di valori di cui era portatore, uno dei fattori di più potente scristianizzazione della società italiana; in secondo luogo, la crisi economica che attanagliò il paese a partire dal 2008 immettendo l’Italia in un processo di declino economico e sociale che perdura ancora oggi, mostrò quanto di velleitario e fragile vi fosse nel progetto ruiniano.
La grande alleanza fra la chiesa italiana guidata dal cardinale Camillo Ruini e Silvio Berlusconi, cominciò a infrangersi nel 2009 con l’emergere dello scandalo escort-prostituzione che investì l’allora presidente del Consiglio, e andò definitivamente in frantumi nel novembre 2011, quando cadde il governo guidato dal Cavaliere.
Ma, almeno simbolicamente, le cose erano precipitate già qualche mese prima: nel febbraio dello stesso anno infatti, a Roma, nel corso della grande manifestazione delle donne promossa dal movimento “Non una di meno”, era salita sul palco suor Eugenia Bonetti, religiosa impegnata da moti anni nella lotta contro la tratta di esseri umani e la prostituzione come forma di schiavitù moderna, per dire senza mezzi termini: «Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono in modo spudorato sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche ci sgomentano e ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare».
Del resto, non era tanto il lato giudiziario della vicenda ad aver messo in difficoltà i vertici della chiesa e ad aver indignato parte del mondo cattolico, ma appunto l’insostenibilità morale, etica, dello scandalo nel quale si trovava invischiato il premier.
Il cardinale e i cattolici adulti
Ruini è rimasto però legato al Cavaliere se, ancora nei giorni scorsi, ha voluto ricordare come suo grande merito quello di aver scongiurato la vittoria degli ex comunisti nel 1994 (il muro di Berlino era caduto già dal 1989).
E chissà se il cardinale, in realtà, fosse più grato ancora a Berlusconi per aver avversato fieramente quella parte dei cattolici post-democristiani che scelsero di schierarsi nella seconda Repubblica con il centrosinistra, i cosiddetti cattolici adulti, di cui Romano Prodi fu l’esponente più in vista, che credevano nell’autonomia della sfera politica e pubblica rispetto a una visione confessionale e dalle tinte clericaleggianti della società.
Del resto, di fronte al rischio che la chiesa perdesse peso specifico e ruolo nella vita civile, il capo dei vescovi non esitò a stringere un patto di ferro con il Cavaliere e a lui affidò la difesa dei princìpi valutati dalla chiesa come “non negoziabili”: no a matrimoni e unioni civili fra persone dello stesso sesso, no al testamento biologico, no alla procreazione assistita; mentre era necessario supportare le scuole cattoliche, la sanità cattolica fino a forzare il principio di sussidiarietà per favorire l’intervento del privato sociale (e quindi cattolico) nella gestione dei servizi pubblici.
La chiesa di Ruini fu al contempo, sul piano internazionale, molto prudente sul tema migrazioni e quindi fortemente refrattaria in materia di apertura al dialogo con altre fedi e culture; di fatto era allineata, sia pure con toni più soft, all’impostazione teo-con promossa dalla Casa Bianca guidata da George W. Bush.
Il disegno neoconservatore e neocostantiniano, scandito a suon di family day, del cardinal Ruini si scontrò però con due ostacoli insormontabili. In primo luogo il fatto che lo stesso Berlusconi era stato, attraverso le sue tv e il modello imprenditoriale e politico che promuoveva, la scala di valori di cui era portatore, uno dei fattori di più potente scristianizzazione della società italiana; in secondo luogo, la crisi economica che attanagliò il paese a partire dal 2008 immettendo l’Italia in un processo di declino economico e sociale che perdura ancora oggi, mostrò quanto di velleitario e fragile vi fosse nel progetto ruiniano.
Dal caso Englaro ai grandi eventi
D’altro canto, determinate battaglie dal forte sapore ideologico, come quella condotta sul caso di Eluana Englaro, contribuirono ad allontanare il favore dell’opinione pubblica dall’agire della chiesa. Eppure, anche in quel frangente, il sostegno del Cavaliere non venne meno, il governo le provò tute per impedire l’interruzione delle terapie dopo 17 anni di stato vegetativo della donna; all’epoca, era il 2009, Berlusconi arrivò a dire che «Eluana è una persona viva, respira, le sue cellule cerebrali sono vive e potrebbe in ipotesi fare anche dei figli. È necessario ogni sforzo per non farla morire».
È anche vero che una folta pattuglia di esponenti cattolici, in prevalenza di centrodestra, faceva da sponda alle richieste sempre più pressanti provenienti dalla conferenza episcopale. Col 2011, tuttavia la crisi del moderno patto trono-altare diventò irreversibile e anche l’estremo tentativo di promuovere Roberto Formigoni come nuovo leader del centrodestra facendo affidamento sulle truppe cielline non andò in porto.
Anche perché nel frattempo qualcosa si era rotto anche nella chiesa. Intanto la concorrenza fra la segreteria di stato del cardinale Tarcisio Bertone e la Cei in relazione alla gestione dei rapporti con la politica italiana aprì una crisi profonda nella Chiesa e nelle relazioni con la Curia vaticana, ne scaturì una stagione di veleni, colpi bassi e poco edificanti lotte intestine.
Non va infine dimenticato che le propaggini delle avventure finanziarie del berlusconismo arrivarono anche Oltretevere quando venne a galla lo scandalo dei “grandi eventi”; le indagini portarono alla luce le connessioni fra un affarismo spregiudicato condotto da imprenditori, alti funzionari dello Stato, faccendieri, e ambienti del Vaticano.
Da questo impasto nacque la convinzione fra i cardinali di tutto il mondo, che fosse venuto il momento di liberare la Santa Sede del rapporto preferenziale con l’Italia e di avviare profonde riforme nella gestione delle finanze vaticane.
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