- Il leader leghista sa che il passaggio di Draghi da palazzo Chigi al Quirinale, pur con tutte le accortezze possibili, non sarà indolore.
- Il rischio di elezioni anticipate è più che concreto e Salvini, consapevole che Giorgia Meloni potrebbe conquistare più voti di lui, non è ancora pronto ad affrontarle.
- E comunque sette anni dell’ex presidente della Bce al Colle significherebbe consegnarsi nelle mani di Giancarlo Giorgetti che con il futuro, possibile, capo dello stato ha sicuramente più sintonia del leader leghista.
Non è probabilmente quello che Matteo Salvini desiderava e infatti, non appena la conferenza stampa di Mario Draghi termina, la Lega fa sapere ufficiosamente che «conferma grande apprezzamento per il lavoro del governo» ma anche che «c’è preoccupazione per eventuali cambiamenti che potrebbero creare instabilità».
Il leader leghista sa che il passaggio di Draghi da palazzo Chigi al Quirinale, pur con tutte le accortezze possibili, non sarà indolore.
Il rischio di elezioni anticipate è più che concreto e Salvini, consapevole che Giorgia Meloni potrebbe conquistare più voti di lui, non è ancora pronto ad affrontarle. Un altro anno di governo, con la possibilità di infilare qualche misura popolare da intestarsi in chiave elettorale, aiuterebbe.
Draghi e Giorgetti
E comunque sette anni dell’ex presidente della Bce al Colle significherebbe consegnarsi nelle mani di Giancarlo Giorgetti che con il futuro, possibile, capo dello stato ha sicuramente più sintonia del leader leghista.
Per tutto questo non sarebbe male arrivare al 2023. Anche se alla fine, al di là dei timori per ciò che verrà, Salvini qualcosa ha ottenuto. E cioè che qualsiasi cosa si muoverà attorno a Draghi da qui alla metà di gennaio non potrà in alcun modo escludere la Lega e il suo segretario.
Il premier è stato chiaro: la maggioranza che potrebbe eleggerlo al Quirinale deve essere «ampia». E «ampia» deve rimanere anche la coalizione che sostiene il governo. Niente derive “Ursule” (alleanza Pd-M5s-FI) o strane alchimie politiche.
Chi pensava che l’elezione di Draghi potesse essere un modo per liberarsi di Mr. Papeete e relegarlo per un anno all’opposizione si sbagliava. Se Draghi è il “garante della stabilità” al quale nessuno vuole rinunciare, nella conferenza stampa di ieri ha evidentemente dettato ai partiti le condizioni perché ciò possa realizzarsi
Non è detto che lo schema vada in porto ma per Salvini ora il compito è più semplice, basta non muoversi, ribadire la propria stima per Draghi e lasciare che siano gli altri a cercare un accordo con lui.
© Riproduzione riservata