La senatrice del Pd che ha ottenuto le unioni civili inizia il percorso che potrebbe portarla alla candidatura a sindaco della capitale. Il partito per ora si limita a osservare
- Monica Cirinnà ha annunciato l’inizio di un «giro d’ascolto» nei quartieri della capitale che può diventare il grande passo verso la candidatura alle comunali del 2021. La Lega di Matteo Salvini punta a conquistare Roma con una coalizione di centrodestra, mentre Virginia Raggi cerca la riconferma.
- Il Partio democratico finora ha incassato soltanto risposte negative dai candidati di livello nazionale che sperava di schierare contro Raggi: hanno declinato sia David Sassoli, presidente del parlamento europeo, sia l’ex premier Enrico Letta.
- I vertici del Pd restano freddi. Prima c’è da affrontare il voto sulle regionali e il referendum costituzionale. Il punto più delicato per la senatrice è il rapporto con le gerarchie vaticane.
«A Roma la polarizzazione fra Virginia Raggi e Matteo Salvini schiaccerebbe qualsiasi altro nome. Non so se sarò la candidata del centrosinistra. Ma intanto dico: attenti a quei due, non credano di avere il campo libero nella capitale». Monica Cirinnà, romana, senatrice del Partito democratico e madre della legge sulle unioni civili, replica così a chi la accusa di una fuga in avanti sulle primarie per il Campidoglio.
Il voto per la Capitale arriverà nella primavera 2021, il suo partito è concentrato sulle urne del 20 e 21 settembre – sette regioni e referendum sul taglio dei parlamentari, un voto capitale a sua volta, con la minuscola ma non meno pericoloso – il dibattito si avvita sulla sopravvivenza del governo di Giuseppe Conte. Ma lei si è portata avanti: dopo un’estate di ipotesi, ha annunciato a Repubblica: «Venerdì parto per un giro di ascolto della città. Da Garbatella, con il presidente del Municipio Amedeo Ciaccheri, che coagula mondi di sinistra fuori dal Pd». L'annuncio nel titolo è diventato: «Mi candido a fare la sindaca». Ma non è così. Almeno non ancora.
I manifesti di Salvini
Il tema, sostiene Cirinnà, è che mentre il Pd nazionale aspetta un nome di peso – e però incassa no a ripetizione, dal presidente dell’europarlamento David Sassoli all’ex premier Enrico Letta – lo scontro nella Capitale «si polarizza fra la sindaca uscente e il leader della Lega». La prima ha imposto la sua corsa ai Cinque stelle quando ha fiutato un’uscita di scena ingloriosa; il secondo ha fatto scattare il suo schema-amministrative: imponendo dai muri della città la sua faccia al centrodestra, prima della scelta del candidato (la cosa ha creato un discreto scompiglio nel centrodestra, ma questa sarebbe un’altra storia).
Ora, sostiene Cirinnà, «se noi lasciamo il campo, il rischio è che un nostro candidato, quando arriverà, non riuscirà a farsi spazio», nonostante gli anni sconfortanti di amministrazione Raggi. «E poi quando arriverà? Mi dicono ‘dopo’. Ma dopo le regionali ci sarà la riflessione sul voto, poi sui progetti da presentare in Europa. Dopo rischia di essere troppo tardi».
Gli inizi con Rutelli
Cirinnà, classe 1963, conta su una storia di ambientalista e animalista. Consigliera comunale verde nel 1993, quando era sindaco Francesco Rutelli, poi per altre tre volte. Per il Pd è due volte senatrice (due è il limite dei mandati per il Partito democratico, ma le deroghe sono generose). Femminista, icona dei Pride ai quali partecipa con il marito Esterino Montino, sindaco di Fiumicino ma in passato potente dem (fu il reggente della Regione Lazio nel 2009 dopo le dimissioni di Piero Marrazzo, vittima di un tentato ricatto da parte di quattro carabinieri), Cirinnà quest’estate ha subito anche una prova personale molto dura, l’arresto del fratello nel corso di un’indagine su un clan. Lei, del tutto estranea alla vicenda, ha affrontato la situazione pubblicamente sul sito Fanpage: «Tante volte ho provato a ricondurre mio fratello diciamo così sulla retta via, ma poi ognuno fa le scelte che crede», ha detto. «Chi mi attacca per l’arresto di mio fratello? Da romana potrei dire che sono dei poracci». Senza negare il «dolore privato» ha tirato dritto per la sua strada.
Da tempo Cirinnà ha costruito una sua rete fuori dal Pd. Non a caso il suo «giro di ascolto della città» parte stasera da Garbatella, quartiere rosso di Roma, dove sarà ospite della festa Visionaria, con un confronto con Amedeo Ciaccheri, il presidente del Municipio VIII. Golden boy della sinistra romana, Ciaccheri è a sua volta papabile candidato alle primarie del centrosinistra come portavoce di Liberare Roma, rete di comitati territoriali nata su iniziativa di Massimiliano Smeriglio, romano doc, sinistra radicale altrettanto doc, oggi eurodeputato nel Pd. Domani alla festa arriverà anche Goffredo Bettini, inventore dell’ultima stagione del centrosinistra capitolino fino alla vittoria di Ignazio Marino (che alle primarie sbaragliò David Sassoli e Paolo Gentiloni). Bettini stavolta smentisce ruoli.
E comunque il vertice del partito resta freddo. Cirinnà ha sostenuto Nicola Zingaretti nella corsa alla segreteria del Pd, è vicina al vicesegretario Andrea Orlando ma ha mantenuto sempre un profilo molto autonomo. Oggi Zingaretti ha fatto voto di non parlare almeno fino al 22 settembre. Chi gli sta vicino nega lo faccia per accidia o indecisione: «La prossima primavera andranno al voto anche altre città importanti, Torino, Napoli, Milano. In nessuna c’è già un candidato, neanche a Milano dove Giuseppe Sala è il sindaco uscente e la sua conferma sarebbe naturale. Anche perché tutti sanno che una partenza troppo anticipata facilmente si trasforma in un boomerang. Ne parleremo a ottobre». E c’è di più: per i vertici del Pd non è affatto scontato, per usare un eufemismo, che per scegliere il candidato sindaco di Roma stavolta si riaprano i gazebo.
L'eterna questione cattolica
In realtà dietro questo freddo c’è anche l’eterna questione cattolica, quella che da sempre aleggia sul cielo della Capitale. Nel 2025 si terrà il Giubileo ordinario – dopo quello straordinario della misericordia del 2015 – e la sua preparazione sarà l’occasione per il rilancio della Capitale, ridotta ormai al rango di provincia dalla gestione Raggi. Il premier Giuseppe Conte, dalla festa dell’Unità di Modena, ha promesso una legge per Roma Capitale. Tradotto: soldi, investimenti, procedure speciali. Durante il Giubileo i leader mondiali saranno ospiti del Papa. Ma anche di Roma, che tornerà caput mundi almeno per qualche mese: indimenticabile la foto del sindaco Rutelli accanto al presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, nel 2000. Il Pd è certo che, in questo autunno, questo argomento basterà a convincere qualche grande personalità fin qui renitente alla leva.
Anche perché una femminista non ostile alla contestatissima Gpa, la «gestazione per altri», e all’eutanasia legale, viene considerata un'interlocutrice poco gradita per le gerarchie ecclesiastiche, anche quelle dell’epoca rivoluzionaria di papa Francesco. Non a caso l’ultimo sindaco del Pd, Ignazio Marino, da laico esibì con insistenza la sua fede cattolica.
«La candidatura di Monica è un contributo importante, abbiamo idee diverse ma siamo consapevoli del plus che può portare ciascuno di noi alla coalizione», ragiona Paolo Ciani, volto storico della Comunità di Sant’Egidio, vera potenza geopolitica con sede nella capitale, da due anni consigliere regionale e a capo di Demos, associazione nata per allargare la coalizione di Zingaretti.
Anche Ciani ha avanzato la sua candidatura alle primarie, e lo ha fatto con un’intervista ad Avvenire, il quotidiano della Cei. Quanto al gradimento Oltretevere sul sindaco di una città di cui peraltro il papa è vescovo, Ciani la mette così: «Non so quanto conti davvero il Vaticano, o la chiesa, su questa elezione. So però che il cristianesimo e la cattolicità hanno un ruolo fondamentale nell'immagine di Roma. A Roma si viene da tutto il mondo per la sua storia, per il suo valore culturale; e per il fascino mondiale del papa. In ogni caso la Chiesa non è solo il Vaticano ma anche il lavoro di rete solidale di 350 parrocchie, quello diretto e quello tramite le associazioni. Chi si candida a rappresentarla non può non tenerne conto».
Più scettica l’opinione di Lucio D’Ubaldo, già Dc, poi senatore Pd e oggi tessitore di reti centriste: «A merito di Cirinnà c’è l’entusiasmo e la coerenza delle battaglie ambientali. Ma associa il suo nome a opzioni radicali nel campo della bioetica. Oggi il mondo cattolico lavora alla ricomposizione delle figure del “cattolico sociale” e del “cattolico morale”. Il suo appello ai soli “cattolici sociali” è divisivo, anche per una nuova alleanza solidarista e progressista».
Stasera, davanti alla sua prima piazza, Cirinnà risponderà alle obiezioni. La cautela è d’obbligo. Persino per Massimiliano Smeriglio, già stretto collaboratore di Zingaretti e regista dell’incontro pubblico: «Fino alle regionali lavoriamo per vincere. Dopo il 20 sarà inevitabile avviare la macchina per le elezioni delle grandi città italiane. A Roma sarà decisivo costruire un’alleanza civica con tutti coloro che non vogliono né la destra né Raggi. In questo senso è naturale e persino auspicabile che ci siano ipotesi di candidature». Ce ne sono infatti anche altre: dal presidente del municipio Roma III Giovanni Caudo, già assessore di Marino, al giovane attivista Tobia Zevi, al radicale italiano Riccardo Magi, deputato per +Europa. Dice Smeriglio: «Cirinnà è un nome estremamente autorevole. Ma è giusto l’approccio che ha scelto: un tour per ascoltare la città prima di qualsiasi decisione. Perché servono scelte condivise. E una squadra larga».
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