- Nel primo discorso dopo la vittoria elettorale, Giorgia Meloni ha cercato un equilibrio tra passato, presente e futuro.
- Sul piano diplomatico, Meloni sa che la strada inizia in salita, tra le diffidenze dei governi dei grandi paesi europei, i poco velati avvisi della presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, e gli endorsement di alleati politici scomodi come Orbán e Vox.
- I segnali per un processo di costituzionalizzazione della destra ci sono: consapevolezza delle gravità della situazione economica, dei vincoli esterni europei e internazionali, delle difficoltà di accreditamento diplomatico, della necessità di non affidarsi soltanto ad una classe politica inesperta.
Il primo discorso di Giorgia Meloni dopo la vittoria elettorale è stato segnato dalla ricerca di un equilibrio tra passato, presente e futuro.
Una dichiarazione breve, ma che offre molti spunti sul possibile governo che verrà. C’è il passato, un’idea di continuità con chi non c’è più – senza fare nomi per non attirarsi accuse di estremismo – e la rivendicazione di un percorso molto lungo verso il governo, che affonda le radici nell’esperienza di Alleanza nazionale.
Meloni sembra tenere particolarmente a veicolare una certa idea della leadership e del partito: i successi si forgiano nella coerenza, nelle avversità, passano per una vita da minoranza negletta ed esclusa prima di esplodere sul piano popolare.
«Non esistono scorciatoie» è una frase chiave del discorso della leader di Fratelli d’Italia, perché marca la saldatura tra passato e presente, rivendica il peso della tradizione di destra nel successo immediato.
Un itinerario ripercorso dalla sorella di Giorgia Meloni, Arianna, in un post sui social dove la metafora tolkieniana, autore cult della destra identitaria, della tribù che attraversa terre pericolose con coraggio sintetizza bene lo spirito del nucleo intorno alla leader del centrodestra.
Ma questa continuità è anche quella con il progetto originario del berlusconismo, cioè la creazione di un centrodestra di governo, capace di governare in autonomia, senza sbandate a sinistra o compromessi. È quello su cui Meloni ha puntato e su cui ha vinto, nel paese e rispetto agli alleati.
L’atterraggio sul presente è, invece, più morbido. Meloni ha ringraziato gli alleati, non li ha umiliati, dopo averli spolpati a livello elettorale, e ha lasciato intendere che la ricompensa governativa per il malconcio Salvini e l’anziano Berlusconi potrà essere ricca, superiore rispetto al peso effettivo dei due partiti.
Grande peso è stato attribuito, inoltre, alla parola responsabilità in un contesto economico e internazionale che sarà affatto semplice.
Un concetto che pone Meloni direttamente in rapporto con Mario Draghi, le cui indicazioni sono state seguite tanto sul piano della politica estera quanto sulla gestione del bilancio.
Non è un caso nemmeno la grande affabilità del luogotenenti di Fratelli d’Italia quando si parla di ministri tecnici e figure di alto profilo, nessuno oggi sembra poter escludere il coinvolgimento di personalità capaci di garantire affidabilità, come richiesto da Mattarella e da Bruxelles.
La cautela dello stato maggiore di Fratelli d’Italia sulla prossima legge di bilancio è un doppio segnale: da un lato è in corso un processo di moderazione a tappe forzate imposto dai rapporti di forza internazionali e dai mercati, dall’altro è un sintomo della paura che i nuovi governanti hanno di fronte ad una grande quantità di fattori esogeni, non controllabili, che possono influenzare la vita del governo.
Strada in salita
Sul piano diplomatico, Meloni sa che la strada inizia in salita, tra le diffidenze dei governi dei grandi paesi europei, i poco velati avvisi della presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, e gli endorsement di alleati politici scomodi come Orbán e Vox.
Pur coltivando le ambiguità con un doppio registro, Meloni lascia intuire di voler lavorare fin da subito per non scivolare in un possibile isolamento rispetto al resto d’Europa.
Tutto ciò ci proietta nel futuro, nell’Italia del governo di Fratelli d’Italia. I prossimi giorni ci mostreranno che tipo di governo ha in mente Meloni e quale sarà la sua strategia.
I segnali per un processo di costituzionalizzazione della destra ci sono: consapevolezza delle gravità della situazione economica, dei vincoli esterni europei e internazionali, delle difficoltà di accreditamento diplomatico, della necessità di non affidarsi soltanto ad una classe politica inesperta.
Tutti problemi rispetto ai quali la leader del centrodestra sembra voler prendere le misure, evolvendo in una destra di governo capace di tenere insieme mandato popolare e vincolo esterno.
Con questa distribuzione di forze all’interno della coalizione, Meloni si avvia a diventare una delle donne più potenti d’Europa, oltre che la probabile futura Presidente del Consiglio.
Ha di fronte a sé una grande opportunità di governo del paese, potrà portare al centro della politica europea il gruppo dei conservatori e far uscire definitivamente dal ghetto antisistema la destra italiana. I prossimi mesi ci diranno se la sua leadership sarà solida abbastanza per affrontare questa sfida.
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