Post scandalo Palamara, l’Associazione nazionale magistrati elegge il suo presidente e l’assetto per i prossimi quattro anni. Il nome sul tavolo sarebbe quello dell’uscente Luca Poniz, toga progressista di Area, ma su di lui pesa il veto di Mi
- L’ipotesi è quella di una giunta unitaria, in cui ogni corrente sia rappresentata, anche se gli “anticorrentisti” di Articolo 101 hanno già di fatto detto no. L’asse più forte è tra Area e Unicost, con in tutto 18 voti su 36.
- Magistratura indipendente auspica «unità, anche vista la difficile fase di pandemia» ma aspetta il dibattito. Chiede però «discontinuità» rispetto al mandato precedente.
- La nuova Anm ha molti volti nuovi e la metà sono donne, potrebbe quindi essere il momento di una presidenza femminile, visto che manca convergenza evidente su un nome. Tra le possibili, la magistrata più votata Silvia Albano, di Area.
È arrivato il momento della verità, per l’Associazione nazionale magistrati. Il sindacato delle toghe oggi sceglie l’assetto per i prossimi quattro anni: se con una giunta unitaria con rotazione dei presidenti come in parte è stato dell’ultimo mandato, oppure se tornerà l’uomo forte sostenuto da una maggioranza (come fu il quadriennio di Luca Palamara).
Il Covid ha reso più complicata la scelta: l’assemblea si riunirà sia in presenza che in remoto per chi non può spostarsi dalle zone rosse. Se inedita è la modalità con cui si esprimeranno i 36 eletti, anche gli schieramenti sono ancora incerti. Questi giorni sono stati fitti di riunioni e telefonate incrociate, ma nessuno entrerà in sala già eletto presidente.
Per ora, l’unico asse chiaro è quello tra Area, il gruppo dei progressisti, e le toghe centriste di Unicost: il primo è il gruppo più votato con 11 rappresentanti; l’ex corrente di Palamara ne conta 7. Una giunta espressione di tutti e cinque i gruppi è impossibile perché Articolo 101, la lista dei 4 eletti “anticorrentisti”, ha fatto sapere che entrerà solo in una giunta che accoglie in blocco il suoprogramma, compreso il sorteggio per il Csm. Richiesta irricevibile, soprattutto per Area e Unicost.
Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata da Piercamillo Davigo che conta 4 eletti ha scelto la neutralità: ascolterà i programmi e farà l’alleanza sulla base di quello. «Le nostre priorità sono la gestione dei tribunali durante il Covid e la tutela delle condizioni di lavoro. L’Anm va riformata, rompendo i meccanismi deleteri che la rendono un centro di potere relazionale, come è stato per Palamara», dice uno di loro.
Anche i moderati di Magistratura indipendente, con 10 eletti, sono in attesa del confronto ma l'auspicio è quello di una giunta unitaria: «La speranza è che il dibattito porti a una sintesi tra tutti i gruppi, con una convergenza su un programma comune - dice la segretaria Paola D’Ovidio -. Non abbiamo preclusioni, ma chiediamo netta discontinuità rispetto al passato, perchè l’Anm recuperi la fiducia dei colleghi e torni a occuparsi di ordinamento giudiziario e delle problematiche del settore giustizia».
La presidenza
Dal dibattito, dunque, uscirà anche il presidente che meglio incarnerà l’orientamento – unitario o meno – del nuovo comitato direttivo centrale. Nel rispetto dell’esito del voto, anche in una giunta unitaria la prima presidenza spetterebbe ad Area.
Il primo degli eletti è il presidente uscente, Luca Poniz, che punterebbe a riconfermarsi al vertice. Ad avversarlo, però, ci sono spinte soprattutto esterne. Nei suoi confronti esiste una forte preclusione da parte di Mi, che ha chiesto discontinuità rispetto al vecchio corso. Proprio da Poniz, infatti, Mi è stata messa all’angolo come corrente più compromessa con lo scandalo Palamara. Anche all’interno di Area, inoltre, il fronte non è compatto e una parte del gruppo è stata critica rispetto alla gestione egemonica dei vertici.
A rendere incerte le sorti dell’elezione è anche il deciso ricambio dei neoeletti nel comitato direttivo centrale. Molti volti nuovi e moltissime donne: per la prima volta sono la metà delle elette, rispecchiando la composizione di genere in magistratura. Proprio questo dato trasversale ai gruppi potrebbe essere un segnale che, vista la mancanza di un nome unitario, i tempi possano essere maturi per una presidenza femminile dopo l’unica, negli anni Novanta, di Elena Paciotti.
In questo senso, un nome possibile sarebbe quello della seconda eletta per numero di preferenze, Silvia Albano. Storica esponente di Magistratura democratica e al secondo mandato in Anm, si dimise dalla giunta Poniz in contrasto con la scelta del presidente di non sciogliere il sindacato e convocare elezioni anticipate dopo lo scandalo Palamara.
Uno strappo che - in una nota dal titolo “l’Anm di fronte alla sfida dell’unità” dove fa un bilancio dell’attività del sindacato - Albano definisce «sofferto» ma giustificato «dall’impossibilità di dare un contributo utile». Al netto dell'esito, oggi la nuova Anm post-scandalo Palamara sarà formalmente insediata e nel dibattito si definiranno anche i primi orientamenti rispetto alle scelte del Ministero della Giustizia: dalla riforma del Csm alla gestione dei tribunali durante la pandemia.
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