- I dissensi sull’invio delle armi a Kiev, ma il vero nodo del dibattito è il passaggio di testimone ai giovani «antifà» che non hanno potuto ascoltare le voci dei combattenti.
- Il documento preparatorio, da cui nascerà il nuovo gruppo dirigente, si intitola «Per una nuova fase della lotta democratica e antifascista».
- Il “ringiovanimento dell’Anpi” è dovuto a ragioni naturali. A Riccione fra i partigiani, oltre a Smuraglia, ci sarà solo Mirella Alloisio, del Cln Liguria. L’anno della svolta è stato il 2006, quando Carla Nespolo ha fatto approvare la modifica statutaria che consente ai non combattenti di iscriversi.
Non sono mancate le differenze, le polemiche interne, anche aspre, nella lunghissima storia dell’Anpi, l’associazione nazionale partigiani d’Italia che dichiara 120mila iscritti, è nata il 6 giugno 1944 a Roma, mentre il nord era ancora sotto l’occupazione nazifascista.
Il primo presidente è stato Arrigo Boldrini “Bulow”, medaglia d’oro al valore militare della Resistenza. Le sue sezioni e i suoi comitati sono in tutto il paese ma anche in Belgio, Francia, Germania, a Londra, Barcellona, Stoccolma e Ginevra. Stamattina a Riccione l’Anpi apre il 17esimo congresso nazionale, domenica eleggerà i suoi nuovi organismi dirigenti.
Non sono mancate frizioni, dicevamo. A Roma da qualche anno ogni 25 aprile si apre il doloroso capitolo delle commemorazioni separate della Liberazione fra Anpi e comunità ebraica, causa partecipazione di associazioni pro Palestina troppo ostili a Israele.
Questione storica spinosissima, che solo la pandemia e le feste «da remoto» negli ultimi due anni hanno sfiammato. Poi ci sono state questioni di “politica interna”. Nel settembre 2016 l’allora presidente Carlo Smuraglia, classe 1923, ha asfaltato Matteo Renzi, classe 1975, in un dibattito alla festa dell’Unità di Bologna. Il leader del Pd, sostenuto anche da qualche partigiano, ha proposto e si è speso per un referendum costituzionale, poi perso rovinosamente.
Smuraglia, leader del No, è uscito fra gli applausi da quella che poteva essere la fossa dei leoni. «Ho accettato questo invito – ha detto – perché l’ho considerato un’occasione per dare un esempio di civiltà, pur avendo visioni diverse è possibile confrontarsi non con toni esasperati». Aveva 93 anni, Renzi cinquanta in meno ed era il Grande rottamatore con il vento in poppa, per poco ancora.
Ma certo all’anziano ex giurista quel confronto non ha fatto paura, ammesso che paura sia il termine giusto per uno che nel 1943 ha rifiutato la leva di Salò e si è unito alla Resistenza da volontario nel Gruppo di combattimento Cremona sotto il comando britannico.
Armi e Resistenza
Oggi Smuraglia, ex Pci ed ex Ds, ha 99 anni, è il presidente emerito e l’indiscussa massima autorità morale dell’associazione. Ed ha espresso una linea diversa da quella del suo attuale presidente, Gianfranco Pagliarulo, ex Pci-Prc-Pdci, sull’invio delle armi italiane in Ucraina.
«Un popolo che resiste contro l’invasore va aiutato, anche con le armi», ha detto a Repubblica, anche se «questo aiuto deve avere un confine invalicabile: non deve comportare l’entrata in guerra dell’Italia». Pagliarulo invece, nella piazza dei pacifisti disarmisti di Roma, aveva detto che «c’è il rischio di una escalation del conflitto. La sicurezza del paese sarebbe di fronte a un grave pericolo. Bisogna sostenere la Resistenza ucraina ma con altri mezzi, non militari».
I “senatori” dell’associazione si sono morsi la lingua per non drammatizzare la divergenza, che forse potrebbe tornare di attualità visto gli annunci di nuovi invii di armi da parte del governo.
A taccuino chiuso, però, in molti sono d’accordo con Smuraglia: ma «bisogna ragionare con calma», «con spirito aperto», «ogni paragone con il 1944 è sfasato, noi eravamo in guerra», «bisogna cercare ancora»: citazione quest’ultima di Claudio Napoleoni, economista marxista scomparso venticinque anni fa, poco noto ai giovani “antifà”.
La terza generazione
La questione dell’età non spunta a caso. È il cuore del congresso che si apre oggi. E il punto dolente. Perché se la questione delle armi all’Ucraina per Smuraglia «è un argomento chiuso, non so neanche se ci sarà per me il tempo di parlare, bisogna fare largo ai giovani», è proprio quel «largo ai giovani» la questione.
Il documento preparatorio, da cui nascerà il nuovo gruppo dirigente, si intitola «Per una nuova fase della lotta democratica e antifascista». Titolo da Pravda che tenta di nascondere la notizia: la «nuova fase». L’Anpi oggi si prepara lasciare il testimone alla sua «terza generazione». Cioè non quella «di mezzo», quella che non ha combattuto, come Pagliarulo, secondo presidente a non aver partecipato alla Resistenza, la prima è stata la rimpianta Carla Nespolo, morta nell’ottobre del 2020, prima donna alla guida dell’associazione.
La «terza generazione» è di quelli che non hanno neanche «il privilegio» di essersi formati sui racconti e l’insegnamento dei combattenti. Un passaggio di testimone verso la futura guida è «delicatissimo», il cambio dagli scorsi quasi ottant’anni può essere un pericolo per la natura, la credibilità e l’autorevolezza dell’associazione.
Che studia e riflette da tempo su questo punto, come esattamente un anno fa lo stesso Pagliarulo aveva rivelato discutendo con Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, di un fenomeno simile, o comunque paragonabile, raccontato nel bellissimo La generazione del deserto di Lia Tagliacozzo, a proposito della scomparsa dei testimoni diretti della Shoah. Per questo l’Anpi ha ormai la formazione fra le sue priorità.
L’alleanza larga
La constituency dell’associazione resta naturalmente la piena applicazione della Costituzione nata dalla lotta antifascista e la memoria della Resistenza. Ma la memoria, ci viene spiegato, deve essere «critica». E la memoria critica sono gli occhiali per leggere la realtà. E il punto è proprio la capacità di leggere l’oggi per chi non ha l’esperienza, diretta o insegnata, della lotta antifascista.
Un passaggio affrontato in qualche misura dalle associazioni reducistiche della Francia e della ex Jugoslavia, ma non c’è paragone su un punto fondativo: l’alleanza degli antifascisti, «l’unificazione», arriva prima della Liberazione, non dopo. «In Italia», spiegano i più anziani, «c’è stato un comando militare unificato», e qui viene indicata la famosa foto «dei sei»: il gruppo dirigente del Comando generale del corpo volontari della libertà sfila per le vie di Milano il 6 maggio 1945.
In prima fila il maggiore Mario Argenton del Pli; Giovanni Battista Stucchi del Psiup; Ferruccio Parri del Partito d’azione; il generale Raffaele Cadorna comandante militare del Cvl; Luigi Longo del Pci ed Enrico Mattei della Dc. «Quella foto è il simbolo stesso dell’unità della Resistenza», viene spiegato. Questa alleanza larga, che stava nelle vene dei combattenti, è quella che i più giovani devono capire e praticare.
L’antifascismo oggi
Il “ringiovanimento dell’Anpi” è dovuto a ragioni naturali. A Riccione fra i partigiani, oltre a Smuraglia, ci sarà solo Mirella Alloisio, del Cln Liguria. L’anno della svolta è stato il 2006, quando Carla Nespolo ha fatto approvare la modifica statutaria che consente ai non combattenti di iscriversi.
Il congresso di Riccione deve ora «ridisegnare» la funzione dell’Anpi. L’Anpi del futuro deve essere «memoria attiva», spiega il documento: si intende «la capacità di trasferire tale eredità nell’azione civile e sociale, politica nell’accezione più larga ed alta della parola, in modo che essa non si limiti alla custodia del passato, ma diventi stella polare del presente e forza propulsiva per il futuro».
E qui si arriva a che cos’è l’antifascismo oggi. All’«antifascismo quotidiano» Smuraglia ha dedicato una raccolta di saggi (Bordeaux edizioni) scritti da giuristi ed esperti e dedicati ai cittadini, una cassetta degli attrezzi per contrastare neofascismi e razzismi contemporanei.
L’assalto alla Cgil del 9 ottobre 2021 da parte di un gruppo di neofascisti – che in questi giorni va a processo – dimostra l’attualità dei rigurgiti. Con la Cgil, l’Anpi ha chiesto lo scioglimento delle organizzazioni neofasciste, in forza della XII Disposizione finale della Carta e della legge Scelba. Ma il governo aspetta le sentenze.
Nel gennaio 2021 invece aveva lanciato una «Alleanza democratica e antifascista per la persona, il lavoro e la socialità». Una rete volta a combattere, oltre ai rigurgiti autoritari, anche «il dramma della disuguaglianza», soprattutto dopo il Covid, riconoscendo lì la causa profonda dei fascismi di oggi. Sapendo, viene spiegato, che per una vera resistenza «ognuno deve fare la sua parte», «coscienti del prestigio dell’Anpi ma anche del fatto che da soli non bastiamo».
L’apertura con Zaki
Non è un caso che a Riccione, per la prima volta, ci saranno molti ospiti. I lavori si aprono alle 10 con un saluto di Patrick Zaki, parleranno fra gli altri il cardinale di Bologna Matteo Zuppi, la senatrice a vita Liliana Segre, il segretario Cgil Maurizio Landini, del Pd Enrico Letta, don Luigi Ciotti, il ministro Roberto Speranza, il generale Fulvio Poli dello stato maggiore dell’esercito.
Interlocutori esterni, che riconoscano l’Anpi in questo passaggio delicato del testimone generazionale. Se qualcosa non riesce, l’ente morale nato in piena guerra come associazione ufficiale dei partigiani rischia di consegnarsi all’isolamento e alle teche dei musei.
O peggio all’antifascismo di pochi, come ha spiegato il cardinale Zuppi proprio a Domani: «La Resistenza è quella che ci ha regalato il paese in cui sono cresciuto, con i valori su cui è fondata la nostra Costituzione e la nostra repubblica. Per questo la festa della Liberazione è la festa di tutti. Sarebbe sbagliato farne una festa di parte, sia con appropriazioni indebite sia con autoesclusioni e distinguo pericolosi». Sarebbe sbagliato, soprattutto sarebbe un disastro.
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