L’esistenza di un’interlocuzione tra i due gruppi è stata confermata dallo stesso Messina che ha detto di essere disponibile a condividere il proprio simbolo con i ribelli Cinque stelle a patto, però, che dall’unione nasca un «progetto serio»
Un ritorno alle origini per Elio Lannutti. La prima vera scissione dei Cinque stelle. Sono questi i temi in ballo nella trattativa tra i parlamentari del Movimento che hanno negato la fiducia al governo Draghi e l’Italia dei Valori, il partito fondato da Antonio Di Pietro nel 1998 e ora guidato da Ignazio Messina.
L’esistenza di un’interlocuzione tra i due gruppi è stata confermata dallo stesso Messina, che in un’intervista al Giornale.it ha detto: «C’è stato un contatto con alcuni di loro. Mi hanno chiesto se da parte nostre ci fosse la disponibilità ad avviare un confronto. E ho detto che non ci sono problemi in tal senso». A patto però che dall’unione con i ribelli nasca un «progetto serio». Il regista dell’operazione sarebbe il senatore Cinque stelle Elio Lannutti. Prima di entrare nel movimento fondato da Beppe Grillo aveva già militato proprio tra le fila del partito guidato dall’ex pm di Mani pulite. Secondo fonti interne al Movimento, anche il primo grande ex, Alessandro Di Battista, sarebbe in contatto con Idv. L’ex deputato ha però negato tutto: «Stupidaggini».
Un ritorno alle origini
A creare le condizioni per il nuovo gruppo la necessità di un numero minimo di senatori – dieci – e il simbolo, che deve essere già stata presentato nelle elezioni passate. La sfida più grande per l’abbraccio tra le due formazioni è l’eterogeneità dei transfughi Cinque stelle al Senato: sono quindici, ma non è detto che tutti siano d’accordo a stare insieme in un gruppo che non è il Movimento 5 stelle. Messina però è fiducioso, come ha detto a LaPresse, i fuoriusciti dal Movimento e l’Italia dei valori hanno «hanno molto in comune». In effetti, sia il partito fondato da Antonio Di Pietro e che i ribelli condividono alle loro radici la lotta per rendere meno corrotta la politica, o “giustizialista” come hanno detto i loro avversari. Ma prima di quello un antiberlusconismo viscerale che ha fatto la fortuna politica di entrambi.
Nella sua carriera da magistrato e politico, Di Pietro si è scontrato più volte con l’ex Cavaliere, che nel 1994 per cercare di rabbonirlo era arrivato a offrirgli il ministero dell’Interno. L’allora pm aveva rifiutato l’offerta dicendo di volere rimanere magistrato. Ma in seguito, si era candidato con l’Ulivo e nel 1998 aveva fondato il suo partito personale, l’Italia dei valori, divenuta una nel tempo la formazione politica più antiberlusconiana della Seconda Repubblica. Anche il Movimento delle origini traeva spunto dall’odio nei confronti del leader di Forza Italia e dalla frustrazione verso una sinistra spesso incapace di raccogliere le istanze del suo popolo.
Il tramonto berlusconiano ha, però, segnato anche la fine dei suoi avversari tout court. Dopo essere stata anche su percentuali attorno al sette per cento, oggi l’Italia dei valori non rientra neanche più nei sondaggi, mentre il movimento sembra avere deciso di sacrificare il suo «mai con Berlusconi» sull’altare di un “superministero” della Transizione ecologica tra l’altro non affidato a un suo esponente. Con il governo di Mario Draghi è tornato a Roma, Silvio Berlusconi. Così i due gruppi segnati dal fallimento di due stagioni politiche differenti, ma ravvicinate, potrebbero ora tentare un abbraccio che li salvi e li faccia tornare nell’agone, uniti dal vecchio comune nemico.
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