- È passata la linea dura di Fitto, spalleggiata dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che ha ridimensionato la spinta al dialogo dell’altro sottosegretario, Alfredo Mantovano.
- È stata vana l’attesa di informazioni dettagliate sul piano. Il ministro Fitto non ha dato risposte sullo sblocco della terza rata né ha indicato tempi chiari per la revisione definitiva.
- Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha sollecitato il governo a fare le riforme necessarie. E ha definito il salario minimo «utile alla giustizia sociale».
La relazione sul Pnrr è finita con una sfida alla Corte dei conti, nel giorno in cui il governo aveva appena incassato i rilievi del governatore Visco, al commiato dal suo incarico in Banca d’Italia. La proposta di proroga di un anno dello «scudo erariale», un salvacondotto che limita il controllo ai soli casi di dolo, ha finito per irritare i magistrati contabili.
L’emendamento al decreto Assunzioni nella pubblica amministrazione è arrivato nel pomeriggio di ieri alla Camera, dopo lo slittamento di un giorno. Uno sgarbo alla vigilia dell’incontro di oggi tra i vertici di palazzo Chigi e la Corte, con il rischio che si discuta di una decisione già presa. È passata la linea dura di Fitto, spalleggiata dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che ha ridimensionato la spinta al dialogo dell’altro sottosegretario, Alfredo Mantovano. Aveva suggerito di arrivare a una soluzione dopo il confronto. Invece niente: Mantovano non ha trovato il sostegno di Meloni e ha dovuto piegarsi.
Fitto ha cercato di minimizzare la tensione. «Trovate una mia sola parola di attacco nei confronti della Corte dei Conti e dei nostri interlocutori», ha detto in conferenza stampa, arrivando al limite della negazione della realtà. In effetti non ce ne sono state. Sono agli atti parlamentari a parlare. Pure nel merito delle misure, il ministro ha scaricato le responsabilità: «Lo scudo esisteva già, lo stiamo solo prorogando. È un’esigenza condivisa».
Nessuna informazione invece sullo sblocco della terza rata. Fitto ha rilanciato la palla in tribuna: «Siamo alla fase di verifica su ogni singolo obiettivo dei 55 previsti». Tempistica? Niente. Né tantomeno esiste un timing per la presentazione del Pnrr riveduto e corretto in salsa meloniana da proporre all’Unione europea. L’unica concessione: «Non lo daremo il 30 agosto sera». Fumo a volontà, dietro il quale non si intravede un pezzo di arrosto. Tutto in linea con quanto affermato da Meloni in cabina di regia: «Il piano è nato in un periodo storico diverso da quello attuale. La guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, gli shock energetici, economici e sociali che sono seguiti, hanno fatto emergere nuove priorità».
I consigli di Visco
Anche gli appelli del governatore Visco stanno cadendo nel vuoto. «Non c’è tempo da perdere, bisogna tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee». Nelle considerazioni annuali ha fornito molti spunti, suggerendo riforme per spingere la ripresa economica di pari passo con l’attuazione del Pnrr. «Oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, è cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto», ha ricordato riportando il dibattito a un principio di realtà.
«Va sottolineato con forza - ha aggiunto Visco - che il piano rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il paese». Un appello ad accelerare, anziché frenare, fantasticando sulla riscrittura del Recovery plan. Ed è stato dato un suggerimento che da Palazzo Chigi nemmeno sono intenzionati a valutare: «L’introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale», ha spiegato Visco. Il progetto non interessa al governo, immerso nel proprio mondo fatato.
La favola
Il Pnrr è come una favola illustrata del governo Meloni, con un castello di buone intenzioni e il racconto delle streghe cattive che c’erano prima, sotto forma di Conte e Draghi. Sono stati loro a rendere impervio il cammino verso il lieto fine. E nuovi cattivi compaiono lungo il percorso, come appunto la Corte dei conti, colpevole di svelare le falle della fiaba, e per questo ridimensionata. Nell'ennesima giornata di attesa per avere un quadro più chiaro sul piano, non c’è stato nulla di nuovo. La narrazione del ministro Raffaele Fitto resta quella dei primi mesi, bloccata sulla versione di un esecutivo che sta provando a risolvere i problemi creati da altri, in perfetta sintonia con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. L’obiettivo è «ottimizzare al meglio l'occasione che arriva dal Pnrr, compiendo scelte strategiche, chiare ed efficaci, velocizzando al massimo le procedure e garantendo che le risorse possano essere messe a terra», ha detto la premier.
Nient’altro, se non la solita comunicazione. Su tutto svetta il tentativo costante del ministro del Pnrr di confrontare l’Italia agli altri paesi europei, omettendo una specificità: questo piano è il più ricco in Ue.
Alla presentazione della relazione, trasmessa in queste ore al parlamento, Fitto non ha fornito né una data per la rielaborazione del piano né un dato numerico per indicare lo stato di avanzamento complessivo del Recovery plan. «Ci sono vari livelli da considerare», si è limitato a spiegare. E qui si capisce allora il fastidio verso l’operazione trasparenza portata avanti negli ultimi mesi dalla magistratura contabile, l’unico organo che ha fornito informazioni concrete sulla realizzazione effettiva del Pnrr. C’erano cifre sgradite che dovevano essere silenziate.
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