Una celebre copertina dell’Economist del 2001, poco prima delle elezioni politiche di quell’anno, presentava il volto di Silvio Berlusconi con la lapidaria espressione Unfit to lead Italy, e cioè inadatto al governare.

Suscitò grande scandalo presso i benpensanti di centro e di destra e addirittura Gianni Agnelli si erse a difesa dell’onore del nostro paese.

Sappiamo come è andata a finire quando Berlusconi, dieci anni dopo, sulla scia di una serie ininterrotta di figuracce internazionali, volgarità domestiche e dissipazioni di risorse ci ha portato sull’orlo dell’abisso finanziario. E a furor di popolo è stato accompagnato alla porta.

Palese inadeguatezza

Ora siamo di fronte a un caso analogo, seppure in sedicesimo, che riguarda il presidente del Senato Ignazio La Russa: anch’egli è inadatto a occupare la seconda carica dello stato. Per palese inadeguatezza.

Ci si poteva aspettare che La Russa, in quanto politico di lungo corso con alle spalle incarichi ministeriali, si sarebbe comportato diversamente dal militante nostalgico, una volta salito alla presidenza di palazzo Madama. Un ruolo così prestigioso avrebbe dovuto forgiare l’azione di chi occupava tale carica. Basti pensare al presidente della Camera, il clerical-reazionario Lorenzo Fontana, il quale, invece, non ha mai deragliato su nulla e ha mantenuto un ammirevole aplomb istituzionale.

Al contrario, La Russa, fin da subito, ha esternato su ogni cosa difendendo anche il ciarpame neofascista: ricordiamo come abbia trasformato i soldati della Wermacht uccisi nell’agguato di via Rasella, a Roma, in una placida banda militare al solo scopo di infangare la memoria partigiana (in sintonia con l’altra diceria falsa, ma riprodotta per decenni dalla destra, del rifiuto dei partigiani a costituirsi per salvare gli ostaggi: totalmente priva di fondamento).

In ultimo, dopo la marcia su Bologna dei camerati di CasaPound, La Russa ha dichiarato in una delle tante, compiacenti, interviste riservate dal Corriere della Sera ai dirigenti di Fratelli d’Italia, che la «sinistra deve recidere il cordone ombelicale con i violenti». Ovviamente senza portare alcuna evidenza di tale contiguità, come per la “banda musicale” di via Rasella. E ha continuato su questo tono evocando i momenti bui degli anni di piombo, senza mai accennare alle stragi fasciste.

Gli anni di piombo

Ricordando quel periodo, però, La Russa si addentra in campo minato, scoperchia il vaso di Pandora delle sue complicità con i neofascisti. Iniziamo dalla più recente: la partecipazione cinque anni fa a una iniziativa proprio di CasaPound, i fascisti del terzo millennio responsabili di una lunga lista di violenze. Al tavolo, a fianco dei camerati, sedeva proprio l’attuale presidente del Senato.

Ma se si va più indietro nel tempo non c’è che l’imbarazzo della scelta. Cosa ci faceva La Russa nel 2007 ai funerali, con tanto di croci celtiche e saluti fascisti, del terrorista Nico Azzi? Uno dei tanti giovani missini che facevano la spola tra il partito e i gruppi radicali e che venne preso in flagrante quando gli scoppiò in mano una bomba su un treno.

La strage avrebbe dovuto provocare – sono parole del terrorista –  una domanda d’ordine e infangare la sinistra a cui si sarebbe attribuita la colpa in quanto Azzi aveva copie del giornale Lotta Continua.

Se poi ritorniamo ai tempi del presidio neofascista di San Babila, a Milano, negli anni Settanta è lungo l’elenco delle aggressioni che partivano da quei giovani. In occasione dei raid punitivi per coloro che passavano in quei paraggi con un eskimo, simbolo di appartenenza alla sinistra, il giovane La Russa ha sempre trattenuto i suoi o si è accodato ai pestaggi?

Quello che è certo è che nell’aprile 1973, l’attuale presidente del Senato, in qualità di segretario del Fronte della Gioventù milanese partecipò al corteo non autorizzato che terminò con l’uccisione dell’agente Antonio Marino. Degli errori di gioventù ci si può emendare riconoscendoli. Non se si rivendica una continuità.

Allora, a quando la separazione del lungo e solido cordone ombelicale con le vicende della estrema destra, presidente La Russa? E infine, a quando un ricordo del militante di Lotta Continua Mario Lupo pugnalato a morte da neofascisti nel 1972, di Claudio Varalli ucciso nel 1975 da un giovane missino? O le commemorazioni valgono solo per Ramelli e gli altri neofascisti morti in quegli anni? (E sarebbe onesto ricordare che uno dei responsabili dell’aggressione a Ramelli si suicidò, oppresso dalla colpa, mentre chi è stato condannato per la strage di Bologna da anni scorrazza libero nello spazio pubblico).

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