- La Lega è nata come un partito regionale, regionalista e separatista. L’invenzione della Padania e delle camicie verdi, la secessione, i 3mila fucili bergamaschi sono tutte cose che Matteo Salvini ha nascosto, ma mai pienamente rinnegato.
- La Democrazia cristiana, al contrario, era un partito nazionale, a tratti anche in grado di rappresentare un sano nazionalismo patriottico. Una forza politica interclassista, del ceto medio impiegatizio.
- Dc e Lega Nord avevano in comune una parte della base sociale, quasi sovrapposta in Veneto, e il “culto” delle autonomie. Ma le “similitudini” cessano qui.
Sono in molti in questi giorni, pubblicamente e privatamente, a parlare e probabilmente sperare nella “svolta moderata” della Lega di Matteo Salvini. Goffredo Bettini, intervistato dal Foglio, ha tracciato una distinzione precisa tra gli eredi di Umberto Bossi e quelli di Giorgio Almirante. «Quella sull’allarme fascista è una polemica stantia ma FdI è una forza che si rifà a concetti illiberali», ha detto l’esponente Pd. Meglio quindi provare a investire su Salvini. Ma la Lega può veramente moderarsi fino a diventare una nuova Dc? La risposta sintentica è no. Proviamo ad articolarla.
Stato e secessione
La Lega è nata come un partito regionale, regionalista e separatista. L’invenzione della Padania e delle camicie verdi (che a tratti sembravano brune), la secessione, i 3mila fucili bergamaschi – mai esistiti ma evocati da Umberto Bossi – pronti a muovere contro Roma. E poi il ridicolo “assalto” al campanile di Venezia con un carro armato di cartone, la risalita del “sacro” fiume Po, le ampolle goliardiche, il vilipendio del tricolore, il razzismo territoriale e il comunitarismo. Tutte cose che Salvini ha nascosto, ma mai pienamente rinnegato.
La Democrazia cristiana, al contrario, era un partito nazionale, a tratti anche in grado di rappresentare un sano nazionalismo patriottico. Una forza politica interclassista, del ceto medio impiegatizio, della borghesia conservatrice e spesso anche di quella “piccola piccola” descritta magistralmente da Vincenzo Cerami. Nulla a che vedere con Lega dei ceti medi produttivi, sebbene poco riflessivi, dei padroncini, degli operai alienati dal sindacato e dalla sinistra vaporizzata.
Stati Uniti e Russia
Da un lato un partito atlantista, la Dc, dall’altro uno con coordinate internazionali assai confuse e contraddittorie, che oscilla tra la Russia putiniana e la Cina passando per i satrapi di Varsavia e Budapest, fino all’estrema destra, da Lisbona ad Atene.
I governi democristiani, obbligati certo dal contesto internazionale bipolare delle “sfere di influenza”, erano però pragmatici e oltre a un saldo legame con Washington erano abili in politica estera nel promuovere l’interesse nazionale in campo economico, militare, culturale, in una logica di dialogo. Non che mancassero le esclusioni dei “comunisti” di ogni risma, ma la dimensione internazionale correva su binari di difesa della democrazia e dei suoi cardini.
Centro e centrismo
In termini di collocazione politica, la Dc era essenzialmente un partito centrale, e solo a tratti “centrista”. Convivevano al suo interno una forte, organizzata, solida e autorevole, corrente di sinistra, una prevalente, ma non egemonica o dominante, componente cattolica-di governo, e una meno influente, ma non irrilevante di destra. Insieme a sottocorrenti di capi bastone e ministeriabili che avevano addentellati discendenti in decine di rivoli con diramazioni locali, impregnate di personalismo e scambi. Non sempre e non solo occulti.
Sin dagli albori la Lega lombarda si è proposta come una forza sopra e al di là dei partiti, qualcosa di altro. Un afflato anti sistema che esaltava le insoddisfazioni, le recriminazioni e i rigurgiti anti statali del nord-est. E in effetti i dati mostravano un (auto) collocamento centrale, una distribuzione a “campana” dei votanti leghisti sull’asse destra-sinistra.
Nelle zone bianche molto del voto democristiano si è spostato verso i nuovi “barbari sognanti” della Lega, àncora di salvataggio per gruppi di interessi e organizzazioni orfane di riferimenti politici travolti dagli scandali e dalla storia.
Un vuoto che il centrosinistra, tranne che nelle città e in alcune occasioni (vedi le Europee del 2014), non è riuscito a colmare, lasciando ampio spazio all’azione leghista. Dc e Lega Nord avevano in comune una parte della base sociale, quasi sovrapposta in Veneto, e il “culto” delle autonomie. Ma le “similitudini” cessano qui.
Industrialismo e assistenzialismo
In economia la Lega Nord ha perseguito l’industrialismo, l’anti statalismo e la variante No tax in una esaltazione dell’individualismo pre sindacale, organizzazioni considerate appunto un intralcio al laissez faire dei laboriosi (spesso evasori) padroncini.
Statalismo, assistenzialismo, industrialismo paternalista sul versante democristiano. E agenzie ministeriali per mitigare le disuguaglianze, ma anche per marcare il territorio e lubrificare i gangli del consenso e dello scambio. Gli aiuti di stato e l’economia statale di mercato, l’inflazione e il debito pubblico. Industriali interlocutori rilevanti, influenti, ma in logica negoziale.
Capo assoluto e capi corrente
E ancora, un capo fondatore scaltro, spregiudicato. Sanguigno, come Amintore Fanfani, ma senza la sua cultura politica e istituzionale. Un uomo/animale politico totale, uno degli ultimi del Novecento. Un cerchio magico di medi, mediani e a volte mediocri senza la stoffa per sfidare o tenere testa, salvo rari casi come ad esempio Roberto Maroni, al leader.
Un capo carismatico capace, da solo, e nel giro di una notte, di indurre alle dimissioni tutti i consiglieri leghisti eletti in seno alle aziende sanitarie locali, di ritirare la fiducia al governo Berlusconi o di riabbracciarlo durante una passeggiata conciliatrice in canottiera.
La Dc era invece il partito delle fazioni per eccellenza, delle correnti, dei personalismi, dei negoziati, degli scontri, delle rotazioni, degli equilibri instabili, delle lotte fratricide, delle alleanze precarie, dei tradimenti repentini. Ma anche delle discussioni, dei congressi, dei comunicati, dei discorsi pensosi e riflettuti per predisporre cambi di fase politica.
Sicurezza, giustizia e criminalità
La sicurezza, croce e delizia della Lega. Gli attacchi contro i meridionali e poi contro i migranti, africani soprattutto. Un cambio di sostantivo che non muta la sostanza. Per la Dc, invece, la sicurezza rimaneva sullo sfondo, criminalità urbana, contenimento del prorompere dei movimenti studenteschi e del terrorismo rosso/nero, contenimento del pericolo comunista e ordine pubblico. Con la mafia quale parola pronunciata sottovoce, a malapena; per anni, fino all’esplodere del bubbone e dei cadaveri eccellenti.
La corruzione e la legalità sono temi che accomunano Lega Nord e Dc in termini sostantivi, ma sono assai diversi quanto ad assunti valoriali. La Dc predicava, è il caso di dire, la probità e la correttezza, mentre la Lega è nata anche cavalcando la tigre indomita della lotta alla corruzione, ai reati contro lo stato e le casse pubbliche.
Sulla giustizia i percorsi divaricano ancora. La Dc interessata a garantire il complesso dell’amministrazione della giustizia, evitando strappi, non concedendo eccessi, limitando la politicizzazione dei giudici, e contenendone l’azione al di sopra della soglia di guardia. Il tutto senza eccedere, con riforme quasi-subite, certamente non promosse, dall’aborto al divorzio, e alla complessiva tenuta sulla pena di morte nella fase terroristica.
Viceversa, “Roma ladrona”, giustizia sommaria, sentenze immediate tipiche del razzismo, assoluzioni preconcette. Il cappio esposto in aula e le castrazioni chimiche, la pena di morte solo leggermente celata, e l’autodifesa come religione, non solo recente nel paniere salviniano, o la sua conversione garantista sui referendum.
Proprio Salvini con la sua cavalcata nazionalista, ha impressionato e lasciato basiti quanti hanno creduto all’impossibile. Ossia che il partito del duo Miglio-Bossi diventasse la Democrazia cristiana del Duemila per il solo fatto che ha limato, nemmeno tanto, alcune esternazioni e che ci sono alcuni amministratori locali in grado di sedere a tavola senza rovesciare la minestra.
La Lega di governo non è una novità, si tratta di un partito governista, per definizione, ma le girandole di alcuni ministeriali abili nel frequentare in modo felpato le stanze governative nulla mutano della natura del Carroccio: un partito di estrema destra.
Pertanto non bisogna illudersi se, puntuali come un jingle natalizio, tornano le pseudo analisi, o forse inconsce invocazioni, circa la presunta mutazione delle Lega (nord) in partito istituzionale, addirittura una novella “balena bianca”. Così, d’emblée, trasformando il brutto anatroccolo in un principe aitante e gentile.
La sostanza di partito di estrema destra e secessionista non cambia. Se a qualcuno mancasse la Dc, sappia che dovrebbe cercare lontano da via Sellerio.
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