Il leader Pd: «Diritti civili e sociali viaggiano insieme. Approvare la legge è un atto di civiltà» ed evoca il fallimento del 2007 sulle unioni civili, allora chiamate “Dico”. Parla anche Mattarella
- «Diritti civili e sociali devono viaggiare insieme. Non bisogna sminuire o demonizzare i distinguo affiorati in una parte della sinistra. Ma è la soluzione oggi migliore contro ogni discriminazione e atto d’odio».
- Oggi pomeriggio la legge viene esaminata in commissione al senato, i giallorossi pronti a respingere una nuova trappola del presidente leghista.
- Il Colle: «Negare il rispetto dovuto alla dignità umana minaccia i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica». Non entra nel merito della legge in discussione, ma è comunque un messaggio forte sul tema.
Nel corso del weekend sono state cinquanta le piazze a favore della legge contro l’omofobia in altrettante città d’Italia. E ieri è stato tutto un fiorire di panchine arcobaleno in giro per la penisola, dalla Liguria a Palermo, per la celebrazione della giornata mondiale contro l’omotransfobia. C’è una parte importante del paese ormai in mobilitazione irreversibile, e senza precedenti, a favore del ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia che oggi alle 15 inizierà a essere discussa in commissione Giustizia al Senato. Il Pd si mette in sintonia con le manifestazioni e promette di provarci fino in fondo. Il segretario Enrico Letta assicura che non ci saranno passi indietro. «Stavolta non dobbiamo fare lo stesso errore del 2007 coi Dico (acronimo di “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, ndr)», dice da Parigi, dove è andato per un impegno da presidente dell’Istituto Jacques Delors, l’unico incarico che ha mantenuto, senza compenso, da quando è stato eletto alla guida del suo partito. Letta ha ascoltato le critiche e le polemiche: «Non dobbiamo avere paura dei tanti che ci dicono: “Non è il momento di parlare di diritti civili”. È il momento, anzi è perfino tardi».
Lo scontro al Senato
Oggi i senatori dem si riuniranno per valutare come proseguire la battaglia. Palazzo Madama è l’epicentro dello scontro con la destra di governo e quella di opposizione. Il segretario non vuole alimentare il clima di guerra santa che la Lega ha provato a innescare. Sa anche che qualche dubbio serpeggia nel gruppo dem – ma ieri anche le voci più titubanti si sono espresse per l’approvazione della legge senza emendamenti – e raccomanda ai suoi di non «demonizzare il dissenso». La maggioranza sulla carta c’è, ma se non vuole finire in qualche trappola con il voto segreto, sarà necessario arrivare in aula solo dopo un lavoro di messa in sicurezza di quel delicato passaggio. È questo l’oggetto del confronto di oggi.
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, a suo modo ha teso una mano. «Che ci si ponga il problema di difendere le persone omosessuali da insulti omofobi, aggressioni o violenze, non è né è mai stato un problema, ci mancherebbe. Tutte le creature devono essere difese, protette e tutelate. Però la legge dev’essere chiara e non prestarsi a sottointesi», ha spiegato al Corriere della sera. Un autorevole via libera alla legge, e insieme una severa richiesta di modifica. Ma se la legge fosse modificata dovrebbe tornare alla Camera per la terza lettura, e date le incertezze della legislatura, rischierebbe di finire su un binario morto. È l’obiettivo della destra, e il rischio che i giallorossi debbono scongiurare. Oggi in commissione il presidente leghista Andrea Ostellari potrebbe tentare di far passare l’abbinamento con il testo presentato da Forza Italia e Lega, il ddl 2205 a firma Ronzulli, Salvini e Quagliariello. I giallorossi hanno già ottenuto, con un voto a maggioranza, che il testo base resti quello approvato alla Camera e promettono muro anche su questa ennesima forzatura. «Il testo della destra non ha lo stesso valore, né dal punto di vista delle persone da proteggere per la loro soggettività, né per il Codice penale», spiega a Radio Immagina Monica Cirinnà, madre della legge sulle unioni civili (2016), «perché non si introduce un’aggravante speciale come nel nostro ddl. Se la commissione diventerà un pantano, dobbiamo tenerci la carta di portare il ddl direttamente in aula, senza relatore».
Indietro nel tempo
Enrico Letta chiede di essere aggiornato passo per passo. Ma al di là delle tattiche parlamentari, al segretario la vicenda della legge Zan ricorda un episodio della sua vita politica, e anche un appuntamento con la storia che il centrosinistra perse. La vicenda dei Dico, appunto. All’epoca era sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Romano Prodi era a palazzo Chigi. L’iter della legge si interruppe nel 2008 con la caduta del governo, e anzi con il senno di poi Letta ricostruisce che il deragliamento dei Dico fu il primo segnale della fine imminente. La legge sulle unioni civili arrivò nove anni dopo, molto più tardi di altri paesi europei, segno del ritardo dell’Italia, ma anche del Pd. Per Letta stavolta non deve andare così. «La nostra identità si consolida proprio con scelte radicali che diano senso e concretezza a un’idea di progresso per il XXI secolo», spiega. «Non è una gara tra valori e diritti da una parte e proposte concrete per la vita delle persone dall’altra. Chi lo dice ha una idea vecchia di sinistra. Diritti civili e sociali devono viaggiare insieme. E approvare subito il ddl Zan è semplicemente un atto di civiltà. Ciò non significa sminuire o demonizzare i distinguo affiorati in una parte della sinistra. Significa scegliere la soluzione oggi migliore contro ogni discriminazione e atto d’odio».
L’insistenza sulla Zan è un capitolo della sua proposta di un nuovo Pd, che racconterà ai circoli e alle agorà democratiche nelle prossime settimane con le presentazioni di Anima e cacciavite il suo libro in uscita il 27 maggio (l’editore è Solferino). Diritti e politiche pubbliche per un partito «progressista nei valori, riformista nel metodo, radicale nei comportamenti».
Se una parte del paese in questi ultimi giorni si è mobilitata, ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è rivolto invece a tutti e tutte con un messaggio inequivocabile in occasione della giornata contro l’omofobia: «Disprezzo, esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé, rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili, serve riaffermare la centralità del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Le attitudini personali e l’orientamento sessuale non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica». Per il presidente «la ferita inferta alla singola persona offende la libertà di tutti», e «non sono pochi gli episodi di violenza, morale e fisica che, colpendo le vittime, oltraggiano l’intera società». Secondo Gay Help Line nel 2020 in Italia le minacce e i ricatti subiti da persone Lgbt sono aumentati dall’11 per cento. Le parole del Colle ricalcano quelle già usate negli scorsi anni nella stessa occasione. Stavolta però arrivano nel pieno del dibattito sulla legge Zan. Il presidente non si vuole inserire nel dibattito politico su una legge in discussione in parlamento. Ma l’effetto del suo appello è comunque forte.
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