Abbiamo letto le carte dell’inchiesta condotta dalla Procura Federale della Figc sul caso tamponi. Tramontata l’ipotesi del patteggiamento, la Lazio affronta il primo grado del processo sportivo col rischio di subire pesanti danni in classifica.
- La procura Figc guidata da Giuseppe Chiné accusa la società romana di non avere applicato adeguatamente i protocolli Covid, per non avere fornito tempestivamente alle Asl competenti le notizie di positività e non avere disposto adeguato isolamento dei positivi.
- La confusione fra i tamponi effettuati prima delle gare di campionato e quello effettuati prima delle gare di Champions League, affidati a due diversi laboratori, ha provocato per singoli calciatori delle oscillazioni in pochi giorni fra positività e negatività.
- Il processo sportivo, con inizio il 16 marzo presso il Tribunale Federale Nazionale, pone ancora una volta al centro la figura del dirigente più divisivo del calcio italiano.
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LaPresse
Lui c'entra il giusto. È questa la linea difensiva che il presidente Claudio Lotito terrà nel processo sportivo sul “Caso tamponi” che coinvolge la Lazio: fare il non-Lotito, cioè l'esatto contrario del presidente iper-accentratore che il mondo del calcio conosce dacché lo accolse nell'estate del 2004. Questo essere altro da se stesso troverà sponda nel sistema interno di governance della SS Lazio, cioè la struttura duale con composita articolazione interna che impedirebbe di attribuirgli la responsabilità di eventuali condotte dolose o colpose. E tale interpretazione metterebbe la società biancazzurra al riparo dal rischio della responsabilità diretta e di esposizione alle sanzioni più dure.
È quanto si scopre dalla lettura degli atti e allegati dell'inchiesta condotta dalla Procura Federale Figc che ha portato al deferimento della S. S. Lazio, del suo presidente Claudio Lotito, del responsabile sanitario dottor Ivo Pulcini e del medico sociale dottor Fabio Rodia. Atti e allegati che Domani ha potuto visionare in esclusiva.
Si tratterà di una battaglia legale durissima, non soltanto per via dei soggetti coinvolti ma anche perché ci si avventura per la prima volta nel terreno della gestione che il calcio ha fatto e dovrà fare dell'emergenza Covid.
Il caso tamponi ne è stato il più evidente cortocircuito e dal suo esito nelle aule della giustizia sportiva verranno delle indicazioni per l'intero sistema. Ma quella durissima battaglia legale potrebbe iniziare con un rinvio, chiesto dalla Lazio perché la data di apertura del procedimento, 16 marzo, è il giorno antecedente la gara di Champions League della Lazio a Monaco di Baviera contro il Bayern.
Per questo l'avvocato Gian Michele Gentile ha già inoltrato al Tribunale Federale Nazionale richiesta di rinviare al 23 marzo l'apertura del procedimento, o quantomeno di inserire non prima di quella data la presenza in aula dei tesserati della Lazio.
Un sistema con molte falle
L'impianto accusatorio della Procura si basa su circostanza ben definite: tre mancate “tempestive comunicazioni” di positività alle Asl competenti, relativamente a un numero variabile di tesserati risultati positivi al tampone Covid in prossimità delle gare Club Brugge-Lazio (Champions League, 28 ottobre 2020), Torino-Lazio (Serie A, 1 novembre 2020) e Zenit San Pietroburgo-Lazio (Champions League, 4 novembre 2020); l'avere consentito, o non avere impedito, a tre calciatori di partecipare all'allenamento del 3 novembre unitamente al resto del “gruppo squadra” nonostante che la positività dei tre fosse nota (secondo la ricostruzione della Procura, beninteso) al medico sociale; e il non avere sottoposto al periodo di isolamento obbligatorio (10 giorni) in caso di asintomaticità due calciatori, che invece sono stati utilizzati o iscritti a referto in occasione di due gare di campionato.
La sequenza delle partite, che oltre alle tre menzionate comprende Lazio-Juventus del 8 novembre 2020, si snoda lungo due binari di competizione cui corrispondono due sistemi di controllo: quello italiano sotto l'egida della Figc e quello europeo sotto l'egida dell’Uefa.
Il cortocircuito scaturisce da questo intreccio, ma anche dalla complicata articolazione fra protocolli Covid e autorità sanitarie locali e regionali. Un mosaico complicato, forse anche incompleto, certamente pieno di falle.
Una fra queste sarebbe la premessa di un punto tra i più controversi della vicenda: la scelta del laboratorio avellinese Futura Diagnostica (di cui è proprietario Walter Taccone, ex presidente dell'Avellino calcio) come struttura di fiducia scelta da S. S. Lazio per far prelevare i processare i tamponi dei propri tesserati, relativamente all'applicazione del protocollo di ambito Figc.
Perché una struttura fuori regione? A tale quesito ha fornito risposta il dottor Fabio Rodia nel corso dell'audizione tenuta coi rappresentanti della Procura federale il 12 novembre 2020. Si legge nel testo: «Con particolare riferimento alle motivazioni per cui la SS Lazio si è rivolta ad un laboratorio di Avellino per l’effettuazione dei tamponi, ha dichiarato che tale scelta è stata fatta in quanto nella Regione Lazio non gli risulta che i tamponi molecolari possano essere effettuati da struttura private precisando, altresì, di aver solo richiesto alla S.S. Lazio che la struttura di Avellino fosse munita dei requisiti di legge».
Qui Avellino a voi Calenzano
Il sistema di controllo applicato alle competizioni di ambito Uefa procede lungo un altro binario e coinvolge un altro soggetto per la somministrazione dei tamponi e il loro processamento. Si tratta di Synlab, una rete internazionale dei servizi di laboratorio e della diagnostica medica cui la confederazione calcistica europea affida i prelievi e le analisi che rientrano nel protocollo Covid.
Come nel caso dei tamponi analizzati da Futura Diagnostica, essi vengono somministrati presso il centro sportivo della Lazio a Formello ma poi sono analizzati altrove.
La struttura di Synlab che analizza il materiale proveniente da Formello è un laboratorio di Calenzano, comune della cintura metropolitana fiorentina.
È qui che in occasione di due prelievi successivi, effettuati alla vigilia delle gare di Champions League contro Club Brugge (partita in calendario il 28 ottobre, prelievo effettuato il 26 ottobre) e Zenit San Pietroburgo (partita in calendario il 4 novembre, prelievo effettuato il 2 novembre), risultano positivi al Covid dapprima 9 e poi 8 tesserati della Lazio.
In totale si tratta dunque di 17 positività, numero rispetto al quale bisogna fare alcune precisazioni. In primo luogo, uno dei nove positivi al prelievo del 26 ottobre risulterà negativo dopo la ripetizione del test (re-sampling) effettuata l'indomani. In secondo luogo, non tutti i tesserati risultati positivi sono calciatori.
Infine, elemento cruciale perché da esso scaturisce il procedimento della procura federale, quattro dei calciatori positivi al test del 2 novembre erano già risultati positivi al test del 26 ottobre. Uno fra loro, anziché essere posto in isolamento, sarà iscritto a referto nella gara di campionato in calendario fra le due di Champions. Torino-Lazio. Una scelta dettata dal fatto che egli risulti negativo dopo il giro dei tamponi effettuato il 30 ottobre a cura di Futura Diagnostica.
Il calciatore in questione inizierà la gara in panchina ma poi entrerà nella ripresa.
Tre per uno
È stato detto che i calciatori non sottoposti a isolamento fra un tampone Synlab e l'altro sarebbero tre. E dato che i loro nomi sono stati stra-menzionati da giornali e siti web, non si compie certo una violazione se li si riporta: si tratta del portiere Thomas Strakosha, del centrocampista Lucas Leiva Pezzini e dell'attaccante Ciro Immobile. Si tratta degli stessi nomi contenuti nell'esposto inviato il 3 novembre alla Procura federale, alla Figc e alla Lega di Serie A dal Torino F. C. e firmato dal presidente Urbano Cairo. Un esposto a cui farà seguito un'ulteriore missiva datata 6 novembre, dove si fa riferimento ai possibili danni subiti dai tesserati della società granata e a una “alterazione del regolare svolgimento di gara”.
Rispetto alla versione che vorrebbe coinvolti tre calciatori laziali in questa doppia negatività, con una positività nel mezzo, la lettura delle carte rivela un'altra versione: soltanto uno fra i tre era risultato positivo prima della gara contro il Club Brugge, vedendo confermato l'esito prima della gara contro lo Zenit San Pietroburgo. Né sarà lui il calciatore portato in panchina contro la Juventus senza che gli sia stato fatto rispettare il periodo di isolamento di almeno 10 giorni.
Nell'atto di deferimento presentato dalla procura federale e divulgato pubblicamente attraverso il sito della Figc si parla di “un calciatore” utilizzato in occasione di Torino-Lazio del 1° novembre e di “un calciatore” inserito nella distinta di gara in occasione di Lazio-Juventus del 8 novembre.
I nomi, omessi nel comunicato ufficiale, sono visibili negli atti della Procura federale unitamente a quelli degli altri positivi ai tamponi Synlab del 26 ottobre e del 2 novembre e ai tamponi Futura Diagnostica del 30 ottobre (in quel caso furono tre i calciatori del gruppo squadra a essere fermati).
Eye in the Sky
Al di là della confusione circolata sui media riguardo al numero di calciatori altalenanti fra positività ai test Synlab e negatività ai test Futura Diagnostica, c'è da guardare alla dimensione complessiva dell'inchiesta condotta dalla Procura federale Figc e dell'accusa rivolta alla S. S. Lazio.
Secondo la struttura guidata da Giuseppe Chiné la Lazio avrebbe commesso infrazioni di più vasta portata in materia di comunicazione alle Asl competenti e di applicazione dei protocolli Covid. E fra i tanti episodi presi in esame vi è quello dell'allenamento tenuto la mattina del 3 novembre 2020, alla vigilia della gara contro lo Zenit San Pietroburgo ma anche nelle stesse ore in cui sulla piattaforma “plasma” dell'Uefa venivano pubblicati gli esiti dei tamponi prelevati e processati il giorno precedente da Synlab.
Su questo fronte la cronologia è serrata. L'inserimento degli esiti avviene a cavallo della mezzanotte fra il giorno del prelievo e il successivo. Quindi la comunicazione al referente medico della società, nello specifico il dottor Rodia, si ha nella mattinata.
Tre fra i calciatori risultati positivi si allenano quella mattina del 3 novembre e poi, come si legge nelle carte della Procura federale, si allontanano «con mezzi propri».
Per stabilire una connessione fra gli orari delle comunicazioni telefoniche con cui Rodia è stato avvertito della positività dei tre calciatori e gli orari dell'allenamento, la Procura federale ha richiesto a Sky Sport le videoriprese dell'allenamento di quella mattina. Evidente che si trattasse di stabilire se lo staff medico-sanitario avesse avuto o meno un lasso di tempo sufficiente per impedire che i tre positivi partecipassero all'allenamento.
Come emerge dalle carte, a specifica richiesta Sky risponde di non essere in grado d'indicare l'orario esatto della registrazione.
Lotito fa il Lotito
Attivata il 3 novembre in conseguenza di alcuni articoli apparsi sulla stampa quotidiana e dell'esposto inviato dal presidente torinista Urbano Cairo, la procura guidata da Chiné fissa le prime audizioni e stabilisce un filo diretto con la Procura della repubblica di Avellino, che dal canto suo sta indagando su Futura Diagnostica.
Sul versante avellinese la richiesta della Procura federale di acquisire atti non dà seguito per esigenze di riservatezza investigativa da parte della procura irpina. Che dal canto suo, lo scorso 18 febbraio, ha disposto l'esame del Dna tramite prelievo salivare per Strakosha, Leiva e Immobile.
Lo scopo sarebbe eliminare ogni dubbio sull'attribuzione ai tre calciatori dei tamponi prelevati prima di Lazio-Juventus del 8 novembre, che la Procura avellinese dovrà far rianalizzare.
Quanto alle audizioni tenute dalla Procura Figc, emerge l'attivismo di Lotito nell'affrontare la marea montante. Se ne era già avuta testimonianza in occasione delle ispezioni effettuate dalla Procura federale nel quadro dei controlli sull'applicazione dei protocolli Covid.
Programmate prima che il caso tamponi esplodesse, le ispezioni finiscono per coincidere con esso. In agenda per il 22, 28 e 31 ottobre, esse vedono in prima linea il presidente laziale. Ma non è soltanto in quell'occasione che Lotito marca una forte presenza.
È lui che la mattina del 27 ottobre chiama il dottor Cosimo Ottomano, responsabile del Synlab di Calenzano, per ottenere il re-sampling dei tamponi effettuati in vista di Club Brugge-Lazio.
Dal verbale dell'audizione resa il 6 novembre dalla dottoressa Cristina Lapucci, coordinatrice dell'unità di biologia molecolare per Covid-19 delle sedi italiane di Synlab, si scopre che il presidente laziale sfoggi pure un talento da infettivologo provando a convincerla delle proprie ragioni.
Si legge nel verbale, a proposito dei tamponi effettuati il 2 novembre: «In quest'ultimo caso con il presidente della Lazio Lotito ho interloquito io; il punto sul quale lui insisteva era che, sostanzialmente, 3 dei pazienti positivi erano pazienti post-quarantena, guariti o negativizzati in una posizione di infezione tardiva. Lui sosteneva che i tesserati in parola non erano infettivi ma gli ho spiegato che il laboratorio non entra nel novero dell'infettività ma in quello della positività ed in via cautelativa tutti i pazienti positivi li consideriamo infettivi».
Quelli sono giorni in cui il presidente laziale si cimenta con buona lena sull'argomento. Nemmeno una settimana dopo, nel corso di un'intervista, prova a demolire a modo suo il concetto di “positivo”: «Ma che vuol dire positivo? Positivo vuol dire contagioso, no? Anche nella vagina delle donne, di tutte le donne del mondo, ci sono i batteri. Ma mica tutti sono patogeni, solo alcuni in alcuni casi diventano patogeni e degenerano».
E al di là dell'argomentazione, questo è il Lotito che fa il Lotito. E invece, nella prospettiva del processo sportivo che inizierà il 16 marzo, il presidente laziale proverà a essere qualcosa di altro da sé.
Strategia 231
Sono in corso le grandi manovre e fra le tante ipotesi si è fatta largo quella del patteggiamento. Proposto da chi? Una versione dava la proposta avanzata dalla Procura e respinta dalla Lazio. Più accreditata la versione di un sondaggio fatto dallo storico avvocato della Lazio, Gian Michele Gentile, di un patteggiamento su base pecuniaria ma senza sanzioni come la penalizzazione in classifica o l'inibizione degli incolpati. Naufragata pure questa.
C'è in ballo la questione della responsabilità diretta, con possibile penalizzazione per la Lazio e vittorie a tavolino per Torino e Juventus.
La classifica verrebbe ampiamente riscritta e per Lotito, che è anche consigliere federale in quota Lega Serie A, si tratterebbe di un grave problema. Per questo è stata preannunciata la “Strategia 231”. Che non è uno schema per il gioco d'attacco ma un riferimento alla legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese.
Tale strategia è stata prefigurata durante un'audizione coi rappresentanti della Procura federale tenuta presso lo studio dell'avvocato Gentile il 15 febbraio, cioè il giorno prima che venisse ufficializzato il deferimento.
La tesi è che nella complessa struttura d'impresa della Lazio, che applica il sistema di governance duale con separazione fra un Consiglio di Sorveglianza e un Consiglio di Gestione, le responsabilità sono ripartite fra i settori in modo capillare.
Lotito, che come specificato in testa al verbale è presente «in qualità di presidente del consiglio di gestione e legale rappresentante della S. S. Lazio S.p.A.», dichiara che «in virtù delle dimensioni e complessità della SS Lazio, io non posso seguire tutti i rami della attività e funzioni aziendali», che si è occupato «delle ‘problematiche tamponi» soltanto “«n situazioni eccezionali» e perché «i miei organi mi hanno investito per assumere una posizione ufficiale della SS Lazio».
Lotito che delega e si attiva dietro input «dei suoi organi». Praticamente una mutazione antropologica. Basterà per convincere il Tribunale Federale Nazionale?
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