Apparentemente, il figlio di Gianroberto
ha più da perdere dal conflitto con i Cinque stelle. Ma “spegnere” la piattaforma Rousseau significa paralizzare gli Stati generali- Il conflitto tra Davide Casaleggio e la leadership del Movimento rischia di trascinarsi per mesi e paralizzare il partito, bloccando gli "stati generali" per scegliere il nuovo leader.
- Il simbolo del partito e i dati degli iscritti appartengono al Movimento, ma se Casaleggio sospendesse l'attività di Rousseau il Movimento non avrebbe altra scelta che organizzare un congresso tradizionale
- È una soluzione che alcuni auspicano dentro il Movimento, ma i membri del governo sperano invece in un congresso rapido, che metta da parte le questioni interne e permetta loro di concentrarsi sul Recovery Fund
Il Movimento 5 stelle rischia di rimanere paralizzato dopo che Davide Casaleggio ha minacciato di bloccare il sito internet del partito e tutti gli altri servizi che gli fornisce tramite la sua Associazione Rousseau. Lo scontro è scoppiato domenica, con lo scambio di messaggi minacciosi tra Casaleggio e i garanti del partito, tra cui il capo ad interim Vito Crimi.
Uno scontro così grave e plateale tra Casaleggio e i leader del partito fondato da suo padre Gianroberto era impensabile fino a non molto tempo fa. Ma negli ultimi mesi le numerose sconfitte elettorali e l’insoddisfazione di molti parlamentari per quelle che sono percepite come le crescenti ingerenze di Casaleggio nella vita politica del movimento hanno fatto precipitare la situazione.
Se lo scontro non sarà risolto, rischia di scoppiare una battaglia legale che potrebbe trascinarsi per mesi, se non per anni. Nell’immediato, il Movimento potrebbe trovarsi costretto a rimandare a data da definirsi il congresso con cui punta a rinnovare la sua leadership e la sua immagine, obbligandolo a condurre la complicata battaglia sul Recovery Fund e la legge di bilancio in una condizioni di debolezza.
Il simbolo e gli iscritti
Come in tutte le scissioni, la domanda è a chi rimarrà la cassa del partito. Nel caso del Movimento 5 Stelle, che non ne ha mai voluto sapere di considerarsi partito e che ha fatto della dematerializzazione il suo tratto distintivo, la cassa è rappresentata dalla proprietà del simbolo e dei dati di profilazione degli iscritti. Dunque, nel caso in cui davvero il gruppo parlamentare dei Cinque stelle dividesse la sua strada da quella di Davide Casaleggio il quesito è a chi rimarrebbe il brand che hanno creato insieme.
La titolarità del simbolo è questione finita in tribunale e si complica a causa del sovrapporsi delle tre associazioni denominate “Movimento 5 Stelle” che si sono susseguite dal 2009 al 2017. «L’ultima sentenza è del tribunale di Genova, su cui pende un ricorso con prima udienza fissata il 29 ottobre, ha stabilito che il simbolo dei Cinque stelle e il nome appartengono all’associazione fondata nel 2012, di cui i soci sono Beppe Grillo, il nipote Enrico Grillo e il commercialista Enrico Maria Nadasi» dice l’avvocato Lorenzo Borrè, che rappresenta i dissidenti del Movimento e aveva presentato il ricorso avviato da 33 attivisti della prima ora contro la nuova associazione. Questa associazione, però, ha concesso in comodato gratuito l’utilizzo del simbolo all’associazione del 2017, i cui soci fondatori sono Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, che figura anche come capo politico. Di conseguenza, dunque, il simbolo rimarrebbe nelle mani del Movimento 5 Stelle e l’unica eventuale rivendicazione di Casaleggio potrebbe riguardare la rimozione dal logo della scritta blogdellestelle.it, perché il Blog delle Stelle è il canale di comunicazione ufficiale sia del Movimento che dell’associazione Rousseau, che è anche proprietaria del dominio. «L’associazione Rousseau è titolare del brand, dunque può pretenderne la rimozione», conferma Borrè. Eppure, anche se Casaleggio procedesse in questa direzione, non si tratterebbe di una mossa particolarmente dolorosa per l’immagine del Movimento perchè far scomparire quella particolare dicitura dal simbolo non avrebbe effetti sostanziali di riconoscibilità.
L’altra ricchezza immateriale sono i dati di profilazione degli utenti: un tesoretto di informazioni che, secondo l’ultimo dato disponibile, riguarda circa 175mila attivisti. Anche in questo caso le posizioni dell’associazione Movimento 5 Stelle e dell’associazione Rousseau sono connesse: la prima è titolare del trattamento dei dati, la seconda è invece il soggetto che li gestisce. Dunque, in caso di separazione, i dati rimarrebbero nella disponibilità del solo Movimento 5 Stelle e Casaleggio non avrebbe più il diritto di utilizzarli.
In un bilancio complessivo, chi ha più da perdere sembrerebbe Davide Casaleggio, che è sì socio fondatore dell’associazione Movimento 5 Stelle del 2017 ma non ha alcun titolo per reclamare la titolarità del brand o dei profili. Eppure, proprio lui e l’associazione Rousseau continuano ad avere in mano il potere di mandare in tilt, almeno temporaneamente, l’intera macchina decisionale dei Cinque stelle.
Un congresso senza Casaleggio
Lo scontro con Casaleggio rischia di complicare il progetto di congresso del Movimento 5 stelle, i famosi “stati generali” che serviranno a scegliere una nuova guida del partito e a dargli una nuova forma organizzativa. Se Casaleggio togliesse ai leader del Movimento l’accesso alla piattaforma, organizzare il congresso diventerebbe pressoché impossibile, almeno nel breve termine.
Il Movimento si troverebbe senza lo strumento necessario ad effettuare le votazioni online e del luogo virtuale dove si organizzano i suoi gruppi territoriali. Nella peggiore delle ipotesi perderebbe l’accesso agli elenchi e agli indirizzi dei suoi stessi iscritti.
Nessuno al momento sa cosa accadrebbe se lo scontro arrivasse a questo punto. Probabilmente, il Movimento sarebbe costretto a ricorrere ad altri metodi per portare avanti il suo congresso. Dovrebbe convocare fisicamente i suoi circoli territoriali, scegliere delegati ed inviarli ad un vero e proprio congresso, insomma, come quelli realizzati dai partiti tradizionali, in Italia e all’estero.
Per quanto al momento quest’ultima appaia una possibilità remota, alcuni all’interno del Movimento la auspicano e la considerano un’opportunità. Il gruppo del Movimento “Parole guerriere” ad esempio, formato da circa 30 membri raccolti intorno alla deputata Dalila Nesci, chiede da tempo non solo la separazione totale del Movimento dall’Associazione Rousseau, ma anche l’organizzazione di un vero congresso che parta dai territori, si organizzi in mozioni e si concluda con un voto da parte di persone in carne ed ossa in un’assemblea fisica.
Questa proposta non piace molto ai membri del Movimento che fanno parte del governo. Una settimana fa, dopo essersi riuniti in un agriturismo in periferia di Roma, hanno chiesto un congresso “in tempi rapidi”. Insieme a molti parlamentari impegnati nelle varie commissioni vogliono che la nuova leadership sia scelta in fretta, così da poter condurre senza incertezze e da una posizione di maggior forza relativa le future trattative sui fondi del Recovery Fund e la prossima sessione di bilancio. Sono loro che avrebbero più da perderci da una rottura senza appello con Casaleggio. Per questo in molti, dentro il Movimento, ritengono che nei prossimi giorni ci sarà un incontro tra Casaleggio e i leader del governo per tentare di evitare uno strappo dal quale nessuno, o quasi, avrebbe da guadagnare.
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