Nella squadra di governo il ministro della Cultura viene venerato e descritto come una delle persone più competenti d’Italia. A lui e alla sua colta squadra di consiglieri è affidato il compito di cambiare i connotati culturali dell’Italia e rovesciare l’egemonia della sinistra. Vasto programma
- Nella squadra di governo, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, viene venerato e descritto come una delle persone più competenti d’Italia.
- L’obiettivo è profondo: cambiare i connotati culturali del Paese e rovesciare l’egemonia della sinistra. I casi del Salone del libro di Torino e la riconquista della Rai sono due momenti significativi.
- Per realizzare il proprio progetto, Sangiuliano si è affidato a una nutrita schiera di collaboratori. Solo per i consiglieri, da Giubilei a Venezi, sono messi sul conto del ministero spese di stipendi per 360mila euro all’anno.
Accolto e riverito come l’uomo della cultura della destra, Gennario Sangiuliano è l’alfiere chiamato a rovesciare l’egemonia culturale finora attribuita alla sinistra.
La definizione di «Dante come fondatore del pensiero di destra italiano» è apparsa come un’iperbole, ma ha rappresentato in realtà il segnale dell’ambizione di chi l’ha pronunciata.
Il ministro della Cultura è considerato la figura chiave che deve cambiare la «narrazione del paese», come ha affermato il sottosegretario del suo dicastero, Gianmarco Mazzi, al termine dell’ultimo Festival di Sanremo, che dalle parti del Mic, acronimo del ministero, non è affatto piaciuta.
Troppo progressismo, troppo giovanilismo, e quel tocco di gender fluid che non è andato giù alla destra di governo. Il contrario del Paese che sognano i conservatori. Ecco che quindi tocca soprattutto a Sangiuliano rimodellare la visione della società con un sapiente lavorio su più fronti, sfruttando una indubitabile capacità comunicativa, legata alla professione di giornalista.
Da direttore del Tg2 ha saputo imporsi come un personaggio centrale nel centrodestra a trazione Fratelli d’Italia.
Presenzialismo conservatore
Nella squadra di governo viene venerato e descritto come una delle persone più competenti d’Italia. Un concetto ripetuto quasi come un mantra per rafforzare il compito che ricopre.
Il ministro incassa il sostegno, sa che è molto ascoltato e per questo si muove su più livelli, in maniera più indipendente rispetto ad altri colleghi dell’esecutivo. In che modo? Presenzia a eventi e incontri, senza badare dall’imprinting culturale, dimostrando di non disdegnare l’idea di portare la visione conservatrice in territori avversari, dove le tesi sono altre. Anche se, poi, sui social detta le linee, promuovendo libri di area.
Un esempio tra i tanti è quello Dio, patria e famiglia dopo il declino di Marcello Veneziani, manifesto di una destra che si muove tra i valori cosiddetti tradizionali e le sfide della contemporaneità.
E sempre sui social è molto attento a celebrare i grandi dell’arte italiana, commemorando la data di nascita dei cantanti Lucio Dalla e Lucio Battisti, così come gli anniversari di attori, monumenti della commedia italiana, come Alberto Sordi e Massimo Troisi. L’audience è inevitabilmente favorevole: la fama di questi personaggi va oltre ogni appartenenza.
Da Torino alla Rai
Così se da un punto di vista pratico si occupa del patrimonio artistico e del salvataggio degli spazi della cultura, l’obiettivo è profondo: cambiare i connotati culturali dell’Italia, un’ossessione per la destra che vede troppa sinistra nell’arte e nello spettacolo.
Lo ha detto senza troppi giri di parole Pino Insegno, che ha presentato le convention elettorali più importanti del centrodestra degli ultimi mesi, incluse le ultime Regionali in Lazio.
La recente polemica sulla direzione del Salone del libro di Torino indica come il vento sia cambiato. L’eredità di Nicola Lagioia era destinata a essere raccolta da Paolo Giordano insieme alla scrittrice e traduttrice Elena Loewenthal.
Ma c’è stata una battuta d’arresto. «Negli ultimi giorni ho avvertito che non ci sarebbe stata piena libertà, per me necessaria per accettare l’incarico di direttore del Salone», ha spiegato Giordano.
La longa manus governativa avrebbe richiesto la presenza di figure gradite al mondo della destra nel comitato editoriale. Sangiuliano non ha commentato, affidando la replica al sottosegretario, Vittorio Sgarbi, che ha negato pressioni politiche. Agli atti resta la decisione di Giordano di rinunciare all’incarico.
Il ministro è poi destinato a essere anche l’uomo chiave della «nuova Rai», quella che dovrà cambiare la narrazione del Paese, rifacendosi alle parole di Mazzi. Da ex direttore del Tg2, Sangiuliano conosce molto bene l’azienda per cui ha lavorato 20 anni e sa il peso che ha dal punto di vista della formazione culturale.
E in base alle sue esperienze, secondo le indiscrezioni, sarebbe stato lui a frenare gli ardori di cambiamenti repentini ai vertici del servizio pubblico, con la cacciata dell’ad Carlo Fuortes: conosce i tempi e le modalità, che richiedono prudenza per evitare clamori.
La schiera dei consulenti
Per realizzare il proprio progetto, Sangiuliano si è affidato a una nutrita schiera di collaboratori. Al netto degli uffici di staff, solo per i consiglieri sono messi sul conto del ministero spese di stipendi per 360mila euro all’anno.
Certo, sulla sua immagine pesa l’addio di Marina Nalesso, scalfendo un cammino finora all’insegna della minima attenzione ai dettagli. Ma la macchina comunicativa non si è inceppata, affidata ad Andrea Petrella, che alle spalle ha una lunga esperienza di comunicazione dei gruppi parlamentari. Dopo gli anni tra Camera e Senato, c’è stato l’approdo al Cnel e alla Corte dei Conti per cui ha curato i rapporti con i media prima della chiamata al Mic.
Il progetto di Sangiuliano ha varie diramazioni, con tocchi pop, come rivela l’accordo con il paroliere di Lucio Battisti, Mogol, diventato – a titolo gratuito – consigliere per la cultura popolare.
Altro nome noto al grande pubblico è quello di Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra che ama farsi declinare al maschile, come direttore, diventando un idolo per il centrodestra, con FdI in testa. Il più mediatico dei consiglieri è comunque Francesco Giubilei, enfant prodige del mondo culturale di destra.
Di professione editore, fin da ragazzino, grazie al sodalizio costruito con Giorgio Regnani, uno dei principali produttori di aceto balsamico in Italia e amante dei libri, ufficialmente Giubilei si occupa, per 40mila euro annui, della promozione della cultura tra i giovani.
Ma nei fatti diffonde il pensiero del ministro per interposta persona, tra la costante presenza nei talk show, i continui post sui social fino agli articoli che firma su Il Giornale.
Alle spalle di Sangiuliano ci sono altri consulenti, di varia estrazione. Ha voluto con sé come consigliere economico al Ministero della cultura, garantendogli una remunerazione di 130mila euro all’anno, Giorgio Carlo Brugnoli, dopo una carriera all’interno di Cassa depositi e prestiti. Mentre per l’innovazione ha ingaggiato, con 40mila euro di compenso, il ricercatore dell’Universitè Paul Valery di Montpellier, Guerino Nuccio Bovalino, che è anche docente all’Università Mediterranea di Reggio Calabria.
Fino ad avere nel suo team un docente per il diritto civile, Antonio Cilento, professore associato all’ateneo Parthenope di Napoli. Insomma, un’attenzione a coprire ogni settore, senza lasciare nulla al caso.
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