«Non ci sono se, ma o scuse da accampare», ha scritto Di Maio sul suo Facebook, rinuncia a comunicazioni dal vivo. Ammette la sconfitta dopo essersi congratulato già domenica notte con Costa
Luigi Di Maio è fuori dal prossimo parlamento italiano. È stato sconfitto dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, un tempo suo compagno di lotte nel Movimento 5 stelle. Eppure, i suoi detrattori sostenevano che il ministro degli Esteri aveva lasciato il M5s per evitare che il limite dei due mandati gli impedisse di correre ancora per un incarico politico.
«Non ci sono se, ma o scuse da accampare», ha scritto Di Maio sul suo Facebook, rinuncia a comunicazioni dal vivo. Ammette la sconfitta dopo essersi congratulato già domenica notte con Costa. Impegno civico, il suo partito, appartiene già al passato.
Ne ha potuto approfittare soltanto Bruno Tabacci, unico candidato eletto in tutta Italia. Gli altri hanno già voltato le spalle al progetto cancellando ogni traccia di adesione dai loro profili social, e c’è già chi si sente sfruttato dall’ex sottosegretario.
Ma anche per Di Maio le considerazioni non sono tenere: chi l’ha seguito fuori dal Movimento, da candidato al nord, ha dovuto fare i conti con una campagna elettorale incentrata sul meridione. La strategia di Di Maio non ha pagato.
Il centrosinistra gli ha messo a disposizione il collegio di Napoli-Fuorigrotta, una zona che in passato aveva premiato il Pd e, successivamente, il Movimento. Ironia della sorte, nel 2018 vi era stato eletto Roberto Fico, storico avversario interno sul territorio campano. Nel 2013, aveva trionfato ancora il Pd, col 29 per cento, tallonato dal M5s al 27.
Di Maio ha accettato l’occasione offerta dal Pd provando a rispolverare le parole d’ordine che utilizzava nel 2018, quando era candidato premier del Movimento 5 stelle. Ma di fronte alla possibilità di scegliere l’originale, gli elettori napoletani non hanno esitato a dare il loro voto a Sergio Costa. Adesso Di Maio, personaggio troppo ingombrante per un incarico minore ma rimasto privo della legittimazione necessaria per continuare a stare in parlamento, dovrà trovare un’altra strada.
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