«Prevedere il futuro è impossibile, quel che è certo è che Grillo ora non può abbassare la testa». A dirlo è un ex parlamentare che conosce bene il fondatore e lo frequenta dagli inizi del Movimento 5 stelle. L’aspettativa è per cosa deciderà di fare il comico dopo l’esito dell’elezione che si è chiusa ieri, con un ampio superamento del quorum e un’affluenza superiore a quella della prima votazione, due settimane fa.

Alla fine ha votato quasi il 65 per cento degli aventi diritto, 58.029 iscritti. La cancellazione del ruolo del garante è stata confermata dal 80,56 per cento dei voti. Il presidente parla già di «voltare pagina». «Questa è l’onda dirompente di una comunità che non conosce limiti e ostacoli, in tutti contano davvero» scrive in un post, annunciando una diretta per lunedì 9 dicembre.

Il comico ha replicato immediatamente con un post criptico dei suoi, con un riferimento al finale del film Truman show: «Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte». 

Ma le suggestioni su quel che farà Beppe Grillo dopo che la creatura da lui messa in piedi avrà determinato il suo futuro si rincorrono. Certo, la tensione è alta, i due concorrenti per la conquista definitiva del controllo del partito non si sono risparmiati colpi: dopo il video alla guida di un carro funebre, Grillo è tornato a far parlare di sé con una lettera di “referenze” per Conte indirizzata nientemeno che a Elly Schlein, non il primo contatto con un segretario dem, ma di certo l’unico pensato per far male al suo presidente.

Dal canto suo, Giuseppe Conte non ha perso occasione di intervenire in pubblico per dire la sua sul voto. L’ultima volta sabato sera, quando è tornato a rivendicare la sua distanza dal governo Draghi quando il banchiere prese in mano il paese, all’epoca sostenuto dal M5s con una certa convinzione ma diventato ormai il panno rosso (metaforicamente parlando) da agitare davanti agli elettori grillini.

Il superamento del quorum è stato vissuto come un primo, grande sospiro di sollievo. Ieri, Ettore Licheri, già capogruppo al Senato, ha annunciato la sua presenza presso un “help desk” a Sassari per «aiutare chiunque dovesse avere problemi con il voto».

Ma oltre alle suggestioni, nel variegato universo grillino si guarda ai fatti. Grillo ha promesso di dare battaglia, tornando ad attirare attorno a sé un seguito inaspettato, sopito per i lunghi mesi in cui si è ritirato sempre di più a vita privata anche per le vicende giudiziarie in cui è coinvolto suo figlio.

Certo, la messa a terra di un nuovo grillismo delle origini è ancora zoppicante, ma Grillo è stato in passato capace di aggregare una grossa fetta di astenuti, tornati a essere primo partito d’Italia. Dal suo entourage intanto segnalano il gruppo Facebook dei Sostenitori di Beppe Grillo: in apparenza un assembramento di elettori scontenti di Conte, ma c’è chi ha notato una memoria delle dichiarazioni del passato degli esponenti Cinque stelle e una capacità di recuperare i video di quelle parole fuori dal comune, quasi che ci fosse una regia professionale.

Il gruppo nel giro di qualche ora poi è stato in grado di pubblicare la lettera ironica di Grillo a Schlein e ha anche introdotto “l’ingrato del giorno”, che ricorda vagamente il “giornalista del giorno” che i grillini insultavano a turno all’inizio della loro esperienza parlamentare.

Nonostante il simbolo del Movimento da solo – inteso come senza Conte – valga il 4 per cento secondo le valutazioni di Antonio Noto per Porta a porta e il 28 per cento dell’elettorato del M5s sarebbe disposto a votare un “partito di Grillo”, la maggior parte di contiani, grillini ed ex movimentisti vari non si aspettano già oggi la fondazione di una forza politica nuova.

Per quella, considerata anche l’indole del fondatore, mai troppo a suo agio con formalità e burocrazia, ci vorrebbe un leader disposto a sobbarcarsi a Roma il ruolo di frontman, così come lo sono stati negli anni Luigi Di Maio e Giuseppe Conte.

I nomi che vengono citati a più riprese sono tornati a ribadire la loro indisponibilità nelle ultime ore, Virginia Raggi con un post su Facebook e Alessandro Di Battista in tv, ad Accordi&Disaccordi. Chiaro che un neoMovimento potrebbe contare sulla vecchia guardia, ma sembra difficile individuare un nome tra le vecchie glorie che potrebbero riavvicinarsi alla politica come Nicola Morra, Barbara Lezzi, Alessio Villarosa, Danilo Toninelli o Elio Lannutti. Ma resta aperta anche la via di nuovi leader tutti da creare, come i Di Maio e i Di Battista del passato.

Una lista di priorità

Più probabile che Grillo riparta dai temi. «In linea con quello che fatto in questi anni sul blog, potrebbe proporre una lista di priorità, una sorta di ritorno alle origini “aggiornate” al 2024, con l’obiettivo del 2050» suggeriscono. Dall’intelligenza artificiale, strumento da cavalcare come una novella rete che fu la fortuna del primo Movimento, all’ambiente, passando per il lavoro, tutte questioni da ridiscutere con chi vorrà essere della partita, magari in una sorta di controcostituente.

Per poi riproporre – ma anche in questo caso ci sarà bisogno di una struttura organizzativa à la Casaleggio, di cui Grillo ora come ora non sembra disporre – il percorso dal basso che rese grande anche il Movimento. Dal “virus” che si propagava attraverso la rete, invadendo prima i contesti locali con le liste civiche degli “amici di Beppe Grillo” e poi la politica nazionale.

«L’Italia si merita tante cose e noi non siamo riuscite a farle, mi sento colpevole anche io. Ma abbiamo fatto qualcosa di straordinario: sono tutti contro di noi. Siamo degli appestati. E quando tutti sono contro di noi significa una sola cosa: vuol dire che abbiamo ragione. Noi siamo un antibiotico» diceva dopo la defenestrazione di Mario Draghi a luglio 2022 Grillo, quasi a prendere le distanze da una politica nazionale e perfino un Movimento che non lo soddisfacevano già più. Il viatico perfetto per un passo indietro che gli consentirebbe invece di ripartire proprio dalla politica locale nei comuni.

Altra questione sono invece gli effetti dell’addio di Grillo sul Movimento.

Sempre secondo le stime di Noto, senza il fondatore ed ex garante il partito di Conte potrebbe contare su un consenso del 7-8 per cento, perlomeno nel futuro prossimo: rispetto al risultato del 2022 una cifra dimezzata, che di conseguenza assottiglierebbe le file dei parlamentari contiani.

L’avvocato avrebbe a disposizione una squadra di appena 20-25 deputati e forse 7-8 senatori, con la partita degli uninominali totalmente aperta: se davvero il M5s finisse per correre da solo, senza il Pd, le vittorie sul territorio si conterebbero sulle punte delle dita di poche mani. Il crollo porterebbe con sé anche conseguenze finanziarie non indifferenti per i conti dei gruppi, considerato che ogni parlamentare vale circa 50mila euro l’anno come contributo alla struttura che lo sostiene. Un addio tutt’altro che a buon mercato.

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