- Le scelte politiche che il governo italiano deve fare implicano, quale più quale meno, un certo atteggiamento verso l’Unione Europea.
- Dopo Draghi, mancano gli interpreti e i predicatori credibili del futuro dell’Italia nell’Unione e di quale futuro l’Italia si impegna a costruire nell’Unione.
- Inevitabilmente, è dalle parti del Partito Democratico, tuttora con qualche scricchiolio l’organismo più europeista e più federalista in Italia, che suona la campana.
Praticamente, le scelte politiche che il governo italiano deve fare implicano, quale più quale meno, un certo atteggiamento verso l’Unione europea.
Per i balneari il problema con soluzione già incorporata consiste nell’applicazione, dall’Italia continuamente rimandata, della direttiva Bolkenstein.
Per il prezzo della benzina c’è da chiedersi se non sia il caso, oltre a mettere i cartelli con il prezzo medio in Italia, di ricordare a tutti anche la composizione di quel prezzo con relativi confronti europei.
Ha fatto bene la presidente del Consiglio a proseguire la strada aperta da Draghi per negoziare importanti forniture di gas dall’Algeria.
Forse, però, quando si tratta della politica energetica e della relativa transizione, sarebbe opportuno che l’Unione europea sviluppasse una più solida e ampia iniziativa unitaria.
Allo stesso modo, la fornitura di carri armati Leopard all’Ucraina non dovrebbe dipendere solo dalla Germania che li produce poiché in Ucraina si combatte una guerra che avrà, in qualsiasi modo finisca, un impatto notevolissimo sull’Unione europea, sulla auspicabilità e attuabilità di una politica di difesa e di relazioni internazionali davvero condivisa e comune.
Da ultimo, anche se con qualche inevitabile forzatura, per smettere di farci prendere in giro dagli egiziani e per giungere alla verità per Regeni e alla libertà per Zaki, meglio sarebbe se fosse l’Unione europea a gettare il suo peso negoziale.
Non alla luce del sole, ma neanche sottotraccia, Giorgia Meloni sta perseguendo un avvicinamento dei suoi conservatori ai Popolari europei che, divisi al loro interno, cercano comunque di mantenere una posizione dominante.
Da ultimo, nella sua opera a tutto campo di ridefinizione della politica del Movimento 5 stelle, la visita di Conte a Ursula von der Leyen può indicare la propensione a riaggiustare una politica fin qui sembrata una presa di distanza senza prospettive.
Inevitabilmente, è dalle parti del Partito Democratico, tuttora con qualche scricchiolio l’organismo più europeista e più federalista in Italia, che suona la campana.
Le elezioni del parlamento europeo sono relativamente lontane, maggio 2024, e prima si faranno i conti con le elezioni regionali in Lombardia e in Lazio (che, pure, dovrebbero essere consapevoli di quanto l’Europa è rilevante per la loro economia e società).
Però, il sostanziale silenzio dei candidati e delle candidate (compresa Elly Schlein, già europarlamentare e dotata di non poca specifica competenza) alla segreteria sul ruolo che il loro partito svolgerà nell’Ue appare inquietante.
Più in generale, dopo Draghi, mancano gli interpreti e i predicatori credibili del futuro dell’Italia nell’Unione e di quale futuro l’Italia si impegna a costruire nell’Unione. Nel centro del gruppo, senza arte né parte? Fra i fanalini di coda? Hic Bruxelles, hic salta.
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