Il tesoriere dell’associazione Coscioni rischia di nuovo il processo per istigazione al suicidio. «La libertà di autodeterminarsi è alla base della mia disobbedienza civile». L’apertura del ministro Schillaci? «Mi pare che invece di entrare in sintonia con la Corte Costituzionale ci si voglia fermare prima o addirittura si pensi a restringere le possibilità»
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Il numero bianco dell'associazione Luca Coscioni squilla in continuazione. Le richieste sono state 13.977 in un anno, 38 al giorno. Appelli per mettere fine a quella «notte senza fine» che Fabiano Antoniani in arte dj Fabo aveva ben raccontato il 22 febbraio 2017. Aveva 43 anni dal 2014 condannato da una prognosi irreversibile di paralisi totale e cecità.
«Prova a legarti mani e piedi e a chiudere gli occhi e capisci come vivo». Fu costretto a farlo in una cameretta della clinica Dignitas in Svizzera. Costretto alla fuga da un paese che non ti aiuta neanche a morire. Con lui c’era Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni. Radicale (non da tessera) un arresto e cinque fermi per disobbedienza civile. Un processo che ha rivoluzionato la disciplina del suicidio assistito e un altro alle porte: Cappato infatti si prepara ad affrontare un nuovo processo, con Chiara Lalli e Felicetta Maltese, per aver aiutato Massimiliano, un 44enne toscano malato di sclerosi multipla, a raggiungere la Svizzera dove poter morire avvalendosi della pratica del suicidio assistito. Un altro atto di disobbedienza per superare la discriminazione tra malati con trattamenti terapeutici diversi. Un tema non poi così minoritario.
«Non riesco a immaginare chi possa pensare lo sia oggi. Chiunque, nella propria vita ne ha fatto esperienza. È una questione trasversale anche in politica, da destra e a sinistra che entra in sintonia con questo tempo in cui il corso della vita si allunga e ognuno deve essere libero di autodeterminarsi senza l’aiuto di macchine. Oltre alle quasi14mila richieste sul fine vita, per le cure palliative ci sono arrivate altrettante 14mila in due anni. Di queste, una piccola parte riguarda l'aiuto alla richiesta di morte volontaria che non significa che poi la persona abbia diritto a quello; magari, se aiutata con le cure palliative e l'assistenza psichiatrica, quella decisione potrà essere mutata in altro».
Eppure queste battaglie hanno il sapore delle mezze vittorie: il testamento biologico lo ha fatto meno dell'uno per cento della popolazione perché nessuno ne sa nulla, anche se era prevista una campagna informativa. Avete aperto una faglia per l'interruzione delle terapie ma spesso negli ospedali ci si rifiuta di seguire le indicazioni del paziente. Non prova mai un moto di stanchezza?
«Ci sono due motivi perché continuiamo. Il primo: non c’era quello che c’è adesso. Se parliamo delle indicazioni della Consulta è perché c’è stata una sentenza grazie a un atto di disobbedienza civile. Fabo con la sua scelta ha contribuito all’approvazione sulla Legge del Testamento Biologico. Un secondo motivo: la gente chiede di autodeterminarsi liberamente. Sono la maggioranza. La distanza tra potere e popolo sull’eutanasia è una cartina di tornasole sulle condizioni di degrado della vita democratica italiana. I sondaggi indicano come maggioritaria l’opinione di chi preferisce l’eutanasia legale a quella clandestina. Sono più dell’80%. Si sfonda il 70% persino tra gli elettori leghisti e i cattolici. Il diritto a scegliere, la libertà di autodeterminarsi è alla base della mia disobbedienza civile, riguarda ciascuno di noi».
Intanto nelle regioni ognuno fa da sé, la Toscana ha approvato la legge di iniziativa popolare “Liberi subito” promossa dalla Coscioni e supportata da oltre 10 mila firme. Altri consigli regionali discutono di leggi con regolamenti differenti. La Conferenza delle regioni ha iniziato la discussione tra governatori per trovare linee comuni. Cosa prevede?
«Mi auguro un dibattito laico. Si approvino in tutte le altre Regioni delle buone regole e procedure per dare alle persone che soffrono tempi e garanzie certe di risposta da parte del servizio sanitario alla richiesta di aiuto alla morte volontaria, legale in Italia da sei anni, sempre meglio ricordarlo. L’approvazione della legge Toscana parte dalla nostra proposta, “Liberi subito”».
A proposito di leggi. Il governo sembra disponibile. «I tempi sono giusti e maturi per una legge buona per tutti», ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci. In Senato, nelle commissioni Giustizia e Sanità, è in discussione una bozza di testo. Che ne pensa?
«Ho letto le proposte di testo e a me sembra un modo per mettere una toppa. Mi pare che invece di entrare in sintonia con la Corte Costituzionale ci si voglia fermare prima o addirittura si pensi a restringere un diritto che abbiamo conquistato con le disobbedienze civili. Passi indietro su obiezione di coscienza, sofferenza psichica e cure palliative. Faccio un esempio: secondo la sentenza in assenza di una legge nazionale, chi vive in condizioni di sofferenza fisica o psicologica insopportabile ha già diritto a ottenere aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”. Mentre la proposta di legge di Alfredo Bazoli del Partito Democratico parla di “sofferenza fisica e psicologica”. Sono passi indietro che sono anche fuori sincrono con le richieste del paese. A destra si pensa all’obbligo di sottoporsi alle cure palliative prima dell’accesso al servizio del suicidio medicalmente assistito per il paziente che ne faccia richiesta e ne abbia i requisiti: un modo per annacquare il diritto costituzionale sancito dalla Consulta».
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