Il conduttore rientra a viale Mazzini insieme a Piero Chiambretti e Peter Gomez e rischia di insidiare lo stradominio di Vespa, che con il governo Meloni ha consolidato la sua posizione. Ma la Rai rischia di non essere più attraente anche per i volti non schierati
Bruno Vespa non è più l’unico astro nel firmamento della Rai. A contendergli il palcoscenico è arrivato un altro volto, «antiliturgico», come si definisce lui stesso: lo scontro viene negato, la sfida sulla carta non c’è, il confronto non è nemmeno nell’aria. Ma Massimo Giletti è tornato, e ha conservato l’ambizione che lo caratterizza da sempre.
Il ritorno
Il figliol prodigo è rientrato in Rai dopo l’esperienza a La7 per condurre la serata evento sui settant’anni della tv: considerato il format di lunghezza sanremese, la disponibilità dell’azienda, felicissima di veder tornare Giletti e la portata della scommessa sulla serata, il programma è andato bene, ma c’è chi dice che poteva andare meglio. La tv fa 70 – che avrebbero voluto condurre in tanti, interni, poi rimasti delusi di fronte alla scelta di affidarlo a Giletti – alla fine ha tenuto davanti allo schermo il 20 per cento dei telespettatori.
Ma Giletti è pronto a nuovi progetti che ha già promesso di voler sottoporre ai vertici di viale Mazzini. A spingere per accelerare nelle trattative, avviate dall’ad Roberto Sergio per coinvolgerlo quanto prima nel palinsesto, è stato soprattutto Giampaolo Rossi. Il dg gli vorrebbe anche aprire ulteriori vie nel palinsesto autunnale, anche a costo di scontentare Forza Italia, non esattamente entusiasta di veder tornare Giletti in Rai.
La domenica
A consigliare di accelerare sul rientro di Giletti è stato anche il sottosegretario meloniano Gianmarco Mazzi, a lungo suo agente e oggi voce tenuta in grande considerazione al settimo piano di viale Mazzini. Nei piani di Rossi e del direttore del day time Angelo Mellone, Giletti dovrebbe tornare alla sua antica collocazione nel pomeriggio di Raiuno, al posto di Mara Venier, con un contenitore che possa anche provare a sfidare Fabio Fazio a livello di grandi interviste. L’altra metà del pomeriggio potrebbe andare a Pierluigi Diaco, che prenderebbe il posto di Francesca Fialdini.
Peccato che né Venier né Fialdini vorrebbero lasciare il loro posto, appetibile sia per questioni di prestigio ed economiche – si tratta comunque della rete ammiraglia – sia per quanto riguarda la blindatura in termini di concorrenza.
Ma la domenica è sicuramente al centro delle discussioni per i prossimi palinsesti, su cui i direttori di genere si stanno già applicando in vista di luglio.
Il piano B che si starebbe discutendo a viale Mazzini per Giletti è invece quello del martedì sera di Raitre, tradizionalmente appannaggio degli approfondimenti, attualmente orfano di Nunzia De Girolamo. Ma nulla è ancora scritto, tanto che il sito Dagospia dà il conduttore già in trattativa con Mediaset, che gli avrebbe offerto la domenica sera su Rete4: Giletti stesso rimane vago sul suo destino: «Leggo notizie su di me da mesi», dice a Domani.
Lo sgarro
Certo è che ha già scontentato Bruno Vespa sforando con la sua serata evento, che ha relegato il padrone di casa di Porta a porta alla terza serata inoltrata. D’altra parte aveva già anticipato in conferenza stampa che se la serata evento fosse andata lunga, Vespa se ne sarebbe dovuto fare una ragione. Un piccolo affronto per chi ha visto quasi sempre accontentati i propri desideri. I due parlano l’uno dell’altro in termini amichevoli: Vespa si rallegra del rientro di Giletti e dell’ampliamento dell’offerta giornalistica in Rai, Giletti lo incorona ministro della liturgia in Rai. Lui, l’«antiliturgico», dice in conferenza stampa, non saprebbe mai raccogliere l’eredità del padrone di casa della Terza Camera.
Ma è proprio il suo stile, molto diverso da quello quasi cerimoniale dell’ex direttore del Tg1, a poter rappresentare una concorrenza rilevante per quello che è diventato il nome di maggior peso in Rai.
Parlare di insidia in termini di conoscenze politiche nei confronti del pezzo da Novanta della Rai è eccessivo, ma quel che è certo è che Giletti rischia di rubare in parte la scena a Vespa, che nei primi sedici mesi del governo Meloni ha fatto sua più di tutti gli altri la vulgata del melonismo.
Il veicolo
Vespa si è rivelato nunzio perfetto per veicolare i messaggi della premier. Ne sono prova i videoeditoriali in cui accanto al logo Rai appare il simbolo di FdI, la partecipazione alla presentazione del primo sindacato di destra della Rai, l’ormai famoso Unirai e la contiguità tra il suo salotto televisivo e le iniziative private organizzate in Puglia e a Saturnia, dove ha ospitato anche nei giorni scorsi buona parte del governo.
Che il conduttore di Porta a porta non proponga un giornalismo aggressivo è noto, ma c’è chi in Rai arriva a parlare di «una deriva», il cui momento più sintomatico è stato probabilmente toccato nel giovedì precedente alle elezioni in Sardegna, quando Meloni ha fatto doppietta nei programmi dell’ex direttore del Tg1, partecipando sia a Cinque minuti sia a Porta a porta.
L’ospitalità di Vespa con i membri del governo ha toccato nuove vette, anche se c’è sempre posto per altre figure: come Giuseppe Conte, il cui M5s non si è mai mostrato troppo aggressivo con la nuova Ra; e perfino per Elly Schlein, anche se mai a ridosso del voto come è successo per la premier.
Ma il 22 febbraio – quando è andata ospite Giorgia Meloni – era il giorno successivo alla morte di Aleksej Navalny: ciononostante, il conduttore non ha ritenuto doveroso chiedere una posizione alla premier su questo tema.
Un picco che non era stato raggiunto neanche ai tempi del contratto con gli italiani firmato in diretta (e realizzato solo in parte) da Silvio Berlusconi, né quando veniva ospite Gianfranco Fini, con cui Vespa ha sempre intrattenuto ottimi rapporti.
Il valore di Vespa
In una Rai rimasta quasi del tutto priva dei cronisti che avevano contribuito a costruire la credibilità del servizio pubblico, Vespa è un asset fondamentale per la governance. Su di lui convergono la simpatia di Sergio – che ne condivide il passato democristiano – e di Rossi, che non può prescinderne.
Tanto che perfino il dg (e futuro ad, nei piani di FdI), intenzionato a mantenere il suo ruolo di punto di riferimento di Meloni in Rai, non ha particolari problemi a tollerare il filo diretto tra il conduttore di Porta a porta – che per altro non ha ambizioni manageriali – e la premier.
Meloni è stata anche ospite sulla sua terrazza con vista su piazza di Spagna (durante quella stessa festa l’ex ad Carlo Fuortes aveva tentato di accreditarsi con lei senza successo). Vespa ha lo standing e la carriera alle spalle per permettersi di fare a meno dell’intermediazione di Rossi.
Se dunque Vespa è blindato per il suo curriculum e i rapporti consolidati con chi conta nella Rai di Meloni (per un’eventuale successione qualcuno tira in ballo Monica Maggioni o Francesco Giorgino, ma è un discorso più che embrionale), a fronte di un ritorno di un peso massimo come Giletti a viale Mazzini ci sono altri talenti che iniziano a preoccuparsi per il futuro.
Il timore
Dai prossimi palinsesti potrebbero infatti scomparire anche nomi non necessariamente schierati all’opposizione. Dopo l’esodo dei volti di riferimento del pubblico di centrosinistra, in Rai viene segnalata una certa tensione anche tra i volti dell’intrattenimento (e i loro agenti) che chiedono conferme e certezze che Sergio in questo momento non può fornire, essendo in scadenza: il timore (che non ha colore politico) è quello di essere prevaricati dai nomi graditi alla maggioranza, anche a fronte di talento e seguito maggiori.
Ma la povertà di un’azienda che deve conteggiare più addii che nuovi arrivi potrebbe danneggiare anche i vertici di destra, con il rischio di dover riempire i palinsesti di vecchie glorie e nuovi nomi che hanno già dimostrato di non funzionare: uno su tutti, Pino Insegno. Intanto, gli ex continuano a far male: come Fazio, che ha portato Nove a essere la seconda rete più vista dopo Raiuno con l’intervista a Chiara Ferragni.
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