- Parte mercoledì alla commissione Giustizia della Camera la battaglia della destra per un altro reato universale
- Nel mirino c’è la gravidanza per altri. Anche chi ha un figlio regolarmente riconosciuto in Canada potrebbe essere arrestato
- Ecco perché il presidente Trudeau è preoccupato. Il Pd attacca e i sindaci chiedono una legge per i diritti dei figli nati all’estero
«A Hiroshima la nostra presidente del consiglio dice di essere stata “sorpresa” di fronte alle parole del presidente del Canada Justin Trudeau. Io invece no. Se passerà la legge che Giorgia Meloni sta imponendo alle camere che trasforma la gravidanza per altri in un reato universale, potrebbe succedere che un cittadino canadese, o un cittadino americano, che hanno un figlio regolarmente riconosciuto in Canada o negli Usa, potrebbe essere incriminato, o magari arrestato. Ma qualcuno crede che sia davvero possibile anche solo l’eventualità? La settimana scorsa sono stata all’ambasciata americana a Roma. Posso assicurare che il tema è ben presente anche lì: e se un domani arrivasse da noi un ambasciatore con marito e figli, l’Italia che fa, lo dichiara persona non grata? Lo sbatte in galera?».
A ragionare con Domani è Alessia Crocini, presidente dell’associazione Famiglie Arcobaleno, impegnata con molte altre associazioni nella campagna “DisobbediAmo”, partita dopo che i sindaci hanno dovuto interrompere il riconoscimento e le registrazioni all’anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali nati all’estero a causa di una circolare arrivata alla prefettura di Milano su iniziativa del ministero dell’Interno Matteo Piantedosi: un richiamo del Viminale a fermare le registrazioni degli atti esteri in virtù della sentenza della Corte di Cassazione dello scorso dicembre che ha stabilito che il riconoscimento diretto all’anagrafe del comune di residenza dei genitori e del figlio non è più possibile: dovrà essere indicato un solo genitore e poi avviato il procedimento di adozione del secondo genitore.
A rischio sono cinquecento famiglie. A Padova la procura ha chiesto le carte di 33 bambini. Ma sul guaio in cui si trovano ora i sindaci torneremo più avanti.
La caccia universale
Stiamo alla legge in discussione in commissione Giustizia della Camera, la numero 887. Il testo è il calco di quello che nella scorsa legislatura era a prima firma di Giorgia Meloni. A questo giro la firma è di Maria Carolina Varchi (FdI): si intitola “Modifica all’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano”. La Gpa in Italia è vietata ma le pene si applicheranno, dice, «anche se il fatto è commesso all’estero». Insomma sarà processato e punito «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità».
Il testo, presentato il 15 febbraio, da questa settimana ingranerà una marcia alta: mercoledì alle 14, parte il voto degli emendamenti. Il Pd ne presenta due: uno soppressivo e uno sostitutivo.
Primo paradosso: il testo non specifica se il reato si applicherà anche a cittadini non italiani. Cioè al famoso, ipotetico ma neanche troppo, cittadino americano in vacanza in Italia. O al medico canadese che in patria fa il suo lavoro perfettamente legale. Per questo cozza, secondo quasi tutti i giuristi auditi in commissione, contro l’art.6 del codice penale («Chiunque commette un reato nel territorio dello stato è punito secondo la legge italiana») e l’art.7 («È punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati: delitti contro la personalità dello stato – italiano – ; delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto; delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato (...); ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana»).
Ma la destra va a avanti, indifferente alla giurisprudenza e forte dei numeri in parlamento.
Terzo polo in libertà
Non ne ha bisogno, ma alla destra potrebbe arrivare anche un aiutino dalle opposizioni. O meglio: Pd, M5s e rossoverdi voteranno no. Ma gli esponenti del Terzo polo si sono dati libertà di coscienza. La settimana scorsa Matteo Renzi ha ripetuto il suo no alla Gpa, «anche quella solidale», proprio quella che si pratica nel Canada di Trudeau. Ma che in Italia, lo ripetiamo, è vietata. Quindi che c’entra farne un reato universale?
C’entra che Renzi e Carlo Calenda non vogliono apparire indulgenti. E poi nella scorsa legislatura Mara Carfagna ha presentato un ddl abbinato a quello di Meloni. All’epoca la deputata indossava la casacca di Forza Italia. Oggi, sfoggiando quella di Azione, non ha ripresentato il testo, forse più consapevole dei problemi costituzionali che solleva. Ma non può smentire la sé stessa di ieri.
La crociata
«La destra vuole andare avanti spedita, a giugno vuole votare il testo alla Camera», risponde Alessandro Zan, deputato del Pd e padre mancato della legge contro l’omofobia impallinata nella scorsa legislatura. «È una legge palesemente incostituzionale perché impone il nostro codice penale al “globo terracqueo”, come piace dire a Meloni, paragonando la Gpa nientemeno che al genocidio.
È certo che alla fine la legge, se passerà, sarà smontata dalla Consulta. Ma intanto a Meloni serve un’arma di distrazione di massa. E fra autonomia e presidenzialismo, sposta l’attenzione su uno dei pochi temi su cui la destra è davvero compatta». Per Zan il vero obiettivo è «fare come Orbán»: diffondere un segno negativo sulle coppie omogenitoriali. È questo che le ha contestato Trudeau in Giappone: e non è vero, come lei ha detto, che il presidente canadese è «vittima di una fake news» e che in Italia «non è cambiato nulla rispetto alle amministrazioni precedenti».
L’elenco di quello che è cambiato lo fornisce Rosario Coco, presidente di Gaynet: «Ha ordinato alle prefetture di non registrare più gli atti di nascita delle famiglie arcobaleno, ignorato gli appelli a legiferare in materia di filiazione della Corte costituzionale per coprire il vuoto normativo in materia, presentato una proposta di legge per respingere le persone migranti Lgbt, ricevuto una condanna dal parlamento europeo per la retorica “anti-Lgbt” e per lo stop alle registrazioni degli atti di nascita, deciso di non supportare l’azione congiunta della Ue contro l’Ungheria per le leggi contro la propaganda Lgbt nelle scuole».
E poi naturalmente c’è la 887. «Il vero obiettivo non è la Gpa, che è utilizzata al 90 per cento da coppie etero, e finché si trattava di loro il problema non si è posto», riprende Zan, «se lo fosse, Piantedosi avrebbe chiesto ai prefetti di vietare ai sindaci sole trascrizioni di figli nati all’estero da coppie di uomini. Invece le hanno vietate per tutti, anche per le coppie di donne: perché la loro crociata è criminalizzare tutte le famiglie arcobaleno. Rendergli la vita impossibile. La destra dà un messaggio: una coppia dello stesso sesso non può essere una coppia di genitori».
«Non è così? Votino con noi il riconoscimento dei figli alla nascita, raccolgano l’appello dei sindaci. La Corte chiede di riempire un vuoto normativo, al di là di come la pensiamo questi bambini esistono e non bisogna discriminarli. Invece loro vogliono tornare ai tempi dei figli della vergogna, quelli che nascevano fuori dal matrimonio».
Il Pd si ricompatta
Il testo Varchi ricompatta (contro) anche il Pd. Che sull’argomento ha un vasto catalogo di posizioni diverse. Favorevole alla Gpa è la segretaria Elly Schlein e il responsabile dei diritti Zan. Favorevole (con paletti) era Monica Cirinnà, responsabile dei diritti della segreteria Zingaretti; e risalendo, favorevole anche il suo predecessore nella segreteria di Maurizio Martina: Sergio Lo Giudice, tre volte presidente di Arcigay e papà, con suo marito, di un bambino e una bambina nati negli Usa grazie alla Gpa.
Nei gruppi parlamentari la maggioranza è contraria. Ma contro l’idea di “reato universale” sono tutti uniti, cattolici compresi. E infatti l’emendamento presentato dal Pd in commissione mette d’accordo tutti. «Non chiediamo il riconoscimento automatico dei figli», spiega Zan, «ma la verifica dal giudice che non ci siano state cose irregolari, in primis lo sfruttamento della donne».
Si scioglie così un nodo interno che rischiava di mettere in difficoltà la nuova segretaria. A metà aprile aveva ricevuto una lettera con cento firmatarie (attiviste del movimento delle donne, dell’Udi, di Arcilesbica, della Libreria delle donne di Milano) che le esprimeva profondo dissenso e le chiedeva un confronto che era una sfida aperta alle sue posizioni: «Chiediamo a te che guidi il principale partito dell’opposizione di prendere una posizione netta contro la surrogazione di maternità e non consentire che si faccia propaganda tramite i bambini a favore dell’uso coloniale e classista della fisiologia degli esseri umani.
Non lasciare questo tema alla destra, che lo distorce per piegarlo a un progetto di riaffermazione della famiglia tradizionale istituzionalizzata e obbligatoria, e non lasciare che la sinistra diventi complice di nuove forme di sfruttamento dell’umano». Una posizione tranchant. E va detto che alcune femministe contrarie alla Gpa non hanno voluto firmare il testo perché non riconoscono Schlein come un’interlocutrice, date le sue posizioni di partenza.
La replica era arrivata a stretto giro: la segretaria si è dichiarata disponibile al confronto.
Ma la vera risposta, tutta interna al movimento delle donne, è arrivata da un’altra lettera aperta, firmata da quattrocento femministe che hanno giudicato il precedente testo «assertivo, che più che aprire una discussione sembra chiuderla. Pensiamo sia necessario che su un tema etico così sensibile, delicato e divisivo ci si confronti in un dibattito pubblico aperto, spogliandoci di ogni fondamentalismo, di ogni ideologia precostituita e ascoltando tutte e tutti quelli che su questo tema possano portare saperi, esperienze e pratiche. Ascoltando soprattutto i soggetti coinvolti, le persone in carne ed ossa, le nuove relazioni che si creano, le loro vite».
A firmare sono, fra le altre, Laura Onofri, Giulia Blasi, Maura Cossutta, Marcella Corsi, Vera Gheno, Lea Melandri, Chiara Saraceno, Giorgia Serughetti, Maddalena Vianello, Bianca Pomeranzi.
Sindaci nella morsa
Nel frattempo si sono mossi i sindaci, stretti fra la direttiva del Viminale e la pressione delle associazioni. Il 12 aprile scorso trecento fra primi cittadini e amministratori di 122 città si sono riuniti a Torino, al Teatro Carignano, per chiedere al parlamento due cose: «Una norma o la modifica di quelle esistenti per il riconoscimento anagrafico dei figli e delle figlie delle coppie omogenitoriali», spiega Jacopo Rosatelli, assessore ai diritti del capoluogo torinese, «e l’introduzione del matrimonio egualitario con il conseguente accesso alle adozioni, come previsto per le coppie eterosessuali.
I principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona devono guidare verso questi passi che appaiono ormai non più rinviabili alla luce dell’evoluzione della nostra società e del contesto europeo».
Fra i sindaci c’è anche almeno un leghista, Mario Conte, appena eletto al secondo mandato a Treviso. Ma i capofila sono i sette progressisti che qualche giorno prima avevano inviato una lettera al governo con gli stessi contenuti del Carignano: Stefano Lorusso di Torino, Beppe Sala di Milano, Matteo Lepore di Bologna, Dario Nardella di Firenze, Roberto Gualtieri di Roma, Gaetano Manfredi di Napoli e Antonio Decaro di Bari.
«I sindaci aspettano un riscontro istituzionale. Per ora non ne è arrivato nessuno», ammette Rosatelli, «Noi assessori, che lavoriamo in rete, la rete permanente dei comuni contro la discriminazione (Re.a.dy, ndr), ci ritroveremo a ottobre a Prato alla nostra assemblea annuale. Se il muro del governo e del parlamento resterà invalicabile, dovremo ragionare su altre strade».
Ma quali? Per i sindaci «la strada maestra» è la legge, anche perché a loro prefetti e procuratori “ricordano” di essere delegati del governo, dunque di non procedere alle trascrizioni contro le indicazioni del Viminale. Alcune associazioni premono invece per la loro disobbedienza, che potrebbe far esplodere il caso.
Discussione tossica
«In tutto questo la discussione sulla Gpa come reato universale intossica il dibattito», ragiona Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford-Avvocatura per i Diritti LGBTI+, un’associazione di avvocate e avvocati. «E non riguarda solo i bambini nati all’estero. L’argomento strisciante è inserire la Gpa in qualsiasi discussione sull’omogenitorialità, quando invece è soltanto una delle ipotesi di esperienze generative: ci sono le adozioni all’estero, le fecondazioni assistite realizzate all’estero con parto all’estero da parte di coppie di donne, o con parto in Italia». Miri è stato ascoltato dalla commissione giustizia della Camera: «Ho spiegato come sia incredibile ipotizzare di accostare la Gpa a reati come la pedofilia», lo ha fatto Federico Mollicone, FdI, «quelli sì universalmente riconosciuti come tali, o come la tratta di bambini, la riduzione in schiavitù.
Qui si parla di questioni e condotte che in altri paesi sono regolate. Se l’Italia stabilirà di punire condotte che in America sono legali, significa che dirà a quel paese che realizza condotte criminali. A Biden. Ma stiamo facendo sul serio?». Eppure c’è da scommettere che la legge andrà avanti. «Quella legge ha evidenti profili di incostituzionalità. E se il parlamento insistesse in questa furia penalistica, sarà la Corte costituzionale a occuparsene, alla prima coppia che dovesse essere incriminata, e per la quale un tribunale valutasse di sollevare la questione. Fin lì per le vite di genitori e bambini resterebbe una spada penale di Damocle».
C’è un giudice a Roma
Che è poi il punto da cui iniziava il ragionamento Alessia Crocini: «Sul punto della legge Varchi si sono già espressi molti giuristi che sono d’accordo sulla stessa questione: la legge non potrà essere applicata perché un reato per essere universale deve essere considerato universalmente reato. E come farà ad essere applicato in Gran Bretagna, dove è legale, come in Portogallo, negli Usa, in Canada, in Israele, in Russia?». La Gpa è un tema che andrebbe trattato in maniera laica e non ideologica, dice: «Noi Famiglie Arcobaleno abbiamo aderito alla proposta di Gpa solidale e non commerciale, quella che c’è nel Canada di Trudeau, e che in Italia ha scritto l’associazione Luca Coscioni. Insomma c’è una strada etica, che esclude lo sfruttamento delle donne».
Il tema è incandescente, in commissione Giustizia è stata ascoltata Francesca Izzo, fra le fondatrici di Se non ora quando-Libere, che nel 2018 ha lasciato il Pd proprio in dissenso sulla Gpa: «Parlare di atto di amore per la surrogata è una forma di ipocrisia, non esiste quella che viene chiamata solidaristica», ha detto ai deputati, «Ci saranno casi rarissimi, di madri e sorelle, ma non si legifera a partire da questi casi. Il punto è che si tratta diforme ugualmente commerciali (che coinvolgono agenzie, cataloghi, precisicontratti, impegni e retribuzioni) solo che si vergognano di esserlo e camuffano ilpassaggio di denaro, che consente di “comprare” un bambino, nella forma di“rimborso spese”».
Per Izzo «l’obiettivo dell’abolizione universale non è utopistico: occorre che gli stati, a cominciare dall’Italia, si impegnino ad agire, sul piano interno, mantenendo il reato, e sul piano internazionale coinvolgendo le agenzie dell’Onu e le altre organizzazioni sovranazionali, come l’Ue per creare condizioni favorevoli alla sua messa al bando».
Fuori tema
Il tema che verrà affrontato da mercoledì a Montecitorio però non è questo. È quella che Riccardo Magi di +Europa definisce «la fesseria del reato universale: propongono di arrestare i genitori di questi bambini anziché di riconoscere una situazione di fatto che già esiste». Ma la maggioranza e il governo stanno agli antipodi di questo ragionamento: «E non solo questo governo: la Gpa è un argomento a orologeria», sostiene Crocini. «È praticata per lo più dalle coppie etero, e per questo in Italia non se ne occupava nessuno.
Fino al 2015, quando inizia il dibattito per quella che poi diventerà la legge Cirinnà, la legge sulle unioni civili. Conteneva, in origine, una soluzione, la stepchild adoption (adozione del figlio del partner, ndr). Da lì in avanti è diventata l’argomento perfetto per bloccare ogni avanzamento dei diritti delle coppie dello stesso sesso. È stata persino usata per bloccare il ddl Zan che parlava di omolesbo-bintransfobia, perché secondo alcuni, e alcune, avrebbe aperto la strada alla Gpa. È una scusa, la verità è un’altra: il problema è la genitorialità Lgbtqia+. Fine. Perché essere genitori deve essere un privilegio eterosessuale».
Una crociata, appunto, contro la genitorialità delle coppie omosessuali, che si abbatte sui bambini già nati. Conclude Crocini: «Il reato universale diventerà una barzelletta universale: se un domani arrivasse un ambasciatore americano, sposato, con figli avuti da Gpa, che fa Meloni, lo fa arrestare a Fiumicino? Siamo alle barzellette, appunto. Solo che prima che la legge sia dichiarata incostituzionale, renderanno un inferno la vita di tante persone perbene».
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