Va garantito il diritto di asilo «per lo straniero cui venga impedito nel suo paese l’esercizio delle libertà democratiche» come impone la Costituzione all’articolo 10. Sergio Mattarella lo ricorda nel suo discorso davanti agli Stati generali della diplomazia, la conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia riuniti da ieri mattina alla Farnesina, ospiti del ministro Antonio Tajani.

E non ci sarebbe nulla di straordinario in questa nuova lezione di «pedagogia costituzionale» da parte del presidente della Repubblica, anzi non c’è nulla di straordinario nella sottolineatura di un diritto sancito dalla Carta. Se non fosse che, domenica, dal palco di Atreju, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva tenuto una scatenata arringa in difesa del «modello Albania», il disastroso meccanismo dell’invio di migranti dall’altra parte del mare Adriatico, per ora bloccato dai magistrati e in attesa di giudizio da parte della Corte di giustizia europea.

«Funzionerà», ha urlato più volte la premier. Ma è un meccanismo che complica la possibilità anche di chiedere l’asilo per chi ne ha i requisiti. Un meccanismo «palesemente contrario alla Costituzione», per Riccardo Magi di +Europa e per tutte le opposizioni.

Mattarella non auspica l’immigrazione senza regole, come da destra viene commentato sui social. Ma certo stride, e parecchio, il suo tono rispetto a quelli della premier Meloni e del vicepremier Matteo Salvini sul tema dell’accoglienza. Il presidente auspica il rispetto per «le convenzioni internazionali» e per «le corti di giustizia che ne sono derivate», a tutela «dell’applicazione degli ordinamenti». Proprio le corti che il governo sta provando a ignorare.

Di Colle o di governo

Le sue parole, ancora per una volta, suonano agli antipodi rispetto a quelle di alcuni esponenti del governo. Ma non c’è l’intenzione di fare il controcanto, come viene spesso spiegato dal Colle. Succede perché il Quirinale resta sempre aderente al dettato costituzionale. Altrettanto non si può dire per l’azione di governo e della maggioranza del parlamento.

Solo in quest’ultimo scampolo del 2024 è successo molte volte che Mattarella intervenisse indirettamente con la “moral suasion”, ma qualche volta anche direttamente, su leggi mal scritte o mal impostate: dal ddl Sicurezza al decreto flussi, dall’annunciato «bavaglio» ai magistrati – poi cancellato – alle competenze della corte dei Conti, fino alla correzione del decreto Flussi e perfino a un’opera di dissuasione preventiva su una riforma pasticciata del 2 per mille da destinare ai partiti.

Monopolisti e manipolatori

Al nostro corpo diplomatico ricorda che «globalizzazione e digitalizzazione hanno reso il mondo molto più interconnesso e interdipendente». Ma c’è un risvolto pericoloso, ed è «la pretesa di alcuni governi di calare cortine sui flussi di informazione e sulle relazioni tra i cittadini di vari paesi o di incidere negativamente su di essi attraverso ostili strumenti di manipolazione delle informazioni e di condizionamento di opinione». E che accade che gli stati vengano «messi in discussione nella loro capacità di garantire gli interessi dei popoli» da «operatori internazionali svincolati da ogni patria, la cui potenza finanziaria supera oggi quella di stati di media dimensione, e la cui gestione di servizi essenziali sfiora, sovente, una condizione monopolistica».

Enunciazioni generali. Ma nel primo caso il pensiero va alla Russia di Vladimir Putin e alle sue pesanti intromissioni nelle opinioni pubbliche occidentali; nel secondo, allo stop del Colle a Elon Musk, potentissimo braccio destro di Donald Trump e amico di Giorgia Meloni. Lo scorso novembre il tycoon incitò via X, social di sua proprietà, alla cacciata dei giudici italiani che non avevano convalidato il trattenimento dei migranti nei centri albanesi. Un intervento che aveva fatto gioire palazzo Chigi.

Invece il Quirinale aveva intimato chi stava per assumere «un importante ruolo di governo in un paese amico e alleato» a «rispettarne la sovranità».

Nel discorso alle ambasciatrici e agli ambasciatori Mattarella ha ribadito il «convinto sostegno» dell’Italia all’Ucraina, impegno bipartisan perché «nelle democrazie mature la politica estera è motivo di naturale convergenza tra le diverse opinioni che animano il dibattito pubblico». Il presidente ha anche rinnovato l’appello alla «liberazione immediata degli ostaggi israeliani» e, insieme, ha ribadito «che per la Repubblica italiana l’autentica prospettiva di futuro risiede nella soluzione a due stati».

Negli scorsi giorni ha ribadito questo impegno direttamente al presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, in visita ufficiale in Italia. Sulla carta è la posizione votata anche dal parlamento – in realtà su iniziativa dell’opposizione – ma è un impegno su cui il governo italiano non si impegna affatto, per non irritare il presidente israeliano Benjamin Netanyahu. Ai «due stati» la destra non crede, anche se non si azzarda a contraddire il Colle; solo il forzista Maurizio Gasparri la liquida come «affermazione teorica» e impraticabile «finché a Gaza comanderanno terroristi e fondamentalisti».

Infine l’Onu, organismo ormai considerato delegittimato dalle sue stesse scelte, anche in Italia: le Nazioni unite, ha detto Mattarella, sono uno «strumento ampiamente imperfetto ma prezioso». Insomma l’Italia non dovrebbe partecipare al tiro al piccione.

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