Nel suo intervento ha chiesto di non creare barriere e alzare muri. La condanna all’intolleranza è un chiaro riferimento al generale Vannacci, tra il richiamo al ’43 e la visita alla tomba di un prete ucciso dalle squadracce
Sergio Mattarella ha parlato, e il suo discorso è stato un richiamo durissimo per chi aveva voglia di sentire: no a muri e barriere contro i migranti e basta clima di odio. Ancora di più: allerta altissima contro il fascismo, con i suoi riferimenti al ’43 e agli anni bui della storia del paese.
Nell’intervento più atteso al meeting di Rimini organizzato da Comunione e liberazione, il presidente della Repubblica ha agitato lo spettro dell’epoca più nera d’Italia, esplicitamente citata nel suo discorso. Gesto ancor più significativo: dopo si è recato ad Argenta, per deporre una corona sulla tomba di don Giovanni Minzoni, di cui ricorre in questi giorni il centenario dell’uccisione da parte di una squadraccia fascista.
Il discorso
Dai migranti, all’alluvione in Emilia-Romagna, senza dimenticare il libro del generale Roberto Vannacci (mai menzionato esplicitamente), il presidente ha richiamato alla Costituzione: «È nei momenti di confusione o transizione indistinta che le Costituzioni adempiono la loro funzione più vera, essere cioè per tutti punto di riferimento e di chiarimento». Con una chiosa: «Cercate, quindi, di conoscerla» e «farvela amica e compagna di strada».
Nell’estate che ha visto la premier reclusa a Ceglie Messapica, Mattarella si è rivolto ai «giovani»: «Prendetevi quel che è vostro, comprese le responsabilità». Una questione pratica e teorica.
A partire dall’alluvione. Mentre sono in corso le cabine di regia e i fondi risultano bloccati, ha chiesto operatività: «I cittadini della Romagna - e i loro sindaci - non vanno lasciati soli».
Ma è sul caos accoglienza e salvataggi in mare, che Mattarella ha offerto le immagini più vivide: «Nello studio dell’appartamento dove vivo al Quirinale – ha rivelato - ho collocato un disegno che raffigura un ragazzino, di quattordici anni, annegato, con centinaia di altre persone, nel Mediterraneo», che mostra una pagella. Quella che aveva realmente durante il viaggio. Un’opera del vignettista Makkox: «La dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare». Non sono numeri, ha ricordato, «ma sono innumerevoli, singole, persone».
Ha dato indicazioni chiare, quasi una tabella di marcia: la ricerca di un impegno dell’Unione Europea, ma anche ingressi regolari «in numero adeguatamente ampio», «per stroncare il crudele traffico di esseri umani». Allo stesso modo un inserimento lavorativo ordinato. Quest’ultimo, un segno di riguardo alle lamentele dei sindaci per evitare «la presenza incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza; o di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali».
L’unico passaggio in accordo con le politiche di Meloni, è stato quello sul «sostegno ai paesi d’origine», in attesa che prenda forma il cosiddetto piano Mattei. In ogni caso «occorre percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana – la critica è evidente -, per una miglior sicurezza». Sul fronte estero auspica una pace giusta.
L’odio
La cassetta degli attrezzi usata per l’intervento si è composta dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco, poi Giuseppe Dossetti, costituente della Dc, gli interventi dell’Onu sui diritti dell’uomo, e il significato stesso di amicizia. La battaglia contro l’intolleranza è evidente. Due i filosofi menzionati: Gaetano Filangieri, e il diritto alla felicità, e Jurgen Moltmann nella frase «la speranza è il respiro della vita umana».
Un doppio legame, col filosofo stesso, e con i valori cattolici in politica, visto che Moltmann è l’autore dell’ultimo libro letto da Aldo Moro prima che venisse rapito dalle Br. Infine in un passaggio c’è anche il suo vescovo di molti anni fa, contro le solitudini che creano i social. Si tratta di Salvatore Pappalardo, celebre per la lotta contro la mafia e quasi nominato senatore a vita dall’allora presidente Sandro Pertini.
Dura e senza possibilità di fraintendimenti la parte dedicata al 1943: «La dittatura fascista si stava consumando; ma ancora avrebbe consumato – all’Italia e all’Europa – lutti devastazioni crudeltà e sofferenze».
In collegamento al convegno di Camaldoli «nel quale un nucleo di intellettuali cattolici provò a delineare le caratteristiche e i principi di un nuovo ordinamento democratico». Un omaggio non dovuto ma cercato, visto che aveva già inviato un messaggio ai settimanali cattolici, in occasione degli 80 anni del codice che emerse dalla conferenza.
Nel composito intervento, pur nel rigido mantenimento dei limiti istituzionali, nulla è stato casuale e il messaggio è chiarissimo. Dopo che il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha avvalorato la teoria complottista della sostituzione etnica, e Vannacci ha definito gli omosessuali «non normali» e rivendicato il «diritto all’odio», il presidente, da capo dello Stato e da vertice del Consiglio supremo di difesa, ha ricordato che «non mancano mai i pretesti per alimentare i contrasti». Siano «la invocazione di contrapposizioni ideologiche, di caratteri etnici, di ingannevoli lotte di classe o di resuscitare anacronistici nazionalismi». Ma l’amicizia diventa «indicazione politica».
Mentre i parlamentari di Fratelli d’Italia hanno difeso Vannacci, l’inquilino del Quirinale ha chiarito che non c’è spazio nelle istituzioni per le sue posizioni, visto che «sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento - attraverso la coesione, dunque la solidarietà - di sentimenti di rispetto e di collaborazione».
Su tutti i fronti, ha offerto gli articoli della Costituzione, nello specifico il 2, che garantisce i diritti inviolabili e la solidarietà; e il 3, che impone di rimuovere gli ostacoli che non permettono di avere pari dignità. Se la convivenza si basasse sull’odio, ha avvertito Mattarella, «con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo; e da tempo».
Le opposizioni hanno apprezzato. Meloni pochi giorni fa ha risposto aspramente a un post della segretaria del Pd Elly Schlein su Facebook, per rivendicare il diritto di fermare le Ong che salvano le vite in mare, oggi invece ha pubblicato una foto per fare sapere che è tornata al lavoro e ringraziare gli amici di Ceglie.
Si è esposta la responsabile del nuovo dipartimento Immigrazione di FdI, Sara Kelany. Per lei combattono «senza infingimenti l’immigrazione irregolare e il traffico» e «non mi pare che contrasti con le parole del presidente».
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