Domani 18 marzo alle 16 l’agorà per presentare la proposta di legge che toglie il requisito di residenza per l’assegnazione del medico di base. Una modifica che permetterebbe ai 60mila senza fissa dimora censiti in Italia di accedere a prevenzione e cure senza doversi rivolgere ai pronto soccorso
Per permettere anche ai senza fissa dimora di usufruire del medico di base, il Partito democratico presenterà domani alle 16 una proposta di legge che elimina lo storico presupposto della residenza per l’accesso al servizio sanitario territoriale. Fino ad oggi, infatti, per vedersi assegnato un medico di base è necessaria la residenza.
Se la modifica alla legge che istituisce il Servizio sanitario nazionale fosse approvata, l’assistenza del medico di base sarebbe garantita a tutti. Nell’agorà di domani pomeriggio a cui parteciperà anche il segretario dem Enrico Letta, si discuterà con rappresentanti di associazioni di beneficenza e volontariato del testo da presentare in parlamento per dare portata nazionale a un provvedimento che è già in vigore in Emilia-Romagna e Puglia.
Il problema
Il nesso tra la residenza e i diritti è intrinseco alla legge che nel 1978 ha istituito il servizio sanitario nazionale. Allora, il vincolo non era percepito come un problema. Ma oggi, che in Italia sono censite circa 60mila persone senza fissa dimora, questa norma, difficilmente aggirabile dai sindaci, esclude una grossa fetta di popolazione dall’accesso al medico di base, anche chi trova rifugio temporaneo da un conoscente o in un immobile occupato.
La prima esperienza di una legge regionale che metta una toppa al problema risale solo all’estate scorsa. Su iniziativa del consigliere regionale dell’Emilia-Romagna e presidente dell’associazione Avvocato di strada Antonio Mumolo è stata approvata una norma che rende possibile anche chi non risiede in una località fissa di iscriversi ai registri dell’Unità sanitaria locale e vedersi assegnato un medico di base. La legge, promulgata a dicembre scorso, è stata poi replicata dalla Puglia.
Opportunità etica e vantaggio economico
«Al di là dell’aspetto etico e dell’aspetto umano che la rende necessaria, la norma porta anche un vantaggio economico. In Emilia-Romagna ci sono circa 6mila senza tetto, per coprire il loro accesso al medico di base abbiamo speso soltanto 100mila euro a fronte di un miliardo di euro di spesa sanitaria. Se fossero rimasti senza riferimento sul territorio, l’impatto sul bilancio regionale sarebbe stato molto più forte» dice Mumolo.
In effetti, ci sono due aspetti che rendono l’assegnazione del medico di base utile anche alle casse pubbliche. Un anno di medico di base costa al pubblico circa ottanta euro a persona, mentre ogni accesso al pronto soccorso, di cui le persone prive di medico di base hanno bisogno per qualsiasi problema, va dai 150 ai 400 euro.
Lo stesso vale per una possibile degenza in ospedale: chi ha un medico di base, una volta superata la fase più dura, può terminare la convalescenza a casa. Un’opzione ovviamente non praticabile per i senza fissa dimora, che restano in ospedale fino alla fine della convalescenza. I conti sono semplici: in Emilia-Romagna, ad esempio, un posto letto costa 700 euro al giorno. Denaro che si potrebbe spendere altrove, con la consapevolezza che tutti possono contare sull’assistenza del medico, in caso di necessità.
La proposta
Ora, la proposta del Pd è quella di risolvere alla radice il problema eliminando con un emendamento alla legge del 1978 l’elemento ostativo, cioè il vincolo della residenza per l’accesso al medico.
Il lavoro è già stato impostato di concerto col ministero, tanto che all’incontro di domani parteciperà anche il ministro della Salute Roberto Speranza.
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