Una settimana fa Osama Njeem Almasri, il torturatore libico arrestato dalla Digos su mandato della Corte penale internazionale, veniva scarcerato dalle autorità italiane e rispedito a bordo di un volo di stato a Tripoli, dove è stato accolto dai suoi uomini in festa con tanto di fuochi d’artificio.

Oggi, per quella vicenda, la procura di Roma guidata da Francesco Lo Voi, ha inviato una «comunicazione di iscrizione», non propriamente un avviso di garanzia, per peculato e favoreggiamento personale alla premier Giorgia Meloni, ai ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e al sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano.

«Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire», è stato il commento a caldo di Meloni, apparsa in un video comunicato per anticipare la notizia.

L’accusa di peculato riguarda l’utilizzo del Falcon 900 usato dal governo tramite l’agenzia Compagnia aeronautica italiana (Cai), di fatto in mano ai servizi segreti, come svelato da Domani.

La questione del favoreggiamento personale riguarda invece il mancato intervento di Nordio per sanare il vizio di forma con cui la Corte d’appello di Roma ha scarcerato Almasri e l’espulsione emessa da Piantedosi per rimpatriare il torturatore libico dal suolo italiano.

Il fascicolo giudiziario nasce dalla denuncia presentata dal noto avvocato Li Gotti, difensore di collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta e Giovanni Brusca, ma anche nel pool di legali che difende i familiari del naufragio di Cutro. Nel testo l’avvocato chiede «che vengano svolte indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici» di Almasri, «nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia».

Ora gli atti saranno inviati entro quindici giorni al tribunale dei ministri, come prevede la legge sulle presunte responsabilità penali dei membri del governo. Ma indipendente dal risultato dell’inchiesta, la notizia è stata colta al balzo da Meloni e dai suoi ministri per attaccare ancora una volta la magistratura e rilanciare la riforma della giustizia.

«Oltre due anni fa parlai di opposizione giudiziaria, come maggior avversario politico di questo governo», ha detto Guido Crosetto. Secondo il ministro della Difesa «l’assurdo avviso di garanzia odierno» viene «a due giorni dalla incomprensibile protesta dell’Anm nelle aule giudiziarie» e «costituisce un ulteriore atto per cercare di avvelenare il clima politico, istituzionale e sociale». L’Anm ha fatto chiarezza, spiegando che la procura di Roma «non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia» ma «una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto quando si presenta una denuncia contro un ministro».

Le accuse di Meloni

La premier ha attaccato ancora una volta la magistratura. Prima si è scagliata contro Lo Voi, «lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona», poi contro l’avvocato Li Gotti: «Ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi». Ma la premier si scorda di quando l’avvocato ha militato con il Movimento sociale italiano e con Alleanza Nazionale – il partito dove Meloni è cresciuta – prima di passare con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.

E, infine, l’attacco alla Corte penale internazionale che «dopo mesi di riflessione, emette un mandato di cattura internazionale nei confronti del capo della polizia di Tripoli» e «curiosamente lo fa proprio quando questa persona stava per entrare in territorio italiano, dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri tre stati europei». Persino sulla Corte Penale la premier vede complotti. Questo perché dall’Aia il mandato di cattura è arrivato il 18 gennaio, quando Almasri era a Torino.

«È dovere di tutti gli stati parte di cooperare pienamente con la Corte nelle sue indagini e azioni penali», aveva ricordato la Cpi dopo la scarcerazione, accusando le autorità italiane di non averla coinvolta nella gestione del caso e chiedendo conto di ciò che è accaduto. Entrando nel merito della vicenda, Meloni ha ripetuto quanto già dichiarato dai suoi ministri nei giorni scorsi. «La richiesta non è stata trasmessa al ministero della Giustizia, e per questo la Corte d’appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida».

Non spiega, però, che Nordio aveva tutto il tempo e il potere per sanare il vizio di forma. Eppure per un giorno e mezzo è rimasto immobile. «A questo punto, con questo soggetto libero sul territorio italiano, piuttosto che lasciarlo libero, noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente, per motivi di sicurezza, con un volo apposito come accade in altri casi analoghi». La stessa versione che aveva fornito Piantedosi in Senato.

Il Falcon 900

Le accuse di peculato sono invece relative all’utilizzo del volo di stato il 21 gennaio. Quel giorno, mentre il ministro Nordio comunicava che stava valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma per «il complesso carteggio», il Falcon 900 usato dai servizi era già partito da Ciampino in direzione Torino.

Come aveva raccontato Domani, il forte legame tra la presidenza del Consiglio e la società Cai che gestisce i voli di stato più delicati emerge in una sentenza della Cassazione del 2013. È la stessa Cai a definirsi «organismo costituente propalazione della presidenza del Consiglio dei ministri, preposto al servizio pubblico diretto alla difesa della sicurezza dello stato». L’azienda sosteneva che la propria legittimazione derivasse «dai poteri, conferitile per legge e mediante decreti del presidente del Consiglio».

Tuttavia l’ottimismo non manca al governo: il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, è certo che si decida per «un’immediata archiviazione». Intanto, oggi Nordio e Piantedosi sono attesi a riferire in parlamento.

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