In senato la premier cerca di precisare le parole usate ieri: sarebbe stato il tentativo di rimarcare il passo in avanti che il suo governo avrebbe fatto in politica estera. E non esclude il veto sul patto di stabilità
«Nessuno attacca Draghi». Sono bastate poche ore di polemica e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, – tornata oggi in senato, in vista del consiglio europeo – cerca di chiarire le sue parole, facendo un passo indietro. «Quello che dicevo ieri sulla foto è lungi da essere un attacco a Mario Draghi», ha detto. «Tutti sanno quel che penso della sua fermezza sull’Ucraina. Quello che intendevo è che non può bastare una foto sul treno con francesi e tedeschi».
Il riferimento è appunto a quello che aveva detto poche ore prima, sempre in parlamento. Ovvero, che «per alcuni la politica estera si limita alle fotografie con Germania e Francia, anche senza portare a casa niente. Io penso di fare bene il mio mestiere parlando con tutti, anche con l’Ungheria». Il contesto era quello delle repliche al Pd e alle accuse di vicinanza all’Ungheria, definita come «un ossimoro» rispetto al sostegno all’Ucraina.
Politica estera
Meloni ora ribadisce che l’intento non era tanto di attaccare personalmente il suo predecessore, ma di rimarcare il passo in avanti che il suo governo avrebbe fatto in politica estera: «Non bisogna ribaltare il quadro. C’è stata un’Italia che in passato ha ritenuto che il suo ruolo fosse quello di vedere cosa facevano Germania e Francia per poi infilarsi in una fotografia. Io penso che la politica estera sia una cosa un tantino più ampia».
Il patto di stabilità
Intanto Meloni è tornata a parlare di patto di stabilità, con la trattativa che è in corso in Unione europea. E ha detto di non escludere la possibilità di porre il veto. «Siamo ancora lontani, non siamo ancora a un accordo definitivo ma non posso non esprimere una punta di soddisfazione per qualche passo avanti nell’ultima bozza di accordo».
Riferendosi al veto, ha detto di non escludere «nessuna delle scelte». «Credo si debba fare una valutazione su ciò che è meglio per l’Italia sapendo che se non si trova un accordo, noi torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso».
Le parole di Schlein
Più o meno in contemporanea, anche la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, è intervenuta sugli stessi temi, parlando in una conferenza stampa al Nazareno (la sede del partito).
«Ho sentito Meloni dire che saremmo contro l’interesse nazionale, faccio una operazione di verità», ha detto Schlein. «Chi ha sempre scelto gli alleati sbagliati, nemici dell’interesse dell’Italia è il governo Meloni, che si è alleato con quei paesi che costruiscono muri per negare solidarietà alla condivisione dell’accoglienza». «Il nostro governo è stato del tutto assente sul negoziato sulla riforma del patto di stabilità».
Il fax di Di Maio sul Mes
Il dibattito economico riguarda ancora una volta pure l’adesione al Mes, con il voto del parlamento prima fissato per metà dicembre e poi slittato. Matteo Renzi ha accusato il governo di fare «melina»: «Venite in parlamento e discutete, altrimenti la retorica parlamentare diventa fuffa. Il fatto che faccia melina sul Mes non le fa onore, lei è la donna dei sì, sì, no, no».
La premier aveva già attaccato in aula Conte e i Cinque stelle, accusandoli di aver aderito al Mes «con il favore delle tenebre», quando il governo Conte poteva occuparsi dei soli affari correnti. Per ribadire il concetto, Meloni si presenta in aula sventolando un fax a firma dell’allora ministro Luigi Di Maio.
«Il governo Conte alla chetichella ha dato l’assenso al Mes», ha detto Meloni. «Lo ha fatto il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo».
© Riproduzione riservata