«Chiedo comprensione, sono un essere umano», ha detto la premier nel videomessaggio registrato già sabato pomeriggio al Cairo. Attacco durissimo contro media e nemici assortiti: «Meschini, la cattiveria che usano per indebolirci ha raggiunto vette mai viste»
È stato un compleanno senza la festeggiata e con il livore a prevalere sul buon umore. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dato forfait a Italia vincente, la celebrazione dell’anno di governo, organizzata in pompa magna da settimane al teatro Brancaccio di Roma: «Chiedo comprensione, sono un essere umano», ha detto nel suo messaggio video. E così ha lasciato aperto, esposto ai quattro venti, il caso-Giambruno, che lei stessa aveva cercato di chiudere con la frase «sto bene, sto lavorando come sempre. Non parlo più di questo».
L’idea di de-politicizzare la vicenda è naufragata. La questione pesa, eccome, sulla maggioranza e sull’umore della premier, che chi la conosce definisce «tuttora infuriata». Contro la famiglia Berlusconi, gli avversari politici, i giornalisti, chiunque non sia dalla sua parte. Il vittimismo come stile politico. Da qui la reazione scomposta.
Parole come pietre
C’è stato il gesto, l’assenza all’evento, ma ci sono soprattutto le parole scagliate con malcelata irritazione verso «la cattiveria e i metodi che usano per indebolirci hanno raggiunto vette mai viste prima». Nel filmato trasmesso al Brancaccio, Meloni era visibilmente innervosita, ha fatto riferimento a generici comportamenti «meschini» messi in atto da chi è contro il governo. Discorsi generici, obiettivi indistinti, che mettono dentro i non allineati al suo pensiero.
«Gli altri continuino a rotolarsi nel fango», ha aggiunto, tanto per ribadire il concetto e segnando uno spartiacque tra “noi”, quelli di colle Oppio, la famiglia dei Fratelli d’Italia e loro, «gli altri» che «vogliono farci perdere la calma, ma la perdono loro». Anche se dal video non traspariva un self control stile british, ma si notava la voglia di contrapposizione muscolare. Così nessun dialogo è possibile. A chiudere il cerchio è stata Arianna Meloni, che ha risposto infastidita alle domande dei cronisti al termine della mattinata. «Se vi sembra normale questo tipo di stampa ragazzi ditelo voi, vi rispondete da soli», ha detto la sorella della presidente del Consiglio. «Grazie per il lavoro che fate, perché secondo me ci fate prendere un sacco di voti. Questo non è giornalismo, è pettegolezzo», ha concluso prima di andare via.
Un clima pesante, insomma, quello che si è respirato al Brancaccio dopo la separazione annunciata via social con il giornalista di Mediaset. Altro che festa di compleanno per il governo, nonostante il tentativo dei vari relatori. Meloni «ha preferito, giustamente, restare a casa con la figlia», ha spiegato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, cercando di minimizzare i fatti. Al co-fondatore di Fratelli d’Italia è toccato il compito di annunciare l’assenza più pesante. La premier avrebbe fatto fatica a trattenere l’ira e sorridere nei selfie che le avrebbero chiesto i militanti. Perché già nel filmato trasmesso in sala i toni erano esasperati, l’effetto live sarebbe stato incontrollabile.
Le bandiere sono state quindi ammainate, i cori “Giorgia, Giorgia”, pronti per essere intonati al Brancaccio, sono comunque rimasti strozzati in gola. Ci sono stati giusto degli applausi dalla platea durante la trasmissione del video con l’effetto straniante dei battimani che copriva l’intervento. La premier aveva deciso già sabato di voler disertare la manifestazione. Le frecce avvelenate di Meloni hanno colpito anche Forza Italia, inserito nel gorgo degli avversari veri o immaginari, che siano.
Secondo la premier gli azzurri hanno lavorato all’operazione di indebolimento della sua leadership per interposta persona, ossia Andrea Giambruno. I messaggi di spiegazione provenienti da Mediaset, a partire da Pier Silvio Berlusconi, non hanno fatto breccia: la presidente del Consiglio è convinta che ci sia una regia politica dietro ai fuorionda. E vede l’assunzione di responsabilità fatta da Antonio Ricci come un maldestro tentativo di metterci una toppa. L’autore di Striscia la notizia ha rivendicato l’autonomia e ha sostenuto che Fedele Confalonieri lo ha definito «l’imperatore dei rompiscatole».
Festa mesta
E che il clima al Brancaccio non fosse quello festante dei momenti migliori, era chiaro fin dal mattino. La sorella della premier, Arianna Meloni ha cercato di restare defilata, nonostante fosse cercata e riverita da militanti e dirigenti. Ha evitato la stampa, fino al momento dell’uscita e dell’ennesimo attacco. Alla spicciolata sono arrivati i ministri, ma il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, si è preso la dose più calorosa di applausi della platea al momento della chiamata sul palco.
Proprio lui, l’unico che ha i galloni di avversario interno di Meloni. Il ministro Francesco Lollobrigida, nel suo intervento, ha sciorinato il repertorio contro gli avversari, i giornali, la satira, i poteri forti, facendo da antipasto alle parole di Meloni. Poi ognuno ha messo il proprio pezzetto nell’autocelebrazione.
La ministra delle Pari opportunità, Eugenia Roccella, ha circumnavigato il tema della famiglia, più delicato che mai vista la cronaca. Il deputato Giovanni Donzelli è stato a suo agio nei panni di presentatore, galvanizzando la pattuglia dei militanti di Gioventù nazionale, accorsi con maglietta e slogan di ordinanza sulle «nuove sfide e lo stesso amore».
Dettagli che a fronte della festa mesta, causa assenza di Meloni, «andranno perduti come lacrime nella pioggia», per citare il replicante Roy Batty in Blade Runner. E che ben si concilia con le metafore sull’acqua usata nel celebre post di Meloni, e che tanto per stare in tema non considera affatto acqua passata quello che è accaduto nelle ultime ore.
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