- Giorgia Meloni porta a processo Domani con una querela, ma la presidente del Consiglio querelata può schermarsi con il parlamento.
- Il 17 ottobre è tornata in Parlamento in attesa di arrivare sulla scrivania delle giunta per le Autorizzazioni della Camera, l’organo preposto ad esaminare questi casi, la richiesta della procura di Roma di procedere contro Giorgia Meloni, indagata per diffamazione aggravata per un tweet contro un suo ex candidato.
- Meloni da “cittadino, giornalista e politico”, come ha fatto scrivere al suo avvocato, ha deciso di portare a giudizio questo giornale ma la sua posizione personale è cambiata. Da presidente del Consiglio è chiamata a tutelare tra i valori costituzionali anche la libertà d’espressione di tutti, anche perché da "politico” può già tutelare la sua.
Giorgia Meloni porta a processo Domani con una querela, ma la presidente del Consiglio querelata può schermarsi con il parlamento.
Il 17 ottobre è tornata in Parlamento in attesa di arrivare sulla scrivania delle giunta per le Autorizzazioni della Camera, l’organo preposto ad esaminare questi casi, la richiesta della procura di Roma di procedere contro Giorgia Meloni, indagata per diffamazione aggravata.
Tutto nasce da un servizio delle Iene andato in onda nel 2021 che si era occupato di Fabrizio Pignalberi, ex esponente di Fratelli d'Italia in provincia di Frosinone e poi fondatore del Movimento Più Italia.
Il tweet
Il servizio parlava di un gruppo di persone che lamentavano di essere vittima di truffe e accusavano Pignalberi. Il programma Mediaset, oltre a dare spazio ai loro casi, ricostruiva il passato di militante e attivista di destra.
Pignalberi nel 2017 è stato candidato al consiglio comunale di Frosinone direttamente nelle fila del partito di Meloni.
Il politico, che nel 2019 ha deciso di fondare il suo partito Più Italia, aveva stretto un patto federale con FdI, e, specifica sul suo sito, contribuendo anche a far eleggere nel 2019 l'europarlamentare Nicola Procaccini, vicinissimo a Meloni.
Tuttavia, dopo il servizio di Giulio Golia, la presidente di Fratelli d’Italia ha ritenuto di dover intervenire pubblicamente: «Non ha più nulla a che fare con Fratelli d’Italia da alcuni anni. Ciononostante non avremmo potuto immaginare che fosse un truffatore», ha scritto su Twitter, dando il suo giudizio sul politico con cui prima si era fatta ripetutamente fotografare.
Pignalberi si è sentito diffamato e ha presentato una denuncia.
La procura di Roma ha così indagato la leader di FdI per diffamazione aggravata. Esaminati gli atti e, in particolare, la querela con cui Pignalberi lamentava di essere stato ingiustamente accusato dall'indagata di essere un truffatore, la giudice Angela Gerardi, ha ritenuto che non fosse applicabile l’articolo 68 della costituzione, quello che stabilisce che i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni, e si è rivolta alla Camera.
Adesso il caso, arrivato nella scorsa legislatura alla Giunta delle autorizzazioni di Montecitorio, è rimasto tra “gli arretrati”. La Camera deve ancora decidere se la deputata e presidente di Fratelli d'Italia debba avere lo scudo parlamentare o no. In linea teorica la Giunta avrebbe avuto 90 giorni di tempo, ma non è raro che queste procedure vengano gestite in ritardo, e nel frattempo Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio.
Mercoledì ci sarà l’Ufficio di presidenza della Giunta presieduta da Enrico Costa (Azione-Italia Viva), e verrà deciso il calendario dei casi da trattare. Marco Lacarra del Pd, segretario della giunta, commenta: «Non è così comune trovarsi a decidere su un atto che riguardi la presidente del Consiglio», tuttavia assicura, si muoveranno senza pregiudizi partitici, ma nella piena consapevolezza delle «prerogative parlamentari».
Pignalberi, che adesso dovrà essere giudicato sulle accuse che lo riguardano, ha incassato quest’estate un’assoluzione dall’accusa di manomissione di un assegno con remissione di querela, le altre sono ancora in sospeso. In attesa che Montecitorio intervenga sulla querela, riferisce, la settimana scorsa è passato anche alla causa civile contro Meloni, chiedendole un risarcimento danni da 700 mila euro.
Il caso Domani
Se da una parte c’è Meloni querelata, che da politica ha ritenuto di doversi esprimere su un politico a cui in passato è stata vicina, dall’altra c’è il giornale Domani. Nell’ottobre 2021 Emiliano Fittipaldi ha raccontato su queste pagine di una mail inviata da un imprenditore all’allora commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, con in copia Giorgia Meloni, per partecipare all’affare delle mascherine. Fittipaldi ha scoperto anche che Meloni aveva chiamato Arcuri. L’allora presidente di Fratelli d’Italia non ha contestato i fatti, ma l’uso del termine “raccomandazione” e ha deciso di fare causa penale e civile a questo giornale.
Un anno dopo l’imprenditore segnalato da Meloni è diventato deputato di Fratelli d’Italia, l’avvocato della causa sottosegretario alla Giustizia, Meloni presidente del Consiglio.
Meloni da “cittadino, giornalista e politico”, come ha fatto scrivere al suo avvocato, ha deciso di portare a giudizio questo giornale ma la sua posizione personale è cambiata. Da presidente del Consiglio è chiamata a tutelare tra i valori costituzionali anche la libertà d’espressione di tutti, anche perché da "politico” può già tutelare la sua.
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