Alla camera nel testo sul Sud sono state votate altre norme sull’immigrazione, Meloni ne ha varato uno ogni due mesi. Le opposizioni: «Tentativi-spot, nessuna necessità né urgenza»
«Nonché in materia di immigrazione». Oggi alla camera è stato votato l’ennesimo voto di fiducia, in questo caso al decreto 124 «recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno, nonché in materia di immigrazione». Nei quasi cinquanta decreti che il governo ha varato dalla nascita – in media uno ogni otto giorni – quel “nonché” agganciato in coda come un carro merci, segnala il nuovo provvedimento sul tema dei migranti. Una materia su cui il governo evidentemente non riesce a trovare una via, visto che continua a tornarci su. Ieri pomeriggio, dopo il voto, Pd e M5s hanno rovesciato in aula decine di ordini del giorno. Tutte carte «inutili», secondo Walter Rizzetto (Fdi), rivelando come la maggioranza intende «il ruolo di rappresentanza dei parlamentari» (Federico Fornaro, Pd). Ma era già evidente dai troppi voti di fiducia. E dagli ordini di scuderia sulla prossima manovra: zero emendamenti.
Cinque (e non è finita)
Torniamo ai decreti sull’immigrazione. Il primo è il dl Ong, l’1/2023, che ha imposto il divieto di salvataggi multipli in mare alle navi delle Ong, con nuove norme sul blocco amministrativo e sulla confisca delle navi. Il secondo è il cosiddetto decreto Cutro, il 20/2023, il ripristino dei decreti Salvini e la creazione della nuova fattispecie di reato di “scafismo universale” (la famosa perseguibilità «lungo tutto il globo terracqueo») e il ridimensionamento della Protezione speciale. Il terzo è un decreto ministeriale del Viminale e chiede la fideiussione di circa 5mila euro come cauzione per evitare la detenzione amministrativa per i richiedenti asilo. Il quarto, quello approvato oggi, il dl 124/2023, in realtà è dedicato al Sud ma in due articoli finali stabilisce la costruzione di nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio anche attraverso deroghe, e prolunga a 18 mesi la detenzione nei Cpr.
Infine, ma solo per ora, c’è il quinto provvedimento, non ancora approvato, il 133/2023: chiede il raddoppio per legge della capienza dei centri di accoglienza esistenti, l’aumento dei centri per i minori stranieri non accompagnati, con meno garanzie per la determinazione della loro età.
Né necessità né urgenza
Insomma governo e maggioranza procedono per successive approssimazioni, mentre gli sbarchi proseguono e basta, in percentuale raddoppiata rispetto allo scorso anno (gli ultimi dati del Viminale indicano una flessione solo nell’ultimo mese, ma è pacifico che dipenda da fattori diversi dalle leggi italiane). Le opposizioni attaccano: «Fanno la faccia feroce ma brancolano nel buio», secondo Riccardo Magi, deputato di Più Europa, «Il ricorso reiterato a diversi decreti sulla stessa materia è la prova di tentativi-spot e non di una condizione di necessità e urgenza. Anzi, per certi versi l’emergenza è creata e aggravata proprio dalle nuove norme».
I numeri degli arrivi dimostrano che le Ong non sono un “pull factor”, né le leggi una deterrenza anche secondo Matteo Mauri, deputato Pd ed ex viceministro dell’Interno: «Meloni e Salvini hanno sostenuto che se fossero arrivati loro al governo sarebbe cambiato tutto. Ma, nonostante abbiano reintrodotto i vecchi decreti Salvini e abbiano ridotto i salvataggi delle navi di soccorso private, nulla è cambiato. Anzi, i numeri degli arrivi si sono impennati», «I cinque decreti sull’immigrazione, uno ogni due mesi, sono tutti mirati a fare la faccia dura contro i migranti per coprire il fallimento. Dimostrano l’assenza di una strategia per gestire i fenomeni migratori. E il disastro nella gestione dell’accoglienza è sotto gli occhi di tutti».
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