Mentre continuano gli sbarchi al sud, il nord lancia l’allarme. Luca Rizzo Nervo, ex deputato del Pd oggi assessore al welfare del comune di Bologna, è preoccupato. Racconta che L’Emilia-Romagna sta dovendo affrontare un afflusso straordinario di migranti «senza una pianificazione tempestiva e adeguata del governo. Così diventa ogni giorno più difficile garantire un accoglienza dignitosa».

I numeri rispetto all’anno scorso sono raddoppiati, si parla di una media di 200 migranti ogni giorno e mezzo, due giorni: «Anche in una città dove il sistema è strutturato stiamo andando in difficoltà».

Come state rispondendo?

Bologna ha un sistema di accoglienza e integrazione (Sai) diffusa con 1.910 posti in 390 strutture, e siamo pieni. A questi si aggiungono i posti de sistema dei centri di accoglienza straordinaria (Cas). Nei Cas non riescono più a far fronte agli arrivi. Attualmente stanno utilizzando le strutture che già esistevano, come quella storica di via Mattei, che accoglie 700 persone invece di 400. La prefettura potrebbe fare dei bandi, ma hanno scarse risorse.

Possono aspirare a offrire a malapena vitto e alloggio, mentre arrivano di continuo persone che hanno bisogno di percorsi specifici. Un problema a cui si aggiunge quello dei minori stranieri non accompagnati.

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Chi se ne occupa?

Per i bambini non c’è un riparto nazionale, il comune immediatamente interviene e li prende in carico. Ma adesso, per una quindicina di grandi città italiane, tra cui Bologna e Milano ad esempio su cui da sempre c’è un carico maggiore, ai normali minori che arrivano di solito, se ne stanno aggiungendo moltissimi altri inviati dal ministero dell’Interno in tempi brevi. Di solito arrivavano albanesi o tunisini intorno ai 17 anni, che prendevamo in carico ma che per vari motivi hanno anche dei riferimenti locali. Adesso abbiamo avuto anche bambini di dieci anni. I minori sono perlopiù subsahariani.

Quanti minorenni state assistendo?

Bologna ha già 510 minori stranieri non accompagnati in carico. Di questi 350 sono stati accolti sempre nel sistema Sai, con comunità dedicate. Altri abbiamo dovuto mandarli fuori.

In che senso?

Abbiamo trovato posti fuori dalla regione pur mantenendo la responsabilità su di loro. Dalla fine del 2022 ci stiamo avvalendo di altre comunità, persino a Trieste. Ci sono comuni dove non viene accolto nemmeno un minore, quindi in un certo senso ci occupiamo da soli della distribuzione. Con i rischi che questo comporta. Una volta un ragazzo che avevamo mandato a Matera è scappato ed è tornato a Bologna. Le fughe non sono una rarità tra i minori.

Negli ultimi mesi è successo con frequenza di avvalerci degli hotel, e per la prima volta la prefettura ha attivato un Cas minori con 30 posti.

Il problema riguarda anche altre regioni?

Le rispondo con i numeri. In Italia ci sono 6.200 posti nel Sai minori, ma in Italia ne sono arrivati 10mila dall’inizio dell’anno. C’è un fortissimo difetto di pianificazione.

Il ministero non si sta occupando di aumentare i posti?

I bandi per i Cas minori prevedono un compenso di 60 euro al giorno, ma di solito l’accoglienza viene valutata in media 100 euro: sono strutture che devono garantire vitto e alloggio, ma anche istruzione. I bandi così restano deserti.

Per gli adulti è più semplice?

Dopo il decreto Cutro non possiamo inserire i richiedenti asilo nei Sai gestiti dai comuni. Una scelta paradossale e autolesionistica. Anche qualora avessimo una qualche capienza aggiuntiva, non possiamo farcene carico. Non possiamo nemmeno aiutare le prefetture a individuare le strutture adeguate, cosa che pur non ci competerebbe, col rischio di lasciare le persone fuori. Questo perché sappiamo molto tardi chi sono le persone che arrivano. Mezza giornata, un giorno prima. Ci dicono i numeri ma non le provenienze. Poi si fa tutto quello che si riesce, ma si fa una gran fatica.

Il ministro Matteo Piantedosi non vi aveva allertato prima dell’estate?

In realtà doveva allertare sé stesso. L’accoglienza prima è dello stato e poi dei comuni. Oltre questo non possiamo fare. Noi non abbiamo più posti, le prefetture devono dare risposte per la dignità di queste persone.

I sindaci avevano già mandato una lettera in vista dell’estate imminente, anche se il governo annunciava blocchi navali e portava avanti altri esercizi retorici. Ciononostante siamo disponibili a sederci con il governo per trovare soluzioni condivise, praticabili e dignitose.

 

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