- Quando si è candidato a sindaco per la coalizione giallorossa, ha chiesto ai suoi sostenitori che si applicassero per la creazione di un Fondo per Napoli. A un mese dall’insediamento, dei soldi non c’è traccia in legge di Bilancio.
- Manfredi ha minacciato le proprie dimissioni se il denaro, 1 miliardo in cinque anni, non dovesse arrivare. Nel patto è previsto anche il commissariamento del debito della città.
- Entrambe le questioni però non saranno sbloccate a breve, intanto perché i conti della città sono al sicuro fino a fine 2022, poi perché il governo vuole parlare di piani per la riorganizzazione, per ora non pervenuti.
Quando Gaetano Manfredi ha accettato la candidatura della coalizione giallorossa alla corsa a sindaco di Napoli, l’ha fatto chiedendo ai suoi sostenitori un fondo speciale da un miliardo di euro da versare in cinque anni: Manfredi si è insediato a metà ottobre con la sua giunta, ma dei soldi del patto per Napoli assicurati da Giuseppe Conte e dai suoi partner di coalizione non c’è traccia.
Il neosindaco di Napoli ha lamentato quasi subito il ritardo nella concessione dei fondi, ma per il momento i soldi da destinargli anche nella bozza della legge di bilancio più recente non ci sono: la risposta di Manfredi è stata di minacciare le dimissioni. «Farei una valutazione con i cittadini e le forze politiche. Devo dare risposte. Non possiamo ingannare i napoletani, che si sono espressi con una scelta netta. È come fare la Formula 1 senza benzina. Una Napoli che fallisce non è nell’interesse di nessuno», ha detto.
È arrivato a stretto giro il commento dell’ormai ex sindaco Luigi de Magistris: «Che Napoli abbia bisogno, come anche tantissime altre città soprattutto del sud, di denari è noto a tutti e soprattutto a noi che abbiamo fritto il pesce con l’acqua (come sempre si dice dalle nostre parti) e combattuto per anni senza un euro e con un debito ingiusto».
Eppure, il patto per Napoli, che doveva risolvere il problema del grossissimo debito che pesa sulla città partenopea e al contempo dare supporto alla spesa corrente del capoluogo campano, portava la firma di Enrico Letta, Conte e Roberto Speranza, e ulteriori rassicurazioni da parte dei partiti avevano fatto sembrare l’approvazione cosa da niente.
Le promesse dei partiti
Il testo prevedeva la gestione commissariale del debito sulla falsa riga di quella prevista per Roma nel 2008, ma soprattutto stanziamenti da un miliardo l’anno per cinque anni e un piano straordinario per l’assunzione e la riqualificazione di personale. Ma, a guardare com’è evoluta la situazione, come ha detto in una recente intervista al Mattino il presidente della Commissione finanze Luigi Marattin di Italia viva, «è evidente che quella era una promessa fatta da Conte in maniera molto disinvolta».
Napoli non potrà dunque contare su un aiuto immediato, conferma che ha ricevuto anche il neoassessore al Bilancio Pierpaolo Baretta nell’incontro avvenuto la settimana scorsa al ministero delle Finanze. C’è ancora la possibilità di inserire lo stanziamento in un emendamento della maggioranza alla legge di Bilancio, ma a questo punto sembra sempre più remota. La strada che il governo vede più vicina, piuttosto, è quella del dissesto, anche perché in realtà l’emergenza è tutt’altro che immediata: il Comune di Napoli ha approvato a settembre 2021, come uno degli ultimi atti della giunta de Magistris, il bilancio di previsione 2021-23. Le casse del Comune, insomma, sono al sicuro per un altro po’.
L’altra questione che lamentano da Roma è che la città partenopea chiede 200 milioni per la spesa corrente senza presentare neanche i dettagli dei piani di riqualificazione, che finora si limitano alla volontà di assumere un migliaio di tecnici. Secondo Manfredi, infatti, la mancanza di tecnici potrebbe addirittura impattare sulle capacità del Comune di spendere il denaro che arriverà con il Pnrr. Ma senza le carte, sul tavolo c’è ancora troppo poco per negoziare una soluzione per il «nuovo Patto per Napoli», come lo ha battezzato Marattin.
La strada del governo
Anche per quanto riguarda l’altro punto del patto sottoscritto dai giallorossi, la gestione commissariale del debito, per ora la prospettiva appare fosca: spostare l’incombenza del passivo su un commissario renderebbe meno urgente il bisogno di sistemare i conti. La soluzione preferita dall’esecutivo e dalle forze che hanno sostenuto Manfredi sembra invece quella del dissesto: con questa formula l’intervento sul debito sarebbe più condizionato.
I piani del governo per Napoli sembrano quindi molto diversi da quelli che aveva in mente Manfredi e anche da quelli con cui ha vinto le elezioni: i primi ad averli sconfessati sono i membri della coalizione che lo sosteneva, che aspettano nelle settimane a venire il prossimo appuntamento con l’amministrazione, nella speranza che compaiano anche le carte dei progetti.
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