Da circa dieci giorni tre navi con quasi mille persone salvate in mare sono in attesa del permesso di sbarcare in Italia. Il governo Meloni le tiene bloccate mentre le condizioni del mare peggiorano per «lanciare un messaggio» agli altri paesi europei, ma presto rischia di essere costretto a cedere
Mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è a Bruxelles per il primo giro di incontri nelle istituzioni dell’Unione europea, tre navi di tre diverse Ong sono da dieci giorni in attesa di sbarcare quasi mille naufraghi che hanno raccolto nelle acque tra l’Italia e la Libia. Come nel 2018 e nel 2019, il governo è tornato a impedire loro lo sbarco, lasciandoli in attesa sulle imbarcazioni mentre le condizioni del mare continuano a peggiorare.
L’obiettivo, annunciato in modo esplicito da diversi esponenti del governo, è quello di lanciare un «messaggio» agli altri paesi europei, affinché si facciano carico dei naufraghi raccolti da imbarcazioni che battono bandiera del loro paese. Difficilmente però la richiesta sarà accolta e presto il governo italiano potrebbe essere costretto a cedere e consentire lo sbarco.
Le navi
Le imbarcazioni bloccate sono la Geo Barents, di Medici senza frontiere, che ha a bordo 572 persone, la Humanity 1, dell’ong tedesca Sos Humanity, con a bordo 179 persone, e la Ocean viking di Sos Mediterranee, con 234 persone a bordo.
Tutte e tre le imbarcazioni hanno fatto richiesta di ottenere un porto sicuro dove sbarcare all’Italia e Malta, i due paesi europei più vicini al luogo dei salvataggi, ma non hanno ricevuto risposta o hanno avuto risposte interlocutorie.
Nel caso della Humanity 1, ad esempio, il ministero degli Esteri ha inviato una richiesta di fornire un elenco dettagliato dei passeggeri a bordo. La Ocean viking, invece, non ha ottenuto alcuna risposta e ieri ha inviato richiesta di porto sicuro a Grecia, Spagna e Francia, nel tentativo di sbloccare la situazione.
La strategia del governo
Questa settimana, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha esplicitato la strategia del governo in questi casi: impedire gli sbarchi e lanciare un messaggio agli ai paesi in cui sono registrate le imbarcazioni o le Ong che le operano a farsi carico delle persone salvate: «Non possiamo farci carico dei migranti raccolti in mare da navi straniere che operano sistematicamente senza alcun preventivo coordinamento delle autorità».
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sostenuto il suo ministro: «Se fai la spola tra le coste africane e l'Italia per traghettare migranti, violi apertamente il diritto del mare e la legislazione internazionale. Se poi una nave Ong batte bandiera, poniamo, tedesca, i casi sono due: o la Germania la riconosce e se ne fa carico o quella diventa una nave pirata».
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che durante il primo governo Conte aveva fatto del blocco delle navi delle Ong uno dei suoi principali punti politici, è stato ancora più esplicito: «Dove dovrebbe andare una nave norvegese? Semplice, in Norvegia…», ha scritto ieri su Twitter, riferendosi all’imbarcazione Ocean viking. «Quando c’è da dare qualche messaggio – ha detto ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani – Lo facciamo con determinazione».
È probabile che alla fine alle tre imbarcazioni sia consentito l’attracco ai porti italiani, come avvenuto nel 2018-19, ma che nuove iniziative saranno prese dal governo per impedire lo sbarco di chi si trova a bordo o per bloccarne la ripartenza – la strategia favorita dal precedente ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Le reazioni
La decisione del governo italiano di impedire gli attracchi e di tirare in ballo governo esteri ha immediatamente causato reazioni, per ora piuttosto modeste. In base ai trattati internazionali, un’imbarcazione in difficoltà ha il diritto di sbarcare i naufraghi raccolti nel più vicino porto sicuro. Se la definizione di questo termine è piuttosto incerta, con alcuni che sostengono che quelli libici possano rientrare nella definizione, nessuna legge obbliga una nave a sbarcare gli eventuali naufraghi soltanto nel paese in cui è registrata.
Dopo le parole di Meloni che tiravano in ballo il governo tedesco, l’ambasciata tedesca ha risposto con una nota in cui chiede al governo italiano di «prestare velocemente soccorso», sottolineando che a bordo ci sono oltre cento minori. In seguito alle pressioni tedesche, sembra che le autorità italiane potrebbero consentire lo sbarco soltanto ai minorenni a bordo.
Anche la Commissione è stata prudente e ieri, interpellate in una conferenza stampa, una portavoce si è limitata a dire: «Ricordiamo che salvare vite in mare è un dovere morale e un obbligo legale di diritto internazionale degli Stati membri indipendentemente dalle circostanze».
© Riproduzione riservata