Durante la riunione del tavolo di coordinamento nazionale per le politiche di accoglienza la ministra ha riconosciuto che è una «soluzione sbagliata». Ora si cercheranno altri modi per gestire l’emergenza
- La deportazione dei migranti sospetti o positivi al Covid-19 sulle grandi trasformate in centri galleggianti per la quarantena è diventata un caso politico.
- «Le navi quarantena le consideriamo una soluzione sbagliata. Ho dato disposizioni affinché non vengano più inviate persone positive sulle navi e che quindi si trovino soluzioni sul territorio. Ma è tuttavia una scelta che difendo» ha detto la ministra degli Interni, Luciana Lamorgese.
- La titolare degli Interni, intanto, sembra già aver fatto retromarcia. Bisognerà capire, però, cosa pensano pe r esempio i 5 Stelle, che all’epoca di Salvini al Viminale avevano condiviso i decreti sicurezza.
La deportazione dei migranti sospetti o positivi al Covid-19 sulle grandi trasformate in centri galleggianti per la quarantena è diventata un caso politico.
«Le navi quarantena le consideriamo una soluzione sbagliata. Ho dato disposizioni affinché non vengano più inviate persone positive sulle navi e che quindi si trovino soluzioni sul territorio. Ma è tuttavia una scelta che difendo, perché non avevamo alternative, a causa dell’atteggiamento di chiusura dei territori».
A riferirlo è la ministra degli Interni, Luciana Lamorgese, nel corso del tavolo di coordinamento nazionale per le politiche di accoglienza istituito presso il ministero, che si è tenuto alla presenza, tra gli altri, del viceministro Matteo Mauri, dei funzionari del Viminale, dei rappresentanti di Anci, Miur, della Conferenza Stato-Regioni, della Farnesina e dell’Agenzia per la Cooperazione internazionale. Per le organizzazioni che compongono il Tavolo Asilo, invece, erano presenti: Riccardo Clerici di Unhcr, Oliviero Forti di Caritas italiana e Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci e coordinatore del Tavolo Asilo.
«È stato un incontro positivo e altamente interlocutorio con il Viminale» dice Filippo Miraglia. «Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per il ricorso a soluzioni emergenziali che non rispettano i diritti delle persone e, più in generale, il diritto», ha aggiunto.
Miragli si riferisce anche a un episodio accaduto alla fine dell’estate a Udina: «Per una settimana 30 cittadini stranieri appena arrivati sono stati costretti a dormire a bordo di un pullman per la quarantena Covid, senza servizi igienici per lavarsi e sotto il costante controllo delle forze dell’ordine ».
Ha aggiunto Miraglia: «Sulla vicenda dei bus di Udine, in particolare, la ministra ha subito riconosciuto che si è trattato di un errore dettato dall’assenza di alternativa». Un errore tuttavia, che si è ripetuto con l’istituzione delle navi dove isolare i richiedenti asilo, senza le condizioni igieniche necessarie. Sospetti positivi, con positivi, donne incinta e bambini. Tutti insieme.
«La ministra, in sostanza, ha fatto marcia indietro su una serie di scelte che sono state fatte dal Viminale», spiega Miraglia, che aggiunge: « La ministra è stata chiara sulle navi: ha rassicurato sul fatto che d’ora in avanti saranno concordati interventi adeguati con il Ministero della sanità e le regioni».
La retromarcia
Il dietrofront del Viminale arriva all’indomani della denuncia di Domani, delle prese di posizione delle associazioni che si occupano di accoglienza e di diversi giuristi e che riguarda una questione - quella della gestione dei migranti - che ancora una volta ha rischiato di spaccare il governo Conte.
Il deputato Erasmo Palazzotto, del gruppo di Liberi e Uguali ha chiesto in una interrogazione parlamentare rivolta ai ministri della Salute e degli Interni «quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere i ministri interrogati affinché sia fatta piena luce sulle circostanze e sulle responsabilità che hanno portato al decesso di Abou, il quindicenne ivoriano sbarcato nei giorni scorsi dalla nave quarantena Allegra».
Palazzotto ha inoltre chiesto un ripensamento delle norme, dei protocolli e dei meccanismi che regolamentano l'accoglienza dei migranti e il sistema delle navi quarantena, puntando l’indice in particolare sul fatto che «è previsto solo un medico per 600 migranti e l'assoluta inadeguatezza strutturale di una nave come luogo in cui prestare assistenza a persone in stato di necessità».
Il trasferimento coattivo
Al coro di proteste si è unito nelle scorse ore anche il Partito democratico, con il senatore Tommaso Nannicini che si è rivolto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sollevando il dubbio che «tale forma di trasferimento coattivo sia illegale e discriminatorio e violerebbe la libertà personale garantita dall'articolo 13 della Costituzione».
Proprio questa problematica era già stata messa in evidenza dai giuristi dell’Associazione studi giuridici per l’immigrazione (Asgi). Il senatore Nannicini ha anche chiesto al presidente del Consiglio che questa modalità di gestione dei trasferimenti dei migranti positivi, dai centri di accoglienza alle navi quarantena intrapresa dalle prefetture, «cessi immediatamente».
Inoltre, Nannicini ha anche interpellato il premier, chiedendo se «ritenga opportuno prevedere la possibilità di attuare lo stesso protocollo previsto per il Covid-19 operativo senza discriminazioni tra italiani, immigrati o richiedenti asilo».
La titolare degli Interni, intanto, sembra già aver fatto retromarcia. Bisognerà capire, però, cosa pensano pe r esempio i 5 Stelle, che all’epoca di Salvini al Viminale avevano condiviso i decreti sicurezza.
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