- Da oggi in libreria “La saggezza e l'audacia” (Feltrinelli), una raccolta di discorsi di David Sassoli a un anno dalla sua morte. Il volume è a cura di Claudio Sardo, con una prefazione di Sergio Mattarella. Nel brano che anticipiamo, i pilastri dell’Italia e dell’Unione europea piantati dentro la lotta contro il nazismo e il fascismo.
- «Guai se per paura o per demagogia amputassimo le nostre più autentiche radici. Sappiamo che l’Europa non è quella che vorremmo. Che ha limiti, lacune, si producono troppe ingiustizie. Che gli egoismi ci frenano e le istituzioni hanno bisogno di maggiore coraggio politico. Ma non c’è un’altra strada che possiamo percorrere».
- Il libro sarà presentato il 9 gennaio a Roma, al Teatro Quirino, con la partecipazione di Ursula von der Leyen, Enrico Letta, Romano Prodi, Paolo Rumiz, Claudio Sardo e Lucia Annunziata.
Esce oggi il libro “La saggezza e l'audacia. Discorsi per l'Italia e per l'Europa” di David Sassoli, a cura di Claudio Sardo, con una prefazione di Sergio Mattarella, edito da Feltrinelli. A un anno dalla scomparsa del presidente del parlamento europeo, il saggio raccoglie i suoi principali discorsi e quindi i pilastri del suo pensiero e delle sue battaglie di democratico, e cioè dela più matura riflessione del cattolicesimo democratico. La lettura delle parole dirette di Sassoli, appunto sagge ma audaci, è utile a evitare che la retorica di chi lo celebra attenui, quando non cancelli, la sua autentica visione. E dunque a misurare il vuoto che lascia nelle file del suo stesso partito. Il libro sarà presentato il 9 gennaio a Roma, al Teatro Quirino, con la partecipazione di Ursula von der Leyen, Enrico Letta, Romano Prodi, Paolo Rumiz, Claudio Sardo e Lucia Annunziata.
Qui di seguito pubblichiamo uno stralcio del discorso pronunciato a Marzabotto il 6 ottobre 2019, nell’anniversario dell’eccidio di 770 persone da parte delle truppe naziste sostenute da fascisti locali.
La sentinella resti vigile
La barbarie e la disumanità degli eccidi compiuti dai nazifascisti nelle terre alle pendici di Monte Sole ci pone ancora davanti molte domande e ogni anno offre spunti di riflessione a seconda del contesto politico e culturale in cui si svolge.
Fin dove è potuto arrivare l’odio? Fin dove si è spinta la guerra, la volontà di potenza, la strategia di sopraffazione? Fin dove il disprezzo dell’uomo?
Questo è un luogo della memoria. E la memoria è un fardello perché chiede coerenza e costringe tutti a tenere gli occhi aperti, a non lanciare messaggi sbagliati, a essere accurati nell’analisi, a discernere, perché non è vero che l’orrore non potrà tornare, che le nostre libertà saranno sempre salde, che la democrazia accompagnerà per sempre la vita dei nostri Paesi… No, non è vero, perché attorno a noi si sviluppano dinamiche che portano anche le istituzioni ad assecondare fenomeni di rimozione e indifferenza.E allora ripetiamolo insieme oggi, perché altrimenti non avrebbe senso essere qui: il fascismo e il nazismo non sono opinioni, ma crimini (...)
La guerra di liberazione dal nazifascismo in Europa è cosa molto precisa e ha consentito a noi di godere di libertà fondamentali, di ricostruire sistemi democratici, di lanciarci in un’avventura straordinaria come quella dell’unità europea. Equiparazioni improprie minano la nostra identità. Revisionismi superficiali o interessati a giustificare quello che non può essere giustificato provocano la perdita della nostra identità e non rendono giustizia, ad esempio, a quanti nelle formazioni partigiane comuniste e nel Partito comunista italiano hanno lottato insieme ad altri democratici per la nostra libertà, e hanno contribuito alla nascita della Repubblica, sono stati fra i protagonisti alla Costituente e non hanno mai smesso di impegnarsi per rafforzare il nostro sistema democratico.
(…) È accaduto una volta. Può accadere ancora. Dobbiamo sentire l’impegno, ha scritto don Giuseppe Dossetti, “per una lucida coscienza storica”, per rendere sempre testimonianza veritiera agli eventi che sono accaduti. Per impedire negazioni e amnesie, magari dettate da volgari opportunismi.
Ma Dossetti ha anche aggiunto che la coscienza storica da sola non basta. La nostra coscienza deve essere anche “vigile”, capace cioè di “opporsi a ogni inizio di sistema di male, finché ci sia tempo”. Dossetti era uomo acutissimo, attento e sensibile ai segni dei tempi. “Sentinella, quanto resta della notte?” La sentinella non ha nostalgia del giorno passato. Vuole assicurare serenità e benessere alla propria comunità nel giorno che sta per nascere. Il ricordo di comunità, che oggi compiamo, ci fa sentire figli della grande storia. Quella che ha provocato milioni di morti in Europa e nel mondo. Quella che ha toccato il culmine nell’Olocausto. Quella che ha aperto la strada della Liberazione a una civiltà, certamente imperfetta, ma che è stata capace di promuovere pari dignità, diritti universali, crescita, opportunità, sicurezza sociale.
Questo ricordo però ci chiama anche ai nostri doveri di cittadini, di democratici e di europei. Alla nostra funzione di sentinelle del domani dei nostri figli.
(…) I luoghi della memoria, d’altronde, non servono a far ricordare a chi non potrà mai dimenticare il baratro dell’umanità, in cui ragazzi tedeschi e fascisti vennero su questi monti ad assassinare bambini, a mitragliare le donne, a scannare uomini inermi in un “delitto castale”, come lo definì Dossetti con la precisione del giurista.
Questi luoghi servono a chi vive lontano da qui, e alle istituzioni politiche, a ricordare loro che la democrazia non si conquista una volta per sempre, che le nostre libertà sono fragilissime perché basta qualche investimento sui social per manipolare l’opinione pubblica, che i nazionalismi sono ancora incubatori di conflitti tra le nazioni europee. E noi siamo ancora convinti, come disse il presidente Mitterrand, che “il nazionalismo è la guerra”.
Ecco perché la seduzione ideologica e diabolica dei fascismi e del nazismo deve essere evocata, ricordata, studiata, compresa, condannata ovunque, soprattutto lontano da questi luoghi.
È nelle facoltà di Scienze che andrebbe messa una lapide che dica: “Erano scienziati coloro che firmarono il manifesto della razza (e scienziati tanti dei perseguitati)”. È nelle facoltà di Diritto che andrebbe messa una lapide che ricordi: “Erano magistrati quelli che firmarono le condanne a morte della Rosa bianca”.
L’Europa non è il frutto di una ribellione anticoloniale come gli Stati Uniti e non ha nemmeno una storia imperial-confessionale come la Russia. Noi cittadine e cittadini d’Europa siamo la risposta ai nostri errori, l’argine agli orrori che abbiamo perpetrato e di cui abbiamo verificato di essere capaci. Noi portiamo insieme il peso della colpa, della redenzione e il dovere della vigilanza.
Non far vincere le paure
(...) Riprendo un pensiero del presidente Sergio Mattarella, che salutiamo con affetto e riconoscenza, contenuto proprio nella dichiarazione per il settantacinquesimo dell’eccidio di Marzabotto: la storia, anche quella dolorosa, ci fa dire “mai più” ai nazionalismi che esasperano i contrasti. L’Unione europea nasce “unita nella diversità” e può testimoniare con orgoglio questo valore al mondo intero. Il pianeta ha bisogno di un’Europa all’altezza dei suoi ideali. Sappiamo che l’Europa non è quella che vorremmo. Che ha limiti, lacune, si producono troppe ingiustizie. Che gli egoismi ci frenano e le istituzioni hanno bisogno di maggiore coraggio politico. Ma non c’è un’altra strada che possiamo percorrere.
A volte paure e opportunismi ci spingono a pensare che si possa rallentare l’integrazione, che si possa derogare alla solidarietà, che si possano fare eccezioni alla tolleranza, al rispetto degli altri, che si possa persino transigere sull’umanità delle nostre scelte.
Guai se per paura o per demagogia amputassimo le nostre più autentiche radici. Non sfuggiremmo ai pericoli nascondendo il nostro volto, cambiando il nostro essere e il nostro modello sociale. Così la daremmo vinta alla paura. E ai tanti che cavalcano la paura.
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