- Anche sul green pass Matteo Salvini ha deciso, prima del dibattito parlamentare, di fare un passo indietro spingendo la Lega a ritirare tutti gli emendamenti presentati.
- I deputati leghisti sono comunque pronti a votare le proposte di Fratelli d’Italia. A cominciare dall’abolizione del divieto di green pass nei ristoranti.
- La strategia di Salvini, in difficoltà nel gestire un partito diviso e costretto a barcamenarsi tra moderati ed “estremisti”, è sempre la stessa: minacciare per provare a ottenere qualcosa da vendere comunicativamente come una vittoria.
C’è stato un tempo, nemmeno troppo distante, in cui i politici venivano spesso accusati di assecondare gli umori della piazza. Ed era un tempo di manifestazioni più o meno oceaniche in cui anche l’annuncio della nascita di un nuovo partito sembrava più efficace se urlato dal predellino di una macchina. Oggi, anche causa Covid, la piazza è più virtuale che reale, e i social network rivelano spesso umori e strategie. Negli ultimi giorni, ad esempio, Antonio Tajani, che al netto delle intemperanze berlusconiane è pur sempre il coordinatore nazionale di Forza Italia, ha denunciato su Twitter le minacce ricevute da No-vax e No green pass.
Quindi ha postato la foto di una riunione virtuale della presidenza del Partito popolare europeo. Infine un’altra immagine di un incontro dei vertici del partito e il commento: «Potenziare il #greenpass, convincere i dubbiosi a fare il #vaccino, evitare nuove vittime e lockdown. È questa la nostra strategia. Avanti senza paura!» Più o meno nelle stesse ore Matteo Salvini saltellava un po’ in piazza e un po’ nel governo.
Minacciava e ritrattava. Criticava il green pass, contestava l’idea di introdurre l’obbligo vaccinale, preparava la battaglia parlamentare e poi ieri mattina, prima che tutto precipitasse, chiedeva ai suoi parlamentari di ritirare gli emendamenti al decreto green pass, otteneva che il provvedimento non venisse blindato con il voto di fiducia e lasciava aperta un via d’uscita: «Vedremo quante proposte della Lega verranno accolte nel dibattito parlamentare».
Nel frattempo i deputati leghisti si preparano a votare le proposte di Fratelli d’Italia. A iniziare da quella che toglie l’obbligo di green pass per i ristoratori. «Ma il governo non rischia», rassicura Salvini. Insomma nulla sembra accomunare il leader della Lega che giura eterna fiducia a Mario Draghi e corteggia i No-vax e il “moderato” Tajani che si prende minacce di morte e ha come orizzonte di riferimento il popolarismo europeo. Eppure i due sono alleati e, a detta di Berlusconi e dello stesso Salvini, potrebbero addirittura ritrovarsi presto in un unico grande partito.
La bulimia salviniana
Il nodo della questione, in fondo, è tutto qui. Ed è racchiuso nella bulimia politica salviniana. I sondaggi (altro strumento eletto a termometro umorale del paese) dicono che Fratelli d’Italia è ormai primo partito con il 21 per cento (rilevazione Tecnè per l’agenzia Dire), mentre la Lega (19,5 per cento) si gioca la seconda piazza con il Pd (19,2 per cento). E dicono anche che, dietro Draghi (67,1 per cento), la leader più apprezzata è Giorgia Meloni (44,4 per cento).
Allo stesso tempo ci informano (Euromedia Research per la Stampa) che più meno il 70 per cento degli italiani è preoccupato per la risalita dei contagi, condivide l’obbligo del green pass per gli insegnanti e per utilizzare i mezzi di trasporto e non condivide le posizioni No-vax. Come si può tenere insieme la competizione con chi, Fratelli d’Italia, fa opposizione al governo su vaccini e green pass, e la necessità di parlare alla maggioranza degli italiani che invece condivide le mosse dell’esecutivo? Come si può parlare all’elettorato più estremo avendo come obietto quello di conquistare anche i moderati che hanno votato e votano Forza Italia?
Salvini non sembra avere una soluzione che non sia l’eterno ondeggiare da una parte all’altra. In ogni caso la Lega, vedi sul green pass, sembra aver trasformato questo caos in una strategia politica: minacciare pubblicamente, votare in dissenso se questo non produce effetti collaterali e trattare per ottenere qualcosa da spendere comunicativamente come una vittoria. Draghi concede e non si scompone. Ma, quando serve, colpisce. Tanto il “metodo Lega”, al momento, ha un limite invalicabile: le elezioni anticipate.
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