La nuova assemblea dell’Associazione nazionale magistrati, convocata nella giornata di sabato, si è conclusa con un nulla di fatto.
L’ipotesi di proroga dell’uscente Poniz non convinceva ma era l’unica sul tavolo. Sul suo nome, però, è stato ribadito il veto di Magistratura indipendente con i suoi dieci eletti che chiede prima di tutto «discontinuità» rispetto all’Anm uscente.
Altrettanta contrarietà sul metodo è stata esplicitata da Autonomia e indipendenza, quattro eletti, e il no più scontato e prevedibile, quello degli anticorrentisti di Articolo 101, quattro eletti, ha chiuso il cerchio.
Come nei più foschi ma realistici pronostici, l’assemblea di ieri dell’Associazione nazionale magistrati si è conclusa con un nulla di fatto. Stallo all’americana, condito da schermaglie che certificano che la tensione nel sindacato delle toghe è altissima.
I cinque gruppi entravano in assemblea con un rompicapo di numeri: Area e Unicost, rispettivamente con 11 e sette eletti, chiedevano una gestione unitaria ma non erano disposti al passo indietro sul nome del presidente, l’uscente e più votato di Area, Luca Poniz.
Sul suo nome, però, è stato ribadito il veto di Mi con i suoi dieci eletti, disposti al dialogo sui programmi con l’unica pregiudiziale di una vera e propria «discontinuità» con la precedente gestione, rea per altro di aver estromesso Mi dalla giunta in seguito al caso Palamara-Ferri.
Altrettanta contrarietà sul metodo è stata esplicitata da Autonomia e indipendenza, quattro eletti, che sarebbe stata l’unica corrente potenzialmente aggregabile come nella giunta precedente. Aei non ha voluto nemmeno discutere di nomi in assenza di un programma su cui sostenere l’unitarietà. Il no più scontato e prevedibile, quello degli anticorrentisti di Articolo 101, quattro eletti, ha chiuso il cerchio.
Poniz sarebbe arrivato a 18 voti, ne manca uno per la maggioranza, quindi nulla di fatto per l’elezione del presidente. A parole, tuttavia, tutti i gruppi si sarebbero detti favorevoli e ben disposti all’unità sindacale, considerata l’unico modo per legittimare l’Anm del post scandalo. In concreto, tuttavia, nessuno è disposto a fare un passo indietro nei confronti degli altri e anzi i sospetti reciproci sono sempre più forti.
A esplicitarli è stata soprattutto Articolo 101, che ha addirittura chiesto che i segretari delle altre correnti – presenti (o di persona o in videoconferenza) alla riunione – non partecipassero in quanto non eletti. La richiesta è stata bloccata dagli altri gruppi, anche perché le assemblee del Comitato direttivo centrale sono pubbliche e per prassi i segretari vi partecipano.
L’unico modo di uscire dallo stallo totale, probabilmente, sarebbe un passo di lato di Area. Non con la rinuncia al presidente, ma con quella a Luca Poniz, che sembra ad oggi l’elemento più controverso che non permette l’evolversi del dialogo con Mi.
Le ipotesi alternative ci sarebbero: la seconda più votata, Silvia Albano, che potrebbe essere la seconda donna al vertice dell’Anm ma che si trova in minoranza nel suo gruppo. In alternativa, potrebbe spuntare il nome di Giuseppe Santalucia, terzo più votato.
La confusione, tuttavia, sembra regnare sovrana, con un dibattito a tratti convulso. Tutto rinviato a oggi, con una commissione riunita nella notte a elaborare un tentativo di programma unitario, ma senza migliori auspici.
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