- Rita ha 26 anni, dopo la diagnosi si è affidata a medici e farmaci per sottrarre tempo alla sclerosi: «Ho scoperto la mia malattia a 22 anni».
- Vive la lotta con fiducia assoluta: «Se io andassi a leggere tutti i bugiardini sarei paralizzata sul letto per la paura e non per la malattia».
- È un paradosso, perché si affida alla medicina per sopravvivere, trovarsi con un genitore che rifiuta in modo irrazionale il vaccino: «Ha la terza media, in lui c’è solo colpa, in gente come Cacciari e Freccero invece vedo il dolo»
Rita vive a Soriano Calabro con i genitori, ha tre sorelle e due fratelli e una laurea in giurisprudenza che insegue con tenacia.
«Ho scoperto la mia malattia a 22 anni. Sentivo delle scosse nella zona lombare che mi paralizzavano il corpo, ma essendo ansiosa mi dicevano che potevano essere attacchi di panico. Poi un giorno mi sveglio e vedo il mondo attraverso un vetro smerigliato, l’occhio sinistro era come opacizzato. Non poteva più essere somatizzazione dell’ansia. L’esame del liquor, come spiega molto bene la giornalista Francesca Mannocchi nel suo libro, dà l’esito: sclerosi multipla».
Quante volte lo hai letto quel libro?
Lo leggo spesso con mia madre, la sera, quando abbiamo voglia di piangere insieme. È catartico.
C’è solo una parte che mia mamma non condivide, quella in cui Francesca parla con la madre e quest’ultima le dice che se le succederà qualcosa di irrimediabile la porterà in Svizzera. Mia madre è piena di tabù, è ultracattolica, non accetta questa idea.
E tu?
Sono cattolica anche io, ma proprio perché credo in Dio o in un’armonia dell’universo, come la vogliamo chiamare, ritengo che la vita abbia un valore tale che se non ha più senso attribuirle questo appellativo, esistere non abbia più senso.
Quando lei ha avuto l’esito dei miei esami e ha capito che era una malattia cronica anziché un tumore al cervello letale, quel giorno ha quasi pianto di gioia.
Cosa stavi facendo quando hai scoperto la malattia?
Studiavo giurisprudenza, ma forse ho iniziato a studiare davvero quando ho avuto la diagnosi. Non ho più tempo da perdere, so che non ho scampo e ho iniziato a studiare finalmente con piacere.
Tu e tua mamma vi siete vaccinate subito?
Io a gennaio in quanto soggetto fragile. Mia madre appena ha potuto. Mi accompagna sempre in ospedale, non ne abbiamo neppure mai discusso.
Avresti mai pensato che un tuo genitore potesse non vaccinarsi?
Avere una figlia nelle mie condizioni dovrebbe essere la più alta forma di comunicazione persuasiva, è tutto opinabile rispetto alla malattia di una figlia. Anche perché io ci devo credere per forza alla scienza: o ci credo o al massimo sopravvivo.
Partiamo da lontano. Tuo padre come ha preso la tua malattia?
C’è stato quando ho fatto l’estrazione del liquor, poi meno, non conosce il mio medico... ma non lo giudico per questo, secondo me non ha l’intelligenza emotiva per poter affrontare un dolore così grande. Il risultato è che non lo affronta. Il suo interesse si esaurisce nella frase: “sei andata?” intendendo chiedere se sia andata all’ospedale.
La questione del vaccino che non vuole fare però è qualcosa per cui non c’è attenuante.
No, infatti per quanto io sia razionale e parli di intelligenza emotiva, a un certo punto il suo non vaccinarsi mi sa di disamore.
Lui come giustifica la scelta? Cosa ha detto?
Solo “io non mi vaccinerò” senza una motivazione e io ho anche paura di chiedere perché ha una figlia che è in mano alla scienza, la vede camminare perché c’è qualcosa che le sta rallentando una malattia inesorabile, cosa c’è da dire? Io non ho bisogno di sue spiegazioni, il mio medico che si è molto arrabbiato l’ha definito “stupido”.
Ma forse perché è molto razionale e trova una logica in tutto, forse perché mi ha fatto accettare l’inaccettabile, in questa scelta di mio padre non trova un senso neppure lui.
“Papà, sono un paziente fragile!”, non glielo hai mai detto?
In maniera trasversale. Lui ascolta i discorsi che faccio sul vaccino con mia madre e tace.
La verità è che io ho paura di ascoltare la risposta, perché forse è anche più banale di quello che temo. Mio padre ha la terza media serale, per cui in parte lo comprendo. Per fortuna mia madre ha sempre spinto perché io studiassi, mi emancipassi, mi affrancarsi mentalmente, per cui dico: grazie a Dio ho la sclerosi multipla ma non sono No-vax. Ho gli strumenti per capire e discernere.
Come ti fa sentire la sua scelta?
Sola. Ma forte, perché penso che è mio padre e potevo essere no-vax anche io. Sai, è incredibile ma anche tante persone con la mia patologia lo sono, non hanno fatto il vaccino.
Come è possibile?
Alcuni sono miei coetanei, ho chiesto: “Ma tu quando ti fai fare l’iniezione in ospedale per la sclerosi o io quando assumo il Tecfidera al mattino, sappiamo esattamente cosa assumiamo?”.
Cosa rispondono?
Che ognuno decide per sé. Ok, ma allora dovremmo rifiutare ogni cura, tanto l’articolo 32 lo permette.
Hai mai letto gli eventuali effetti collaterali delle medicine che assumi?
Adotto la strategia dell’ignoranza per legittima difesa: se io andassi a leggere tutti i bugiardini sarei paralizzata sul letto per la paura e non per la malattia.
Quale è stato secondo te il percorso mentale o il condizionamento che ha portato tuo padre a non vaccinarsi? Telegram? I social?
Non ha social, credo sia influenzato da opinioni giornalistiche o politiche. Lo credo più propenso ad ascoltare Salvini che un medico, per come immagino le sue connessioni sinaptiche.
Sai, oggi è un’occasione per un muratore di fare parte di un gruppo formato da giornalisti, politici, attori e showgirl. Quando gli ricapita. E poi penso che per lui in fondo la mia malattia non esista.
In che senso?
Che non l’ha accettata, finge che non ci sia. Di solito questo accade nella psiche dei pazienti non dei parenti, forse ci siamo invertiti i ruoli. Io la malattia l’ho processata e metabolizzata.
Potrebbe offendersi leggendo questa intervista.
Questa non è un’intervista che disprezza i No-vax come lui, ma che osanna il coraggio incondizionato di mia madre e le persone come lei, che è un’altra cosa. Mamma e papà hanno gli stessi strumenti: solo che una li ha metamorfizzati in forza e coraggio, lui in paura, si è cristallizzato in quella dimensione.
Mia madre non pensa al vaccino per sé stessa, lo vede come uno strumento per aiutare me. Lei ha paura, sì, ma di come può evolvere la mia malattia e di non essere lì per assistermi.
Che sentimenti hai nei confronti di tuo padre oggi?
Di tenerezza e tristezza, nel senso che mi intristisce la sua mancanza di empatia. Tutto questo disunisce due cose che dovrebbero o essere unite per antonomasia, l’imprevisto e il nucleo familiare. La malattia è di tutta la famiglia, questo è il pensiero che ho avuto io quando mi sono ammalata. Ho pensato che fosse l’occasione per colmare tutte le lacune familiari, invece non è stato così.
Se domani lui prendesse il Covid e andasse all’ospedale?
Sono molto fredda, non andrei al suo capezzale. Per ogni azione c’è un effetto, in questo caso algebrico e matematico. Te ne assumi le conseguenze.
Cosa diresti ai No-vax?
C’è un retroscena psichico in molte di queste persone che non conosciamo del tutto. So però che pensano di essere dei privilegiati, mentre quello che insegna la sclerosi multipla e la malattia generale è che l’umanità tutta è in uno stato di vulnerabilità e imprevedibilità costanti.
Potrei essere io domani a dover aiutare loro, io un giorno magari non camminerò più, ma domani potrebbe essere un No-vax a fare un incidente e diventare soggetto fragile della cui salute dovrei preoccuparmi anche io.
Nessuno è lontano dalla malattia, dovremmo amare tutti la scienza e promuovere la cultura della ricerca.
Quanto ti ha aiutato studiare per capire la realtà, la malattia, tuo padre?
Quando mi sono trovata a dubitare del mio corpo, ho capito che quello sui cui potevo contare era la realizzazione personale.
Per fortuna non volevo fare nulla che impiegasse il mio corpo al cento per cento tipo la ballerina o la sportiva e questo mi ha aiutata a metabolizzare la sconfitta.
Posso coltivare i miei progetti intellettuali, la sclerosi multipla non me li può togliere.
Dicevi che tuo padre ha la terza media e un po’ lo capisci, cosa pensi quando senti Massimo Cacciari o Carlo Freccero parlare di green pass o vaccini con le stesse posizioni di tuo padre o giù di lì?
Che sono fortunati ad essere nati in un contesto che li ha istruiti, ma la cultura è un’altra cosa. Il loro è nozionismo fine a sé stesso.
Sono più imperdonabili?
Non hanno alibi perché possiedono gli strumenti per squarciare il velo di Maya. In loro c’è dolo, in mio padre c’è colpa.
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