- Solo pochi giorni fa il capo dello Stato aveva chiesto una maggiore attenzione sull’iter delle leggi parlando ai presidenti delle Camere. Era un messaggio per Giorgia Meloni e il suo governo: evitare l’abuso della decretazione d’urgenza i maxi contenitori
- Il decreto Pa sintetizza invece la strategia di Palazzo Chigi e dà una risposta al monito di Mattarella: grazie per i suggerimenti, ma il nostro modus operandi non cambia
- L’emendamento per limitare il peso della Corte dei conti nel percorso del Pnrr è il caso più clamoroso di prova muscolare, ma non isolato. Lo testimonia il tentato blitz sulla riforma del ministero della Difesa.
Ascoltare le parole di Sergio Mattarella? Sì, certo. Ma solo per cortesia, perché nei fatti tutto resta come prima, con il governo che esercita il proprio strapotere sbeffeggiando il parlamento. Senza accogliere l’invito del Quirinale, proseguendo l’opera di una riforma istituzionale strisciante, non scritta.
Il decreto Pa sintetizza le idee di Palazzo Chigi e dà una risposta concreta al monito del presidente della Repubblica: grazie per i suggerimenti, ma il modus operandi resta lo stesso. Solo pochi giorni fa il capo dello Stato aveva chiesto una maggiore attenzione sull’iter delle leggi.
Il Colle aveva parlato a nuora - i presidenti delle Camere, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa - perché suocera Giorgia Meloni con il suo governo intendesse. L’obiettivo non è pretenzioso: evitare l’abuso della decretazione d’urgenza e invertire la tendenza di provvedimenti che diventano contenitori di norme eterogenee.
Prove muscolari
Il caso più clamoroso è stato l’emendamento che ha colpito i poteri della Corte dei Conti sul Pnrr. «Interviene su un organo che si interfaccia con la Pa», è stato il ragionamento della destra per liquidare le proteste delle opposizioni. Senza alcuna menzione del timing sull’inserimento di questa disposizione, maturato dopo le relazioni sgradite della magistratura contabile sul Pnrr. Una prova muscolare: appena sopraggiunge un fatto nuovo, il governo trova il primo provvedimento per fare quel che vuole. «Da solo vale un intero decreto», ha commentato il deputato del Pd, Federico Fornaro.
Il caso della Corte dei conti è il capofila di un’azione poco attenta al rispetto istituzionale e di una strategia orientata al muscolarismo, per mostrare agli elettori la volontà di tirare dritto, sempre e comunque. Il faldone degli emendamenti depositati dal governo era di 45 pagine tra proposte di modifiche e allegati vari. Un massiccio intervento dell’esecutivo su un testo che lo stesso consiglio dei ministri aveva approvato qualche settimana prima.
In tanti altri casi la destra ha tentato dei blitz. Nel travagliato iter del testo alla Camera, nelle commissioni affari costituzionali e lavoro, era stato inserito un emendamento per consentire al Cnel di aumentare il piano di assunzioni con il possibile ingresso di altre 15 unità, dietro pressioni del neo-presidente Renato Brunetta.
L’operazione è naufragata per tensioni nella maggioranza, visto che l’ex ministro conta più di qualche nemico tra Fratelli d’Italia, Lega e il suo ex partito Forza Italia. La retromarcia più significativa è arrivata, però, sulla riforma del ministero della Difesa che era stata calata sul tavolo come un semplice emendamento al decreto: decine di commi modificati e articoli introdotti per ridisegnare il dicastero di Guido Crosetto. Un mostro giuridico giudicato eccessivo anche nella stessa maggioranza, che ha deciso di ritirarlo.
Operazione Lollo
Il provvedimento sulla Pa ha portato in dote un boost di potere al ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, che adesso potrà muovere a piacimento tutte le leve del settore. Come anticipato da Domani, è stata approvata la proposta, firmata da Alessandro Urzì (Fdi), con cui si azzerano sia i vertici di Ismea, l’ente che gestisce il sistema creditizio agricolo, sia del Crea, che si occupa di ricerca. Lo strumento è quello del cambio della governance.
Così non c’è spazio di replica: si parte con il commissariamento e quindi con la nomina dei nuovi vertici, ovviamente su volere del ministro. E Lollobrigida grazie al fido Urzì riceve la gestione di una società nuova di zecca, la Acque del Sud spa, con un capitale sociale di 5 milioni di euro, di proprietà del ministero dell’economia, nei fatti gestita da quello dell’agricoltura che potrà indicare un presidente e due componenti del cda.
Un componente a testa spetta al Mef, al dicastero delle infrastrutture di Matteo Salvini, e quello del sud e politiche di coesione, affidato a Raffaele Fitto. La società prenderà il posto dell’Eipli, ente che gestisce il servizio idrico tra Puglia, Basilicata e Campania.
Arrivano le frattaglie
E sullo sfondo si profila un bis dello sgarbo verso Mattarella. A Montecitorio sta per iniziare l’iter in commissione affari costituzionali e bilancio del decreto Enti, maliziosamente ribattezzato al Mef “frattaglie”, per lasciare intendere come all’interno ci sia di tutto: interventi scartati altrove e incollati in un provvedimento ideato ad arte.
La fantasia spazia dal commissariamento dell’Inps e dell’Inail fino ai rincari delle emissioni dei francobolli, passando per disposizioni che riguardano lo sport. Insomma, se finora il decreto diventava omnibus durante l’iter parlamentare, in questo caso il governo si è portato avanti con il lavoro.
© Riproduzione riservata