La riforma costituzionale ancora senza accordo. Oggi nuovo vertice al Senato Fratelli d’Italia vuole indebolire le opposizioni cambiando le norme interne a Montecitorio
Picconata dopo picconata, la destra prova a smontare il sistema istituzionale che ha retto la Repubblica italiana. L’accordo definitivo sul premierato non c’è ancora, nonostante la narrazione positiva. Se ne parla domani nel nuovo vertice che deve validare la proposta rivista.
Ma la direzione è ben chiara: depotenziare il parlamento, rendendolo sempre più impotente di fronte allo strapotere del governo. E, in caso di via libera al premierato formato Meloni, le camere sarebbero schiacciate su una sola figura. La morsa a tenaglia, con mix micidiale, è stata lanciata anche su un fronte meno visibile, ma altrettanto incisivo: la modifica del regolamento della Camera.
Opposizione zittite
La manovra ha sfruttato il treno della riforma light, attualmente al vaglio della giunta del regolamento. Fratelli d’Italia ha rovesciato il tavolo, chiedendo un cambio di passo con lo stravolgimento totale.
In testa c’è la volontà del partito di Giorgia Meloni di introdurre il contingentamento dei tempi per la conversione dei decreti. Una misura che ammutolisce le opposizioni, impossibilitate a portare avanti azioni di ostruzionismo. E soprattutto in filigrana si legge la vera intenzione di FdI: inondare ulteriormente il parlamento di decreti.
Qui si innesta il secondo step del progetto: cancellare il tempo di “decantazione” attualmente previsto per il voto di fiducia. Tra la sua posizione e la votazione oggi devono trascorrere 24 ore. L’eliminazione consentirebbe di andare sempre più spediti sul fronte della legiferazione a nome dell’esecutivo. Del resto, l’idea alla base è chiara: riproporre il modello del Senato, dove i tempi di confronto e dibattito sono ridotti al lumicino.
Su questo punto Meloni trova il sostegno di Forza Italia, ma la tiepidezza – per usare un eufemismo – della Lega. I relatori della riforma del regolamento, Igor Iezzi (Lega) e Federico Fornaro (Pd), hanno infatti portato avanti un lavoro di cesello per arrivare a dei cambiamenti con un ampio consenso, salvo alcuni distinguo del Movimento 5 stelle che ha rilevato criticità marginali.
Katana FdI
Ma sulla certosina opera di modifica del regolamento di Montecitorio è arrivata la katana di Fratelli d’Italia. Tanto che le opposizioni hanno protestato e chiesto al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, una riflessione. Il numero uno dell’assemblea ha accettato cercando di farsi mediatore. I gruppi parlamentari dovranno quindi presentare gli emendamenti entro il 16 febbraio. E quella che si preannunciava come una passeggiata, o quasi, sta per trasformarsi una sfida all’ok Corral.
«L’obiettivo era un testo condiviso per ricavare un maggiore tempo da dedicare alle proposte di legge di origine parlamentare», spiega Fornaro a Domani. Solo che sono state cambiate le carte in tavola. Ora i dem stanno valutando come rapportarsi alla forzatura progettata dalla destra, che potrebbe scrivere un nuovo regolamento a colpi di maggioranza.
Sul contingentamento dei tempi sui decreti non c’è margine di dialogo, ma sull’eliminazione delle 24 ore ci può essere una valutazione a patto di prevedere l’introduzione di uno statuto delle opposizioni, con il potenziamento dei diritti delle minoranze. In che modo? Con maggiori possibilità di fare question time o portare in aula proposte di legge.
Le idee saranno formulate dopo, ma la linea è tracciata. Si prospetta, in ogni caso, un muro contro muro. Anche il Movimento 5 stelle è intenzionato a dare battaglia. «Il tema non è solo la tutela delle opposizioni, ma prima ancora l’obiettivo è restituire la centralità a un parlamento sempre più esautorato da un governo, affetto da bulimia legislativa», dice Valentina D’Orso, deputata che sta seguendo il dossier per il M5s.
Sul tavolo del partito di Giuseppe Conte c’è un ulteriore intervento sul regolamento, prevedendo addirittura la riduzione del numero delle commissioni, equiparandole a quelle attuali del Senato.
A Montecitorio, dunque, la destra prepara l’offensiva, forzando la mano addirittura sulle regole comuni, mentre le opposizioni fanno il possibile. Ma la parte più potente del combinato disposto, in ottica “anti parlamentare”, resta il premierato. Fratelli d’Italia e Lega hanno battibeccato ancora nella giornata di ieri sull’ipotesi del premier di riserva, sarà salvato nella formulazione finale della riforma.
Nel caso il titolare si dimetta può essere considerata l’opzione del premier numero due. Ma se c’è la sfiducia in parlamento, si propone lo scioglimento delle camere. Questa è la traccia, la sostanza manca ancora. Tanto che i capigruppo di FdI, Forza Italia e Lega, sotto l’egida della ministra Elisabetta Casellati, hanno ripetuto le dichiarazioni del giorno precedente. Confermando implicitamente che l’accordo è slittato ancora.
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