Il ministro era a Budapest e il premier ungherese lo ha definito «eroe» e «più ricercato d’Europa». Intanto le parti civili chiedono un milione di danni al leghista, Bongiorno solidale con i pm
Matteo Salvini ha scelto la parola d’ordine fino al 18 ottobre, quando la sua avvocata Giulia Bongiorno pronuncerà la sua arringa nel processo Open Arms: «Patriota». La ripete da quando è uscito il suo video su sfondo nero in cui si professa «colpevole» di aver difeso i confini, l’ha usata per definirlo anche il premier ungherese Viktor Orban, da cui si è recato in visita ieri a Budapest per il Consiglio dei trasporti e che lo ha chiamato «il patriota più ricercato d’Europa».
Ormai i due sono più uniti che mai: per Orban Salvini è «un eroe che sarà sempre benvenuto in Ungheria», il vicepremier ha fatto sapere che con il suo alleato nel gruppo nazionalista "Patrioti per l'Europa" ha condiviso la necessità di collaborare per «fermare il conflitto in Ucraina, così come auspicato autorevolmente anche dal Santo Padre» e ha discusso di equilibri dell'Unione europea e della difesa dei suoi confini. Ma soprattutto il leader dell’ultradestra ungherese ha garantito la presenza di una sua delegazione sia sul pratone di Pontida il 6 ottobre – anche se Salvini punta ad avere lui in persona, insieme a Marine Le Pen – e anche a Palermo il 18 ottobre, davanti al palazzo di giustizia.
Se Salvini punta sul processo per sequestro di persona per puntellare le sue manovre politiche, mirate a rafforzare la sua connotazione di forza anti-sistema e polarizzata a destra anche rispetto alla premier Giorgia Meloni, nell’aula bunker del tribunale del capoluogo siciliano è il momento delle parti civili.
Il processo
Mentre sul sito della Lega è partita la raccolta firme di solidarietà a Salvini, i legali delle parti civili hanno preso la parola davanti ai giudici. «Non solo Open Arms non ha ricevuto il sostegno delle istituzioni al Governo, previsto dalla condizioni sar, me è evidente il danno causato all'armatore umanitario», ha detto l’avvocato della ong, Arturo Salerni, mentre una dei legali dei naufraghi, Silvia Calderoni, ha ricordato come i suoi assistiti «non avevano alcuna intenzione di venire in Italia, non volevano rivivere quella storia e, soprattutto, non credevano che sarebbero stati ascoltati. Tutto ciò è comprensibile se consideriamo che durante questo processo sono state messe in dubbio le loro condizioni e l'imputato ha parlato di finti malati, finti minori». All’udienza, invece, non si è presentato nessun legale per conto del comune di Palermo, che si era costituito parte civile all’epoca dell’amministrazione di Leoluca Orlando e ora è guidata dal centrodestra con Roberto Lagalla. Senza la presentazione di una richiesta prima della pronuncia della sentenza il Comune rischia la decadenza di parte civile.
Tutte le parti civili presenti si sono riportate alle richieste che la procura ha fatto, a partire dalla condanna a 6 anni, e complessivamente hanno chiesto a Salvini un risarcimento di un milione di euro. Anche in questa udienza Salvini non era presente, mentre Bongiorno ha commentato al termine dell’udienza che «Se ci dobbiamo dividere su chi è contro e su chi è a favore di migranti abbiamo sbagliato processo. Ribadisco che, chi ha seguito il processo, non potrà che constatare che Open Arms è stata costantemente assistita e aiutata» e «non c’è stato sequestro», poi ha espresso solidarietà ai magistrati palermitani per le minacce subite, «bisogna condannare con fermezza qualsiasi tipo di invettiva, minaccia e aggressione». Tuttavia, in attesa della sua arringa difensiva, nella Lega fervono i preparativi per la mobilitazione in vista del 18 ottobre, con l’obiettivo formale di sostenere il proprio leader ma un effetto indiretto di mettere pressione sui giudici chiamati poi a decidere.
© Riproduzione riservata