Un terremoto. L’addio di Mario Orfeo al Tg3 apre una nuova pagina nelle intricate vicende della Rai. Il notiziario della terza rete si è segnalato per gli ascolti rimasti costanti quando gli altri due notiziari generalisti sono in difficoltà da tempo. Orfeo è riuscito a dargli un’identità riconoscibile. E perfino la destra lo considera ormai una “riserva indiana” del centrosinistra. Tanto che, a lungo, è stata una casella su cui nessuno ha avuto l’ardire di avanzare pretese.

Ora il comitato di redazione mette le mani avanti: «Pretendiamo che la scelta della nuova direzione sia guidata dal criterio della massima professionalità e autorevolezza, caratteristiche necessarie per guidare un telegiornale che ha una solida e riconosciuta tradizione nel paese. Non vogliamo che la nostra testata venga svenduta quale merce di scambio in uno scellerato piano di lottizzazione della Rai». Ma è indubbio che il passaggio del direttore (che in passato ha guidato Tg1 e Tg2, oltre che la direzione Approfondimenti ed è stato anche dg di viale Mazzini) a Repubblica abbia risvegliato qualche appetito.

Soprattutto quello dei Cinque stelle, che da tempo avevano messo il Tg3 nella lista dei desiderata e ora possono farsi avanti, consapevoli della linea imboccata dal Pd che, per coerenza, difficilmente potrà avviare una trattativa con la destra.

Tutto è rinviato a dopo la votazione della presidente in commissione di Vigilanza. Anche perché in zona Lega giurano che Antonio Marano – neoconsigliere in quota Matteo Salvini – non procederà a nomine di peso perché presidente soltanto ad interim. Un motivo in più per rinviare la pratica a fine novembre, quando scadono anche Rai News e la Tgr. Per allora, è speranza della maggioranza, la presidente designata Simona Agnes avrà avuto la conferma da parte dei due terzi della commissione. Ma è questo lo snodo principale della questione. Rimandando la nomina al dopo voto, di fatto la destra fissa il prezzo della poltrona del Tg3.

Il Movimento 5 stelle, in piena rottura con quelli che ormai sono gli ex alleati del campo largo, che Giuseppe Conte ha seppellito, ironia della sorte, proprio mentre era ospite da Bruno Vespa, ha già una lista di pretendenti pronti per il posto.

Improbabile, tuttavia, che ci sia già un accordo, visto che la decisione di Orfeo ha colto parecchi di sorpresa. Anche a viale Mazzini. Ci sarebbe Giuseppe Carboni, che però ha una causa aperta con l’azienda, oppure Bruno Luverà, vicedirettore dell’Offerta informativa, o ancora Senio Bonini, vice di Gian Marco Chiocci al Tg1, più giovane e quindi meno esperto, ma – sostiene qualcuno – meno legato a certi ragionamenti da spartizione. Un nome buono anche in vista delle considerazioni che andranno fatte con l’entrata in vigore dell’Emfa, il regolamento europeo che mira a costruire un’informazione pubblica libera dalle ingerenze politiche..

Certo, Alessandro di Majo, consigliere d’amministrazione d’area, ha appena votato contro la designazione di Agnes in cda. E fonti vicine a Conte confermano che, almeno per ora, il M5s è deciso a seguire il Pd e uscirà d’aula quando la Vigilanza dovrà votare Agnes. Ma non è detto che, col passare dei giorni, i grillini non possano ammorbidire la loro linea.

Se alla fine il Movimento decidesse di restare in aula, il voto segreto sarebbe un ottimo modo per confondere le acque. Dopotutto è già successo nel 2018 con l’elezione di Marcello Foa. Anche in quel caso il Pd era uscito dall’aula, mentre Avs era rimasta dentro. Per il momento, però, i grillini escludono che votare Agnes – selezionata per «motivazioni politiche» – possa essere una possibilità concreta.

Non sedersi a trattare

Il Pd è in una situazione ancora più complessa. Elly Schlein ha appena chiesto ai gruppi parlamentari di non votare per un proprio consigliere. Dipendenti e dirigenti d’area dell’azienda hanno già accusato il colpo e ora si sentono definitivamente orfani di un punto di riferimento come è stato Orfeo. A raccogliere la sua eredità, a questo punto, dovrà essere Roberto Natale, che pure ufficialmente è stato votato da M5s e Avs, ma non dal Pd. Difficilissimo immaginare che, in questo contesto, i dem possano avviare una trattativa sulla successione del direttore del Tg3.

Ciò nonostante qualche nome, nella speranza che alla fine Schlein decida di fare un passo indietro, circola lo stesso. Senza incarico ci sarebbe Andrea Vianello, che in primavera è tornato da San Marino, dove era finito dopo aver dovuto lasciare la radio a Francesco Pionati. Già direttore di Rai 3, nel suo caso non ci vorrebbe la promozione di cui avrebbero invece bisogno Elisa Anzaldo, vicedirettrice del Tg1, oppure Roberta Serdoz, vice della Tgr e a lungo caporedattrice della sede del Lazio.

Verosimile, a questo punto, che la destra lasci i due maggiori partiti d’opposizione a valutare la situazione e a cercare di anticipare ciascuno le mosse dell’altro. Intanto, la votazione in commissione di Vigilanza non è ancora stata fissata.

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