- Il viaggio negli Stati Uniti di Mario Draghi cade in un momento in cui tutti i partiti italiani spingono, ciascuno con la propria sfumatura, per un rafforzamento dell’Europa a scapito del legame con Washington.
- C’è chi tradizionalmente ha sempre avuto maggiore tolleranza con Mosca, come M5s e Lega, che fin dall’inizio del conflitto faticano a smettere di strizzare l’occhio a chi continua a vedere una parte di responsabilità del conflitto nell’ampliamento della Nato.
- Ma anche chi, come il Pd, Iv e Fratelli d’Italia, pur mantenendosi ben saldi nel campo atlantista spingono affinché l’Europa si affranchi dalla linea di Washington per prendere in mano il suo destino geopolitico.
Mario Draghi arriva a Washington sostenuto da una maggioranza ormai non più disposta ad abbracciare la linea degli Stati Uniti. Nessun partito è infatti disposto a seguire la previsione nefasta di Washington di una guerra lunga.
Il Pd e le sinistre
Il segretario del Pd Enrico Letta si è smarcato esplicitamente da una linea sovrapponibile alle posizioni degli Stati Uniti. All’inizio del conflitto Letta era stato criticato per il suo attivismo per la consegna delle armi alla resistenza ucraina. Resta vivo il ricordo del manifesto in cui era raffigurato con l’elmetto in una parodia di una campagna per i tesseramenti di partito.
Ora il Pd spinge per una soluzione diplomatica e, soprattutto, perché l’Europa si ritagli un ruolo da protagonista nella geopolitica mondiale. La linea di condanna netta dell’invasione russa è stata premiata nei sondaggi. Il recente ammorbidimento, con un nuovo focus sulla ricerca della pace, va incontro alle correnti che avevano subìto malvolentieri la linea del segretario, come la sinistra interna e i cattolici pacifisti. Entrambe si sono fatte sentire in queste settimane, la seconda anche per bocca dell’ex ministro Graziano Delrio, che è arrivato a raccomandare a Biden di «abbassare i toni».
Il M5s
Il partito più lontano da Joe Biden è il Movimento 5 stelle. Da sempre sostenitori di tesi geopolitiche controverse, i Cinque stelle in passato hanno curato un atteggiamento disponibile nei confronti di Mosca e coltivato contatti diretti con il partito di Vladimir Putin, Russia Unita, arrivando a chiedere nel loro programma di governo di rivedere le sanzioni già decise dopo l’annessione della Crimea.
Nel 2020 la delegazione Cinque stelle si è rifiutata di votare al parlamento europeo una risoluzione di condanna dell’avvelenamento di Aleksej Navalny. Oggi, dopo qualche ambiguità iniziale, il presidente Giuseppe Conte non perde occasione per ribadire il posizionamento atlantista del suo partito, ma ostenta un pacifismo orientato a fermare la consegna di armi pesanti a Kiev.
L’ex premier ha chiesto che il sostegno arrivi nei limiti previsti dall’articolo 51 della Carta dell’Onu e avrebbe voluto anche che il presidente del Consiglio riferisse in aula prima di volare negli Stati Uniti. Una richiesta è caduta nel vuoto. Secondo il capo del M5s poi l’obiettivo dell’occidente non può essere la sconfitta della Russia, ma serve un compromesso diplomatico.
Conte non rinuncia all’ambiguità sulla posizione dei Cinque stelle nei confronti di Mosca. Non è un caso che il controverso commentatore Alessandro Orsini in una delle sue ospitate televisive ha detto che voterebbe proprio per Conte e neanche che l’espulsione di un esponente con una linea filorussa come quella di Vito Petrocelli sia andata così per le lunghe.
La Lega
In un primo momento il partito di Matteo Salvini aveva tentato di tenere un profilo basso, anche per non riportare a galla il passato in cui il Carroccio era legato a Putin per ragioni economiche ed elettorali. Un nome, quello dell’uomo forte del Cremlino, che Salvini non è riuscito a pronunciare per condannare l’invasione, attribuita a generici «aggressori».
Ma ormai il passato è passato, spiegano dal partito, ora la priorità è la pace che tutela i portafogli di famiglie e imprese, sofferenti dopo l’esplosione dei costi di energia e materie prime. Con la convergenza generale della politica italiana e europea sulla ricerca di una soluzione diplomatica, il leader della Lega ha puntato tutto sul pacifismo.
Salvini mette in discussione l’opportunità di inviare armi pesanti a Kiev evocando il rischio che finiscano in mani sbagliate, ma senza sposare le richieste esplicite di riferire in parlamento del M5s a Draghi. Salvini si è dichiarato addirittura d’accordo con Delrio, chiedendo che «Italia e Europa siano mediatori e portatori di pace», e con Emmanuel Macron, che lunedì ha spiegato che l’Europa non è in guerra con la Russia.
Italia viva
Matteo Renzi spinge per un maggiore coinvolgimento dell’Unione europea, nel migliore dei casi attraverso un mediatore che rappresenti i paesi occidentali. Italia viva non perde occasione di accusare i Cinque stelle di fare demagogia sulla guerra ed è stata tra i primi a chiedere le dimissioni di Petrocelli dalla presidenza della commissione Esteri.
Forza Italia
Se il 18 febbraio sul profilo Twitter di FI c’era ancora un post che incoraggiava «la necessità di tornare allo spirito di Pratica di Mare», oggi è tra i partiti più filoatlantici, dopo che i tentativi di mediazione di Silvio Berlusconi sono rimasti senza successo. Rimane uno scetticismo per le sanzioni che, dice Licia Ronzulli, «non possono gravare su famiglie e imprese italiane già in difficoltà».
Ma Forza Italia ha «preso una posizione chiara e inequivoca, con i nostri alleati occidentali, di fronte all’aggressione messa in atto contro un paese libero e sovrano come l’Ucraina», scrive Berlusconi in una lettera indirizzata a quadri e simpatizzanti.
Fratelli d’Italia
Giorgia Meloni è stata lineare sul conflitto. Da tempo la presidente cura i rapporti con i conservatori oltreoceano e nell’Europa dell’est, specialmente nell’anti russa Polonia, senza cedere a tentazioni moscovite come Salvini.
Fin dai primi giorni dell’invasione, FdI si è schierato con Kiev, a favore del sostegno da parte della Ue e della Nato alla resistenza ucraina, senza paura di fare nomi e cognomi: «Inaccettabile attacco bellico su grande della Russia di Putin contro l’Ucraina. L’Europa ripiomba in un passato che speravamo di non rivivere più», scriveva Meloni su Facebook il 24 febbraio.
Nessun dubbio anche sull’opportunità di armare gli ucraini con armi anche pesanti, una linea che ha portato Conte ad accusare Meloni di voler armare «pure i panda e gli scoiattoli». Anche la leader di FdI, però, spinge per una linea europea comune in materia di politica estera e di difesa per guadagnare una maggiore autonomia da Washington.
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